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Alpinismo

Dal 'Battaglione volontari ciclisti automobilisti' alla valanga che spazzò via 30 soldati italiani, sul Monte Altissimo tra trincee e tanta storia

In questo nuovo episodio di “Camminando nella Grande Guerra”, rubrica del Dolomiti e del Museo della Guerra di Rovereto sugli itinerari del primo conflitto mondiale in Trentino, illustriamo i tanti percorsi che portano alla cima del Monte Altissimo, suggestiva terrazza sulle Alpi e sul lago di Garda. Qui, in quella che fu un’importante posizione italiana, si possono incontrare numerosi resti dello scontro con le truppe imperiali. Sullo sfondo un panorama mozzafiato

di
Davide Leveghi
03 agosto | 18:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

Estremamente panoramico ed agevole, il Monte Altissimo rappresenta uno scenario privilegiato per immergersi nella storia del fronte trentino-tirolese. Qui è infatti possibile ritrovare le vestigia della Grande Guerra combattuta dalle truppe italiane, giunte poco dopo lo scoppio del conflitto contro l’Impero austro-ungarico. Sullo sfondo uno spettacolo: lungo la salita, ma soprattutto dalla cima, si può godere di una vista a 360º. Lo sguardo si distende fino alle rive meridionali del lago di Garda, in un teatro naturale di vette e cime, su su fino alle Alpi tirolesi.

 

Individuato dal Genio militare imperiale come un elemento importante del sistema difensivo tirolese, il Monte Altissimo, come tutto il massiccio del Baldo, fu tuttavia occupato dalle truppe regie italiane, che realizzarono numerosi manufatti su entrambi i versanti. La mancata finalizzazione delle fortificazioni necessarie, spinse infatti i comandi austro-ungarici all’arretramento della linea di difesa, che passò al di là della valle che da Mori arriva a Torbole ed al lago di Garda, su per la Val di Gresta.

 

 

 

 

Prima di passare alla descrizione dell’itinerario ed alla sua contestualizzazione nello scenario della Grande Guerra, è bene però – come da “tradizione” della rubrica “Camminando nella Grande Guerra”, realizzata dal Dolomiti in collaborazione con il Museo Storico Italiano della Guerra di Rovereto (QUI l’articolo) – illustrare i dettagli tecnici per poter preparare un’eventuale escursione. Diverse sono infatti le opzioni per chi volesse affrontare la salita sul Monte Altissimo (2079 metri).

 

La più immediata (sempre percorribile) parte dal rifugio Graziani (1617 metri sul livello del mare) e risale la strada militare costruita dagli italiani (1 ora e mezza circa di salita). Situato presso la Bocca del Creer, il rifugio - raggiungibile in auto ad eccezione della stagione invernale – si trova al termine di una strada che da Brentonico sale fino a Passo San Valentino (1320 metri). Da quest’ultima località è possibile intraprendere un’altra salita (preferibilmente nelle stagioni più calde) che in oltre 3 ore porta al Graziani e da qui alla cima dell’Altissimo attraverso il sentiero delle vipere, le Crone di Bes, Malga Bes e la Corna Piana.

 

 

 

 

Una bellissima faggeta inaugura questo percorso, che a zig-zag risale fino al dirupo delle Crone di Bes. Da qui comincia poi il “senter dele vipere”, attrezzato con cordini e con parti un po’ esposte, su fino a Malga Bes. Tale opzione (760 metri di dislivello), rispetto alle altre, richiede maggiore esperienza.

 

Più agevole ma più lunga è invece l’opzione che da località San Giacomo (1196 metrisale con un dislivello di circa 830 metri fino al Monte Altissimo. Percorso anticamente usato dalle genti dell’altopiano di Brentonico, prende avvio dalla chiesetta del paese. Da qui comincia infatti una mulattiera ora identificata con il segnavia della Sat numero 622. Una prima parte ripida porta ad un pianoro erboso panoramico, per poi intraprendere una salita attraverso un bosco fino a Malga Campo (1630 metri), alle pendici dell’Altissimo. Il tempo di percorrenza è di circa 4 ore, la stagionalità preferibile va da maggio ad ottobre.

 

 

 

 

L’ultima opzione per l’itinerario dell’Altissimo passa infine da Malga Zures (685 metri), nel Comune di Nago-Torbole, importante caposaldo austriaco a pochi passi dalla linea italiana. Da qui si raggiunge il Doss Alto, dove nel 1918 combatterono inquadrati nel Regio esercito reparti di volontari cechi e slovacchi. Sul Doss Casina (1100 metri) operò invece per un breve periodo il Battaglione volontari ciclisti automobilisti, in cui combatterono importanti membri del movimento futurista (su cui torneremo più avanti). L’itinerario in questione parte dunque dai prati di Nago e attraverso il sentiero 601 che passa per il Monte Varagna raggiunge la cima dell’Altissimo dopo 500 metri di dislivello e 4 ore circa di camminata.

 

Sulla cima del Monte Altissimo, fra le trincee, gli osservatori, le caverne, i resti dei baraccamenti e delle piazzole per l’artiglieria, sorge anche il rifugio Damiano Chiesa (2059 metri), così chiamato in onore dell’irredentista roveretano catturato dagli austriaci in una caverna di Costa Violina durante l’Offensiva di primavera del 1916 (QUI un approfondimento) e fucilato nella Fossa del Buonconsiglio a Trento. Costruito dalla Sat, fu inaugurato nel 1892 e non subì particolari danni nel corso della Grande Guerra.

 

 

 

 

Tracciati i percorsi che salgono fino al Damiano Chiesa ed alla cima del Monte Altissimo, passiamo ora alla contestualizzazione. Merita una citazione, certamente, lo scenario naturalisticoIl Monte Baldo ospita infatti una ricchezza unica, come mostrato dalle diverse tabelle esplicative lungo tutti gli itinerari che lo attraversano. Ancor più del Monte Vignola (QUI l’articolo), l’Altissimo presenta inoltre una vista eccezionale sulle montagne – dal Pasubio ai Lessini, dal Brenta al Catinaccio - e sul lago di Garda.

 

 

 

 

Le tracce del passaggio del primo conflitto mondiale puntellano tutta la zona. Nella località San Valentino, un piccolo cimitero militare ricorda le vittime della guerra. Qui infatti si trovava il centro strategico della presenza italiana sul Baldo. Raggiunto già alla fine di maggio del ’15, Passo San Valentino si convertì in snodo centrale: ivi giungevano infatti l’antica mulattiera del confine di Stato e la strada da Avio, completata dagli italiani nel settembre del ’15, nonché partivano quelle per le cime dell’Altissimo e del Vignola.

 

Al riparo dai tiri d’artiglieria austro-ungarici, si sviluppò così l’importante posizione italiana, con batterie di cannoni da medio calibro, stazioni teleferiche e baraccamenti per gli operatori. Proprio una baracca, costruita sul pendio che porta alle Crone di Bes, venne travolta nel nevoso inverno del 1916/1917 da una valanga: il 13 dicembre 1916 una trentina di soldati italiani persero la vita, spazzati via da un notevole accumulo staccatosi a seguito di un rialzo termico. Oltre ai nomi di questi caduti, una targa apposta dalla sezione Ana e dal Comune di Brentonico ricorda anche quelli di altri militari – per un totale di 50, con due soldati ignoti – morti in questo settore fino all’aprile del 1918. Le salme, nel corso degli anni ’30, furono esumate e traslate all’Ossario di Castel Dante, a Rovereto.

 

 

 

 

Al Passo, sulla destra, si possono notare una stele con un bassorilievo del XVII secolo dedicato a San Valentino ed una lapide del 1917 realizzata dalla I armata italiana, schierata durante la guerra lungo tutto il fronte trentino-tirolese. Risalendo verso il rifugio Graziani si percorre una strada costruita dalle truppe italiane, con gallerie e posti di osservazione. Presso Malga Tolghe, venne costruita una stazione di pompaggio che inviava l’acqua di una vicina sorgente a un serbatoio in quota. Resti di costruzioni militari sono visibili lungo tutto il percorso. Lungo la mulattiera, poi, due piloni di cemento testimoniano la presenza di una delle quattro teleferiche costruite sul Baldo.

 

 

La cima, più di ogni cosa, dà conto dell’importanza del Monte Altissimo nella linea di fronte italiana. Da qui, infatti, si potevano tener d’occhio la sinistra Adige, la valle del Cameras ed i caposaldi austro-ungarici in Val di Gresta e le fortificazioni del Garda, come testimoniato dall’elaborato sistema di trincee (in parte restaurato) e postazioni d’artiglieria, schierate a 270º verso Ovest-Nord-Est. Sono visibili anche delle gallerie (visitabili con una torcia e con prudenza), nonché le piazzole circolari che ospitavano la contraerea ed i cannoni di medio calibro. Questi ultimi avevano lo scopo di colpire le postazioni austro-ungariche dell’Alto Garda, della Val di Gresta (tra cui il Nagià Grom e il Faè, QUI e QUI gli articoli), dello Zugna ed i collegamenti ferroviari della Vallagarina. Da un osservatorio posto sull’apice della cima, si può godere inoltre del panorama a 360º.

 

 

 

 

Resti di infrastrutture militari, baraccamenti, caverne e postazioni d’artiglieria, sono visibili anche lungo il sentiero 622 che scende verso Bocca Paltrane (1831 metri) e Malga Campo, direzione San Giacomo. Da qui, attraverso il suggestivo “sentiero dei cirmoli”, è possibile raggiungere il punto panoramico di Malga Campo, con tanto di croce dedicata ai caduti in guerra, nonché la Bocca del Creer, attraverso la strada sterrata 650.

 

 

 

 

Un’ultima citazione merita infine l’altro versante. Qui infatti combatterono formazioni peculiari, dal Battaglione volontari ciclisti automobilisti, sciolto nel dicembre del 1915, ai volontari cecoslovacchi, inquadrati nel 1918 nel Regio esercito italiano. Questi ultimi, arruolati in divisioni comandate da un generale italiano dopo la firma nell’aprile del ’18 di una convenzione fra il governo italiano ed il Consiglio nazionale dei Paesi cecoslovacchi, facevano parte di una Legione di circa 10mila uomini composta da prigionieri di guerra e disertori dell’esercito imperiale. Soldati cechi e slovacchi, tra gli altri, combatterono anche sul Dosso Alto, alle pendici dell’Altissimo.

 

 

 

 

Per quanto riguarda il Battaglione lombardo volontari ciclisti automobilisti, invece, in questo combatterono nell’ottobre 1915, per la presa del Dosso Casina, i futuristi Filippo Tommaso Marinetti, Umberto Boccioni, Achille Funi, Mario Sironi, Antonio Sant’Elia, Carlo Erba, Ugo Piatti, Anselmo Bucci e Luigi Russolo. Dopo una feroce battaglia, tra i sibili continui degli shrapnel austriaci, il Dosso fu occupato dagli italiani, che così si stabilirono a un passo dal caposaldo nemico di Malga Zures.

 

 

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