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Ambiente

Abeti rossi "arrugginiti" in alta montagna: è il bostrico? No, la causa è un'altra

Negli scorsi giorni ci sono arrivate diverse segnalazioni, da parte di lettori e lettrici, su uno strano ingiallimento/arrossamento dei boschi di abete rosso. Non si tratta dell'ormai tristemente nota infestazione di bostrico, ma di un altro agente patogeno

di
Luigi Torreggiani
03 settembre | 18:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

"Camminando in alta montagna ho notato gli aghi degli abeti ingialliti, talvolta arrossati: il bostrico è arrivato fin quassù?"

 

Negli scorsi giorni ci sono arrivate diverse segnalazioni di questo genere, dalla Valle d'Aosta al Friuli Venezia Giulia. Noi per primi ci siamo accorti di questo fenomeno, scarpinando sui sentieri del Trentino e pedalando tra i passi della Carnia. 

 

In realtà non si tratta di bostrico - il coleottero scolitide che sta attaccando massicciamente i boschi di abete rosso - ma di un fungo, responsabile della "ruggine vescicolosa" del peccio, una fitopatologia molto comune che solitamente non porta a morte le piante e che, ciclicamente, si manifesta in modo diffuso sulle Alpi. Quest'anno, molto probabilmente, è stata la primavera fresca e piovosa a determinare le condizioni idonee per la diffusione del patogeno. 

 

La particolarità di questa ruggine, che si nota in alta montagna, solitamente oltre i 1.500 metri, è legata al suo ciclo di vita, che coinvolge non solo l'abete rosso ma anche un'altra pianta tipica dell'ambiente alpino d'alta quota.

 

Per spiegarvi il fenomeno, molto visibile in questi giorni, abbiamo chiesto aiuto a Paola Barducci, in arte "ForestPaola": dottoressa forestale, accompagnatrice di territorio ed educatrice ambientale che, con competenza e ironia, ci introduce al singolare "abitante delle Alpi" che in questi giorni sta facendo tanto parlare di sé. 

La ruggine vescicolosa dell'abete rosso è causata da un basidiomicete, ebbene sì, un fungo che però... non è commestibile!
 

Il nome latino di questo fungo è Chrysomixa rhododendri, e ci svela il suo comportamento: come un ricco possidente non gli è sufficiente sostare sugli aghi di abete rosso ma, a fine estate-inizio autunno, decide di spostarsi in altra "villeggiatura"... sui rododendri appunto! (però è di larghe vedute, non avendo problemi a stare sia sul Rhododendron ferrugineum che sull'hirsutum).

 

Ma di fatto cosa fa? Le basidiospore (spore del fungo) prodotte in primavera volano felici verso gli aghetti giovani e tenerini dell'abete rosso, quelli prodotti proprio ad inizio stagione vegetativa: infettando gli aghi, questi diventeranno nel corso dell'estate sempre più gialli fino a quando... Chrysomixa non decide che è giunta una temperatura più fresca per migrare. A questo punto produce sull'ago le fruttificazioni spermogoniche e gli ecidi vescicolosi (delle piccole protuberanze rosate) da cui emettere le ecidiospore.

L'ago dell'abete seccherà, mentre le ecidiospore trasportate dal vento sulle foglie del rododendro germineranno con ife (piccole radici) che penetrano dagli stomi (i piccoli forellini usati dalle foglie per il passaggio di acqua necessaria per il processo fotosintetico): insomma è veramente un fungo invadente!
 

Ma anche un pochino pigro: in autunno infatti il micelio fungino (insieme di ife) va in quiescenza per poi ritornare attivo in primavera (come molti di noi!) con nuove basidiospore.
 

Se sul rododendro non crea grandissimi danni, sull'abete rosso quest'anno sono ben visibili interi soggetti con chiome ingiallite: l'infezione e la successiva caduta degli aghi dell'anno causa una riduzione dell'attività fotosintetica, solo in parte compensata dagli aghi più vecchi che aumentano la fotosintesi.
 

Per fortuna questo fungo non colpisce tutti gli anni in maniera così diffusa come è successo in questi mesi. Infatti qualora si dovessero reiterare annate simili le piante avrebbero delle conseguenze ben evidenti: nei soggetti adulti si ridurrebbe la crescita diametrica, ma andrebbe decisamente peggio nei soggetti giovani, dove gli aghi giovani sono la maggior parte, causando un progressivo indebolimento fino ad arrivare potenzialmente anche alla morte.
 

In linea generale tuttavia i soggetti sopravvivono e quindi questo autunno potremo osservare (non certo con piacere) l'ingiallimento dei boschi di alta quota, dove al naturale e meraviglioso foliage del larice si affiancherà quello del povero abete rosso (che di rosso dovrebbe avere solo la corteccia da giovane... e non la chioma!).

 

 

Potete seguire ForestPaola sui suoi canali social: Instagram e Facebook.

 

Se invece siete interessati anche all'infestazione di bostrico, ai suoi effetti ambientali, ma anche economici e sociali, è disponibile "Sottocorteccia - un viaggio tra i boschi che cambiano", il primo libro targato L'AltraMontagna

 

 

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