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Alpinismo

Spedizione Cai K2-70: i costi, l'origine dell'idea, la comunicazione. Montani: "Scelta anacronistica? Non una tragedia. Per me è stata un successo"

Il Presidente generale del Cai, conversando con il giornalista Alessandro Filippini e con il traduttore Luca Calvi, prova a rispondere ai numerosi interrogativi in merito alla recente spedizione organizzata sul K2 per celebrare il settantesimo anniversario della prima scalata. Riprendiamo alcuni dei passaggi più significativi del dialogo, che spazia dalle spese alla selezione delle alpiniste, da come è nata l'idea agli accorgimenti da prendere per salvaguardare l'alpinismo (e la montagna) da una cattiva comunicazione

di
Redazione
24 agosto | 10:19
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

“La spedizione femminile o sedicente tale rappresenta l’1.6% di quello che è il bilancio del Cai. Per cui per celebrare quello che è stato un evento epocale, come è stata la spedizione del 1954, investire l’1.6% del bilancio credo che sia una cosa che riproporrei a cuor leggero”.

 

Ieri sera, il Presidente generale del Cai Antonio Montani ha raggiunto Auronzo di Cadore per provare a rispondere ai numerosi interrogativi in merito alla spedizione K2-70, organizzata dal Club alpino italiano per celebrare il settantesimo anniversario della prima scalata. Domande sollevate negli scorsi mesi e poste con chiarezza in un recente articolo pubblicato su L'AltraMontagna da Alessandro Filippini, uno dei più preparati giornalisti sul tema dell’alpinismo himalayano.

 

Filippini aveva da tempo in programma una serata divulgativa nell’ambito del festival Altre storie sotto le cime, intitolata K2 il grande innocente. La montagna degli italiani tra storia, miti e propaganda.

 

Proprio al termine della presentazione ha preso forma l’intervento del Presidente Montani che, conversando con Filippini e con Luca Calvi (moderatore e ideatore della serata), ha provato a fare chiarezza sugli aspetti meno trasparenti della spedizione. Spedizione che durante la serata Filippini ha definito “anacronistica”, “maschilista” e “neo-colonialista”.

 

“Quando si dice che questa spedizione è stata una scelta anacronistica – ha affermato Montani – può essere, è un’opinione che dal punto di vista alpinistico non mi sembra così campata in aria, ma non mi sembra nemmeno una tragedia”. Il Cai, sostiene ancora Montani, ha infatti in programma di “essere presente in Pakistan in maniera strutturata vicino alle popolazioni locali” con una serie di altre iniziative.

 

A partire da queste premesse si è sviluppata una discussione interessante che, con toni pacati e aperti al dialogo, ha in parte risposto ai quesiti che da settimane rimbalzano di social in social.

 

Qui di seguito alcuni dei passaggi più significativi, riportati in modo ampio e fedele per consentire al lettore di orientarsi nella conversazione (naturalmente, a causa della lunghezza, non è possibile riprendere l'intero dialogo, ma è presumibile che prossimamente venga diffusa la registrazione integrale dell’incontro: in tal caso saremo felici di pubblicarla).

Per scelta editoriale, abbiamo inoltre deciso di trascrivere questi passaggi in forma discorsiva, così da renderli più efficaci nella loro completezza.

 

 

Filippini: Fin dall’inizio ho definito le mie perplessità sul fatto che la spedizione fosse anacronistica perché non è più tempo di spedizioni interazionali. Era inoltre maschilista perché le donne sono state scelte (e qui la domanda importante è: da chi e come) e comunque partecipata da uomini e comandata da un uomo. E poi a questa spedizione si sono aggiunti altri uomini di un’altra spedizione sempre sotto l’egida del Cai. Questa spedizione era secondo me anche neo-colonialista, perché il coinvolgimento delle donne pakistane era uno specchietto per le allodole, in quanto tre su quattro erano totalmente inadeguate allo scopo di tentare - non di fare - il K2. E una sarebbe salita con un’altra spedizione ed è la ragazza che purtroppo è stata male subito.

E poi il problema grosso è che era una spedizione pagata con i soldi dei contribuenti, quelli del ministero del turismo se non sbaglio, anche se in parte destinata a scopi scientifici boicottati da una valanga. E i soldi pubblici secondo me non vanno spesi per una cosa di quel genere. (...) Il fatto che un organismo ufficiale, in questo caso il Cai, con i soldi del ministero del turismo finanzi una spedizione con una cifra di quel genere secondo me è esagerato e sbagliato.

 

Montani: Io capisco alcune cose, soprattutto finché si sta nell’argomento alpinismo. Le capisco molto meno quando si parla di fondi e di soldi pubblici. Voglio prima fare un quadro velocissimo: da presidente del Cai il mio compito è quello di cercare di fare il bene del Club Alpino Italiano. Da quando sono presidente io siamo passati da 303 mila soci a 350 mila oggi (ieri per chi legge n.d.r.). Non è questo l’unico indice di successo: sempre sotto la mia presidenza siamo passati da circa 17 milioni di euro di bilancio a 23 milioni e 600 mila dell’anno scorso. La spedizione femminile o sedicente tale rappresenta l’1.6% di quello che è il bilancio del Cai. Per cui per celebrare quello che è stato un evento epocale, come è stata la spedizione del 1954, investire l’1.6% del bilancio credo che sia una cosa che riproporrei a cuor leggero. Poi i soldi possono essere spesi sempre meglio, ci mancherebbe, si può dire quello che si vuole.

 

Soldi pubblici? Parliamone. E' chiaro che in parte il bilancio del Cai è composto da soldi che arrivano dal governo (negli ultimi anni sono esattamente 10 milioni, di cui 4 vanno per il soccorso alpino, 1 milione va per le attività del Cai e 5 milioni sono un conto straordinario di questi ultimi tre anni che vengono spesi previo accordo con il ministero su un tavolo paritetico per cui noi proponiamo dei progetti e questi soldi vengono poi investiti).

 

(...) Durante la spedizione femminile, il mal tempo ha impedito quello che era il programma nell’idea di Agostino Da Polenza di acclimatamento. (...) Però la vetta non l’hanno fatta in tanti: io ne ho contati sei senza ossigeno e trenta con ossigeno.

 

(...) Quando si dice che questa spedizione è stata una scelta anacronistica dal punto di vista alpinistico, può essere, è un’opinione che dal punto di vista alpinistico non mi sembra così campata in aria, ma non mi sembra nemmeno una tragedia, proprio perché, insieme a questa spedizione, noi abbiamo un pacchetto di altre iniziative da fare in Pakistan finalizzate a fare una cosa che il Cai non ha mai fatto, ovvero essere presente in Pakistan in maniera strutturata vicino alle popolazioni locali.

Posso anche dire le cifre, i bilanci sono pubblici per cui non c’è nessun segreto: 30 mila euro per il completamento del Cristina Castagna Center, 18 mila euro per il completamento della mostra di Mario Fantin, abbiamo dato un contributo alla Rai di 75 mila euro per fare un documentario della nostra spedizione - il documentario costa circa 450 mila euro, noi abbiamo dato una quota - e grazie a questo contributo noi abbiamo già avuto tanti passaggi in Rai e ne avremo molti. Ma soprattutto grazie a questa collaborazione, a questo appassionarsi in particolar modo di Massimiliano Ossini che io personalmente devo ringraziare, ci sarà ogni venerdì mattina, a partire dal mese di ottobre con la nuova stagione di Uno mattina una rubrica dedicata alla montagna. Perché dico questo? Non tanto perché c’è un piacere di andare in televisione, ma perché credo che sia uno scopo del Cai quello di parlare non soltanto agli alpinisti, anzi, ma a quel pubblico generalista che è meno attento alla montagna ma che va raggiunto attraverso i canali generalisti.

60 mila euro sono andati per la spedizione Cai di Biella, 60 mila euro per la spedizione di Maiori e Secchi, 13 mila per De Zaiacono e Gusmeroli.

 

(...) La spedizione tra permessi delle persone, trasporti, materiali, eccetera, è costata circa 390 mila euro. Sono cifre importanti, ma che ci hanno già consentito di ipotizzare un progetto di cooperazione tra il Cai e l’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo che abbiamo sottoposto al segretario generale del ministero del cambiamento climatico. Stiamo scrivendo questo progetto per un milione di euro. Quindi, quando dicevo che non lo vedo come un costo ma come un investimento, diciamo che questi 700 mila euro che abbiamo speso hanno dato un’ipotesi di rientro da un milione di euro.

Di tutti i soldi pubblici che vengono spesi, quelli che vengono dati al Club alpino italiano secondo me vengono spesi non bene, ma benissimo per le attività che facciamo. 

 

(...) Com’è nata la spedizione? A inizio estate dell’anno scorso ero in sede e telefona una signora veneta il cui marito era al campo base del K2 e aveva dei problemi di salute. Ci ha detto che non si alzavano gli elicotteri. Far alzare gli elicotteri è complicatissimo. (...) Allora noi capiamo che bisognava fare un bonifico immediato di 25 mila euro a questa società e facciamo il bonifico, tanto poi ci sono le assicurazioni che recuperano i soldi. Nonostante questo non si alzano gli elicotteri, allora ci viene in mente di chiamare Agostino Da Polenza e, dopo questa chiamata, in giornata gli elicotteri si sono alzati e hanno recuperato il signore. Da quel momento lì, per me Agostino è diventata una persona molto affidabile per quello che accade in Pakistan. Qualche mese dopo mi invita a cena a Bergamo e mi dice di avere l’idea di organizzare una spedizione femminile per il settantesimo anniversario. Io ne parlo in consiglio direttivo e decidiamo che ne vale la pena a settant'anni: femminile, in Pakistan, quattro italiane e quattro pakistane. A noi è subito sembrata una cosa molto bella. 

(...) Lui (Da Polenza n.d.r.) ha soltanto detto: “Siccome in cima al K2 bisogna andarci, le alpiniste le scelgo io”. E le ha scelte lui, tranne una che gli ho proposto io, per motivi esclusivamente mediatici, che era Federica Mingolla.

(...) La spedizione è dunque nata così, durante ci sono stati anche degli scambi di messaggi tra me e Agostino abbastanza accesi, però i patti erano che lì comandava lui e quindi io mi sono astenuto. Io ho chiesto solo una cosa quando siamo andati a Malpensa a salutare i due sciatori e le quattro ragazze italiane. Salutando Agostino gli ho detto: "Mi raccomando, portameli a casa tutti" (...) E quando ci siamo visti ad Askole la prima cosa che mi ha detto lui è stata: “Ti avevo promesso che te li avrei riportati tutti, e te li ho riportati tutti”. Per cui per me la spedizione non è un fallimento, ma è un successo.

 

Filippini: Hai dato tante informazioni, anche importanti, ad esempio il fatto che la spedizione, da quello che capisco, è una spedizione finanziata dal Cai, ma fatta da Agostino Da Polenza. Questo non è mai stato detto, ma adesso è chiaro che è così. Lui ha scelto chi, come e quando nonostante avesse dichiarato in un’intervista che gli era stato chiesto di fare. Diciamo che in una maniera o nell'altra se l'è fatto chiedere.

Hai ragione, non siamo più nel 1954, ma questa era una spedizione organizzata (...) come nel 1954 e devo dirti che ha ottenuto un successo che nessuno sottolinea. Un successo pakistano, perché quell’agenzia alla quale Agostino Da Polenza si è affidato, che non aveva mai organizzato una spedizione alpinistica - perché sennò ce ne sarebbe traccia sui suoi social, invece sui social c’è solo traccia di trekking e tra l’altro solo con italiani molto anziani - adesso ha lanciato la spedizione al K2 per l’anno prossimo grazie al fatto che ha mandato in vetta tre dei suoi uomini: un grande successo pakistano.

 

(...) Altra cosa che a me è dispiaciuta molto. La spedizione era celebrativa: dopo che ho ricordato per l’ennesima volta che non era stato fatto, è finalmente saltata fuori Anna Torretta a dire che era andata al Memorial Gilkey a portare una targa in memoria del povero Mario Puchoz. Se è una spedizione celebrativa, visto che erano così vessati dal maltempo, il Cai doveva chiedere di andare tutte quante - non solo Anna Torretta - con il capo spedizione a commemorare Mario Puchoz e poi, il 31 luglio, fare insieme qualcosa da là (...)

 

Montani: Il problema è di carattere comunicativo, ma che Anna sia andata e aveva la targa data dalle guide di Courmayeur, non è che se l’è inventato ex post.

 

Filippini: Non ho mica detto che se l’è inventato ex post, ci mancherebbe, ma dico: non potete non comunicarlo. Al limite, anche se non si riesce a comunicarlo da là, comunicatelo da qua. Per fortuna avete una comunicazione che ha sempre funzionato.

 

Montani: Ha sempre funzionato nel momento in cui si vengono a sapere le notizie. (...) Non posso accusare nessuno dei miei, perché se non arrivano le notizie diventa difficile comunicarle.

 

[...]

 

Filippini: (Attraverso i miei post n.d.r.) il mio tentativo era quello di provare a spiegare alla gente cosa bisogna e cosa non bisogna seguire. La mia paura in termini comunicativi è che sì, come dici tu bisogna provare a raggiungere gli altri, ma purtroppo, soprattutto in tv, la comunicazione spesso è sbagliata. E in questo caso è stata sbagliatissima quando ha detto che la spedizione era "la prima femminile al K2", e sbagliata quando il comunicato della Presidenza del consiglio diceva che consegnava la bandiera "che sarà portata in cima alla vetta del K2”. Queste sono le cose che prendono e restano dentro alla gente che non sa niente: è questo che fa male all’alpinismo.

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