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Alpinismo

'Volevo fare ciò che amo di più con altre donne, essere compresa senza parole, sentirmi accettata'', Line van den Berg e la riflessione femminista nell'alpinismo

Line van den Berg, olandese di nascita, punto di riferimento della riflessione femminista nel mondo dell'alpinismo, che per anni ha cercato la compagna di cordata “perfetta”, la donna con cui condividere la passione per la montagna ma anche le difficoltà dell’essere un’atleta in un ambiente così dominato dalla presenza maschile

di
Sofia Farina
08 marzo | 12:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

"Volevo fare ciò che amo di più con altre donne. Volevo condividere le mie battaglie, essere compresa senza parole, sentirmi accettata, essere vista. Forse, volevo solo essere me stessa".

 

Line van den Berg, nata nei paesi bassi con le montagne dentro,  è presto diventata un punto di riferimento della riflessione femminista all’interno di un ambiente così storicamente maschile come quello dell’alpinismo. Line, che ha iniziato ad arrampicare poco più che ventenne, per anni ha cercato la compagna di cordata “perfetta”, la donna con cui condividere la passione per la montagna ma anche le difficoltà dell’essere un’atleta in un ambiente così dominato dalla presenza maschile.

 

 

Nel corso degli ultimi dieci anni, passati vivendo e lavorando come ricercatrice nelle Alpi e dedicandosi prevalentemente all’alpinismo invernale, ha collezionato una lunga serie di vie tecniche. Tra esse ricordiamo sicuramente quella del gennaio 2022 con Fay Manners sulla Phantom Direct, sul versante nord delle Grandes Jorasses: la difficile via di 1.600 metri è stata salita dalla cordata in un tempo di 31 ore. Van den Berg ha anche effettuato le prime salite di Dutch Direct sulla parete nord del Pik Alexandra (5.290 m) in Kirghizistan e di Line of Decline sulla parete nord del Pik Currahee (5.025 m) in Kirghizistan.

 

Le sue salite sono state riconosciute anche dalla menzione nella lista delle nuove ascensioni del Piolet d'Or e dell'Herman Plugge Engagement Award. Al di là della fama portata dalle sue prestazioni atletiche, che comprendono anche numerose partecipazioni a Coppe del Mondo di arrampicata su ghiaccio, Line è nota per l’inarrestabile entusiasmo, l’enorme grinta e la dedizione alla causa femminista. 

 

 

Questa riflessione l’ha portata a diventare regista di un film, dal titolo “My phantom”, il mio fantasma, che segue il suo viaggio intimo e onesto in questa disciplina e in cui si concretizzano i suoi interrogativi su cosa significhi essere una donna nella comunità dell'arrampicata. 

 

"Cosa significa essere una donna nella comunità dell'arrampicata? O nella società nel suo complesso? Per anni mi sono chiesta perché facessi certe cose. Lasciare che i miei compagni (di arrampicata) prendano decisioni che sono pienamente in grado di prendere da sola, o radermi le gambe. È la società a dettare queste cose o sono io a lasciarle dettare? Credevo che una compagna di cordata donna avrebbe risolto le mie difficoltà. Ma questa ricerca mi ha reso cieco. L'unica soluzione si trovava dentro di me, cambiando la mia prospettiva, dando potere a me stessa. Con questo film spero di ispirare le persone a riflettere su queste domande complicate e a scoprire cosa significa essere se stessi e seguire i propri sogni".

 

 

 

 

 

 

 

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In una lunga intervista rilasciata a Vanity Fair circa un anno fa, Line racconta sé stessa e il suo progetto cinematografico con genuinità e coraggio. In essa, ha delineato un quadro di quelli che sono i pregiudizi legati al genere ancora ben radicati all’interno del settore: “Lo avverto quando mi trovo in montagna, scalando insieme ad una donna: incontriamo altri uomini, ci danno consigli, senza che noi però li chiediamo, mentre nel momento in cui siamo con uno di loro, non accade. Non penso che lo facciano consapevolmente, in un certo senso presumono che siamo meno capaci. In My Phantom lo spiego: non è qualcosa solo di maschile, ma è anche dentro di me. Mi è capitato talvolta di non rispondere, rimanendo in silenzio. Il problema è che la società ci ha insegnato che, guardando gli uomini, si ottengono più conferme”.

 

Alla richiesta di come dovremmo reagire a questo contesto, commenta così: “Quando ci sono due donne in montagna, e che scalano, tutti dicono, “oh, due donne!”. Ecco io non voglio che sia speciale. Voglio solo che sia normale, desidero normalizzarlo. Bisogna aprire la discussione, parlarne, perché al momento non vedo uguaglianza. Nel corto ti rivolgi proprio agli uomini a cui dici “di parlare di meno, e ascoltare di più Penso che sia il punto principale, ma questo è un discorso che tocca tutti in maniera trasversale, mi riferisco a persone, che hanno bisogno di uno spazio per le proprie opinioni. Là fuori ci sono tante voci, ad esempio, di donne, ed è bello vederne la varietà, l’eterogeneità, ciò che siamo. Alcune potrebbero non essere d'accordo con me, o avere dei problemi, ma va bene così”. 

 

Il concentrato di entusiasmo, profondità di pensiero e bravura tecnica di questa donna sfaccettata e carismatica, purtroppo, è rimasto sepolto sotto metri di neve in un tragico incidente avvenuto nelle Alpi svizzere a fine maggio 2023, spezzando il cuore di tante compagne di cordata e di tutti coloro che con lei avevano, a qualche livello, interagito. 

 

 

 

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