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Ambiente

A Valmorel un gruppo di giovani produttori agricoli si unisce per prendersi cura del proprio territorio

La cooperativa Pascolando ha preso in gestione Malga Van. Abbiamo intervistato Carlo Murer e Giacomo Piazza per capire l’importanza di un’iniziativa che punta alla tutela del tessuto sociale ed economico e dell’ambiente di montagna

di
Agenda17
31 luglio | 12:00

A cura di Sandy Fiabane

 

“Sappiamo che in agricoltura è difficile sopravvivere e la solitudine dell’agricoltore è tra le difficoltà maggiori, soprattutto in queste zone. Per questo abbiamo avviato il progetto: ognuno di noi ha il suo lavoro e, allo stesso tempo, dedica del tempo alla gestione dell’attività, in una forma di aggregazione che permette di tenere in vita un tessuto sociale ed economico in passato ricco e vitale e oggi in via di estinzione. L’aspetto principale è il fatto che un gruppo di giovani decide di prendersi cura del proprio territorio e dei servizi che può offrire alla popolazione: la presa in gestione di una malga diventa quindi un vero e proprio modello da replicare.

 

La nostra realtà è finalizzata a portare la materia prima al caseificio locale di Valmorel, che crea ricchezza e la lascia nel paese: è veramente importante e lo percepiamo nelle persone che ci fanno i complimenti anche solo per aver riportato le vacche in malga.” Introduce così il progetto della Cooperativa Pascolando Carlo Murer, Value-chain e Marketing Expert del Mountain Partnership Secretariat (Fao) e presidente della cooperativa.

La cooperativa gestisce Malga Van, a Valmorel (Limana, Belluno). Comprende una decina di persone, accomunate dalla volontà di valorizzare i prodotti locali e prendersi cura del territorio attraverso un approccio turnario – dalla suddivisione del lavoro alla cura dei pascoli – ispirato alla Latteria sociale turnaria di Valmorel, una delle poche di questo tipo rimaste in Italia. 

 

Cooperativa Pascolando: l’unione di competenze per la cura del territorio

 

“Ognuno di noi – prosegue Murer – si occupa di aspetti diversi: chi quelli burocratici, chi la gestione degli animali, chi portando la propria esperienza. Riusciamo così a portare avanti un’attività che da soli non riusciremmo a mantenere: è un modello da incentivare perché molti giovani sono scoraggiati dalle difficoltà di questo tipo di attività, per cui o non la intraprendono oppure sono costretti a chiudere dopo anni di sacrifici.”

 

“Il carico di lavoro che c’è dietro – afferma Giacomo Piazza, responsabile Agritech della Fondazione Elserino Piol e segretario della cooperativa – è tale che metterlo sulle spalle di una sola persona è impensabile.

 

Bisogna prendere in mano strutture spesso malandate, sistemare i pascoli, occuparsi degli aspetti amministrativi e investire risorse economiche. Basti pensare all’acquisto dei macchinari per la fienagione e il trasporto: noi non dobbiamo farlo perché nella cooperativa c’è chi è già in possesso dei mezzi necessari e dell’esperienza per condurli.”

 

Fulcro di questa comunità è la latteria di Valmorel, nata nel 1939 e che oggi conta quattro soci conferitori. Si occupa della raccolta e della trasformazione collettiva del latte da essi conferito, restituendo prodotti caseari tra cui il burro e il tipico formaggio di Valmorel.

 

C’è poi la Fondazione Elserino Piol, che sostiene i giovani con idee innovative in ambito tecnologico per creare opportunità nelle comunità montane. Supporta la cooperativa Pascolando nella ricerca di tecnologie per la gestione della malga, come sistemi di controllo satellitare della struttura e degli animali, sistemi di dissuasione dei predatori e sensori per il monitoraggio dello stato di salute degli animali. Inoltre, offre un supporto essenziale nella mappatura dei bandi.

La forza del gruppo dalla gestione della burocrazia alla vendita del prodotto

 

Tra i principali ostacoli per l’agroalimentare di montagna vi è anzitutto la gestione burocratico-amministrativa, che necessita di molto tempo dalla relazione con le amministrazioni alla richiesta di contributi e autorizzazioni.

 

“A gestire la parte burocratica – afferma Piazza – siamo io e Carlo, perché per lavoro abbiamo già dimestichezza con il digitale. Tuttavia incontriamo comunque molte difficoltà, soprattutto per le pratiche di ampio respiro per le quali è necessario avere alle spalle una struttura di supporto: ritorna quindi l’importanza di avere un gruppo così vario".

 

“L’aspetto più importante – concorda Murer – è creare tra i piccoli produttori forme aggregative fondamentali sia nella fase di startup sia per la divisione del lavoro materiale e la vendita. Il singolo non riesce infatti a raggiungere un volume di prodotto tale da accedere al mercato o sufficiente a sopravvivere: essere in più persone permette invece di suddividere la mole di lavoro e avere un volume di affari significativo per ciascuno dei componenti.”

 

Agricoltura biodinamica: riscoprire il biologico nel benessere degli animali…

 

“Siamo partiti da un lato con l’idea di ricreare e rigenerare i pascoli, grazie a un’agricoltura non estrattiva che può ripristinare la fertilità del terreno e contribuire a contrastare i cambiamenti climatici sottraendo carbonio all’atmosfera per ridarlo alla terra, dall’altro con la volontà di garantire il benessere degli animali attraverso un rapporto diretto e umano.

 

Pur non avendo avviato subito le pratiche per la certificazione biologica, di cui ci occuperemo tra un anno al rinnovo del contratto di gestione della malga, stiamo già conducendo una gestione in sintonia con i disciplinari dell’agricoltura biologica e biodinamica, anche grazie al supporto di Marcello Volanti, veterinario biologico di grandissima esperienza.

 

Oggi si parla molto di massimizzazione del benessere animale, ma spesso lo si riduce a una check list standardizzata di numeri e criteri come la quantità di abbeveratoi o i metri quadri di paddock esterno e interno per ogni animale. Noi invece vogliamo garantire un approccio più autentico al loro benessere, lasciandoli per la maggior parte del tempo all’esterno e ruotando i pascoli, piuttosto che soddisfare semplicemente un requisito tabellare.”

…e nel rapporto di fiducia tra produttori e consumatori 

 

I progetti di Mountain Partnership, come abbiamo visto, utilizzano la certificazione biologica partecipata, basata sulla sinergia tra agricoltori e consumatori senza un ente certificatore terzo, i cui costi sarebbero ingestibili per le comunità dei Paesi in via di sviluppo. Da noi non è prevista, ma il significato profondo su cui si basa è reale nel mercato locale.

 

“Una sorta di garanzia partecipata – osserva Piazza – esiste già a livello locale. Basti pensare che i clienti della latteria visitano le stalle, conoscono i produttori e hanno con loro un rapporto di consolidata fiducia. È importante tornare allo scopo iniziale delle certificazioni biologiche, che sono nate come una forma partecipata e si sono poi perse nella burocrazia: dare una garanzia di qualità al consumatore.”

 

“Occorre partire – conclude Murer – da una riflessione sui consumatori. Nel nostro caso si dividono in due categorie: gli abitanti del luogo, che acquistano direttamente dai soci, e i turisti delle zone circostanti che cercano il prodotto artigianale e autentico. Sono tutti consumatori attenti, interessati alle peculiarità enogastronomiche del territorio e alla storia del produttore, la sua famiglia, il modo di allevare gli animali e gestire il pascolo. Su questo c’è tanto lavoro da fare, partendo dal coinvolgimento del produttore anche attraverso il monitoraggio e la valutazione delle sue attività.

 

Anche nel nostro progetto abbiamo trovato subito un riscontro positivo nelle persone. Alcuni hanno contribuito economicamente, altri semplicemente ci supportano passando di qui e manifestando gratitudine per il ritorno in malga: tutto ciò è molto bello e la prospettiva, una volta avviati a regime, è coinvolgere altre realtà locali.”

 

Nei prossimi giorni Malga Van inizierà le attività di vendita e somministrazione dei propri prodotti presso la sede della malga a Valmorel.

l'autore
Agenda17

Agenda17 è realizzato dal laboratorio DOS (Design of Science) dell'Università di Ferrara in collaborazione con l'Ufficio stampa, comunicazione istituzionale e digitale dell'Università di Ferrara. Pubblica notizie e contenuti scientifici relative ai 17 obiettivi Onu per lo sviluppo sostenibile, declinandoli nei relativi contesti sociali, economici, culturali e politici

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