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Ambiente

"Con l'aumento delle popolazioni umane, lo spazio per i selvatici è diminuito e i conflitti sono aumentati in modo drammatico". Alexandra Zimmermann al Muse per parlare di lupi e grandi carnivori

A Trento dal 17 al 19 magio 2024 si è tenuta la conferenza finale del LIFE WolfAlps EU presso il Muse – Museo delle Scienze di Trento – e ITAS forum. Sono stati più di 60 gli appuntamenti per parlare di coesistenza e gestione di lupi e altri grandi carnivori. Tra gli ospiti di spicco provenienti da diverse parti del mondo Alexandra Zimmermann, fondatrice del gruppo specialistico Human-wildlife conflict dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN).

di
Francesca Roseo
21 maggio | 06:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

Alexandra Zimmermann, Senior Research Fellow presso il prestigioso WildCRU, centro di ricerca sulla conservazione della fauna selvatica dell’Università di Oxford, e presidente del gruppo specialistico Human-wildlife conflict dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN), è stata tra gli ospiti di rilievo presenti alla conferenza finale del LIFE WolfAlps EU. Il suo intervento ha portato l’attenzione del pubblico alle diverse e complesse sfide della coesistenza con la fauna selvatica a livello internazionale, passando attraverso le policy e alle capacità dei diversi stati di gestire le interazioni con la fauna selvatica. “La conservazione della fauna selvatica è un problema globale e i conflitti tra persone e animali sono una crescente preoccupazione specialmente nei paesi del Sud Globale” esordisce Zimmermann “gli animali esistono anche al di fuori delle Aree Protette ed è proprio in questi casi che dobbiamo anticipare possibili problemi per migliorare lo status di conservazione di diverse specie”.

 

Troviamo infatti scritto sul sito web della ricercatrice “Le persone e la fauna hanno vissuto in prossimità l'una dell'altra per millenni, condividendo spazi e risorse e coesistendo per quanto possibile. Tuttavia, con l'aumento delle popolazioni umane, lo spazio per i selvatici è diminuito e i conflitti sono aumentati in modo drammatico. Un problema sempre più diffuso che rappresenta sempre più una delle principali priorità per la conservazione della biodiversità a livello globale.”

 

Chi si occupa di conservazione della fauna selvatica sa bene che parte del proprio lavoro è dedicato al rapporto con le persone e alla comunicazione, creando così le basi per lavorare sulla percezione e sulle informazioni che i cittadini hanno di una specie e la sua presenza sul territorio, troppo spesso distorte dai media e dalle leggende. La ricercatrice sottolinea più volte durante il suo intervento la necessità di creare una rete di dialogo solido con i media e con tutti i portatori di interesse coinvolti nella coesistenza con la fauna selvatica, riportando diversi esempi di conflitto tra persone e animali, dagli elefanti in Africa ai giaguari in sud America. Seppur sia considerato un problema globale, ogni situazione di conflitto è diversa e necessita di un’attenta valutazione. Per questo motivo i conflitti con la fauna selvatica sono entrati a far parte delle agente politiche di diversi Stati con l’accordo Kunning-Montreal Global Biodiversity framework firmato nell’ambito della Conferenza delle Nazioni Unite sulla Biodiversità (COP15). Per entrare nelle agende politiche è stato creato un gruppo di lavoro formato da persone provenienti da tutte le parti del mondo, cui obbiettivo è quello di trovare un metodo scientifico che sia in grado di misurare e valutare il livello di conflitto tra persone e animali tenendo però in considerazione le situazioni di ogni paese.

Alexandra Zimmermann ospite della conferenza finale del LIFE WolfAlps EU

 

Le informazioni oggettive basate sulla scienza non mancano, ma sembra non esserci un collegamento diretto con le policy governative come accade anche in altri ambiti (è quasi impossibile non vedere il parallelismo con la crisi climatica). L’AltraMontagna ha quindi chiesto a Zimmermann come mai sembra esserci un’interruzione tra i risultati presentati dalla comunità scientifica – ottenuti anche grazie alla stretta collaborazione con tutte le parti coinvolte e le persone che vivono in situazioni di conflitto con la fauna selvatica – volte a proporre azioni di mitigazione per prevenire o allentare i problemi subiti e la loro applicazione da parte delle policy governative. “Le persone tendono a seguire il “modello di interesse collettivo”, ovvero la decisione di un individuo riguardante i grandi carnivori può essere influenzata dal comportamento e le aspettative di colleghi, amici e famigliari (come le norme sociali) influenzando così il modo e come il singolo manifesta le sue idee, comportamenti ed emozioni. Fattori collettivi come la percezione di quanto è favorevole o sfavorevole la comunità a un tema, la percezione delle competenze e interesse del governo e il livello della partecipazione della comunità possono influenzare il comportamento del singolo. Le persone alle volte possono cambiare il loro comportamento e atteggiamento perché non allineato a quello degli altri, in particolare se vi è un legame di fiducia, e per proteggere anche la loro reputazione all’interno del gruppo”.

 

Le norme sociali influenzano il comportamento delle persone in diversi contesti, incluso quello della coesistenza con la fauna selvatica. Per questo motivo è necessario non solo organizzare un maggior numero di momenti di condivisione e confronto tra ricercatori, cittadini e tutte le persone interessate come quello proposto dall’evento finale del LIFE WolfAlps EU, ma è altrettanto importante coltivare una personale curiosità verso le informazioni che riceviamo così da non essere influenzati da fattori collettivi.

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