Dopo la scomparsa, oggi sono circa 1300 gli stambecchi contati nel Parco delle Orobie Valtellinesi durante l’ultimo censimento
La sua presenza si era ridotta ad appena un centinaio di individui sull’arco alpino all’inizio dell'Ottocento a causa della caccia intensiva. Ora la popolazione sulle Alpi Orobie è in ripresa grazie a un progetto di reintroduzione
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di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
Trofeo, carne e bezoar: ecco i tre fattori che hanno portato gli stambecchi sull’orlo dell’estinzione a inizio dell'Ottocento. Particolarmente curioso il bezoar (o bezoario): un ammasso di fibre vegetali e peli, di solito a forma di sfera, presente nelle vie digerenti di alcuni ruminanti, considerato in passato un medicamento magico contro vari tipi di disturbi e malesseri fisici. A salvare in extremis alcuni stambecchi furono in prima battuta i reali di casa Savoia che temevano di rimanere senza questa risorsa nelle loro riserve di caccia e successivamente l’istituzione del Parco Nazionale del Gran Paradiso. Nel 1987 Regione Lombardia diede iniziò al Progetto Stambecco Lombardia. Furono una decina le immissioni effettuate, quella nelle Alpi Orobie nel 1989 particolarmente consistente, in termini di estensione areale e di numero di soggetti reintrodotti.
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Un numero totale di 87 animali liberati di cui diciotto radiocollarati per monitorarne gli spostamenti e l’uso del territorio. Con i primi software dell’epoca si fecero delle simulazioni per avere una previsione dell’incremento della popolazione: nel giro di 30-40 anni si sarebbe dovuti arrivare a una minima popolazione vitale (numero minimo di individui che riesce a sopravvivere per un certo periodo di tempo, tenendo conto di determinate condizioni ambientali e malgrado le avversità dovute a catastrofi naturali, ambientali e considerando l’incidenza della genetica) di circa 1400 individui.
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Tra giugno e luglio di quest’anno è stato svolto il censimento esaustivo dello stambecco sotto il coordinamento del Parco delle Orobie Bergamasche e Istituto Oikos srl, in collaborazione con il Parco delle Orobie Valtellinesi, le polizie provinciali di Bergamo, Lecco e Sondrio e le AFV Valbelviso-Barbellino e Val Bondone-Malgina, tramite la tecnica del block-census, che consiste nell’effettuare conteggi simultanei su aree diverse, permettendo di localizzare più individui in un’unica uscita. Il risultato di questo censimento è di 1300 individui, che risulta essere in linea con quanto previsto dalle simulazioni. Un altro aspetto che è stato messo in luce dai risultati del censimento è stata la diminuzione del numero dei piccoli (capretti) rispetto a quanto osservato negli anni passati. Normalmente la mortalità dei piccoli è dovuta al periodo invernale, ma negli ultimi anni i piccoli muoiono anche d’estate, a causa delle temperature troppo elevate e alla siccità. Infatti i cambiamenti nella maturazione della vegetazione alpina, fondamentale nutrimento per questa specie, influiscono sullo svezzamento della prole e sul tasso di crescita dei piccoli. Gli inverni miti, inoltre, aumentano la diffusione dei parassiti.
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È, pertanto, fondamentale svolgere censimenti continuativi nel tempo per monitorare lo stato di salute della popolazione, il rapporto tra i sessi e il trend demografico, dati funzionali alla conservazione delle specie e alla identificazione delle trasformazioni ambientali che potranno avere un impatto sul futuro di questo ungulato.
Fotografie di Bogna Sudolska