Pugni al Prati, parla il ragazzo al quale hanno rotto il dente: "Dopo i pugni ho visto mia mamma che si è messa in mezzo"
"Non sono del Bruno, e non c'era nessuno del Centro sociale". Il 17enne è intervenuto per difendere il suo amico "al quale un tipo grosso ha tirato un pugno". Poi c'è stato l'intervento risolutore di un genitore. "Ora tutti sanno che i fascisti esistono ancora e sono davanti alle nostre scuole"
TRENTO. Continua a indagare la Digos di Trento sui fatti accaduti al Liceo Prati e intanto sarebbero stati già identificati e denunciati due dei ragazzi di Blocco Studentesco che avrebbero aggredito i liceali del Prati finiti poi all'ospedale per la refertazione. Saranno le indagini a fare luce e a definire la dinamica dell'accaduto, questo è certo, intanto questo è il racconto di uno dei ragazzi coinvolti. Per ovvie ragioni omettiamo il nome, lo studente è minorenne, frequenta il liceo Prati, e si è già preso un pugno in bocca che gli ha spezzato un dente, uno sulla tasca che gli ha rotto il cellulare e l'altro sulla nuca che l'ha tramortito facendolo cadere a terra.
“Io abito vicino al liceo e arrivo immancabilmente in ritardo – confessa subito – e martedì scorso quando stavo per entrare ho visto che davanti all'ingresso stava succedendo qualcosa”. Un confronto verbale, volano anche parole un po' forti. “Ma nessuno si stava picchiando”, afferma.
“Tra gli altri c'era uno gigante, più grande di noi anche di età, che inveiva contro un mio amico. Ho chiesto cosa stesse succedendo – prosegue il ragazzo – in fondo è la mia scuola, quello è un mio amico e non mi ci è voluto molto per capire che questi fossero esponenti dell'estrema destra”. Alle parole del ragazzo che chiedeva cosa stesse succedendo la risposta sarebbe stata questa: “Che cosa vuoi tu? Hai qualche problema?”
“Allora mi sono messo a discutere anch'io - prosegue - esprimendo le mie posizioni e sostenendo quelle dei miei compagni di scuola. Ma questi che volantinavano, specialmente quello grosso, sembrava non si volessero limitare alla discussione infatti un mio amico è stato isolato dal gruppo. A quel punto mi sono allarmato, ho appoggiato lo zaino per terra per potermi inserire meglio tra le persone quando uno di loro mi ha chiesto se volevo vedermela con lui”. Ma questa sfida non è stata raccolta: “Io non volevo fare a botte, io volevo capire cosa stesse succedendo al mio amico. Ho ignorato questa provocazione e mi sono avvicinato al mio compagno e ho visto che quello grosso gli ha tolto il berretto di dosso gettandolo a terra”.
Secondo la versione dello studente inizia così il confronto fisico, con il berretto gettato a terra come sfida. “Il mio amico l'ha raccolto e quando si è alzato è stato spintonato e per questo è indietreggiato qualche metro. Poi quello di grosso gli si è avvicinato di nuovo, questa volta sferrando un pugno. Siamo intervenuti tutti nel tentativo di difendere il nostro compagno di scuola, sono intervenuto anch'io per difendere il mio amico che a quel punto era circondato e mi sono preso un pugno in bocca che mi ha rotto un dente. Poi da dietro mi è arrivato un calcio che mi ha colpito sulla coscia, sulla tasca che conteneva il cellulare che è andato in pezzi. L'ultimo colpo sulla nuca che mi ha per un attimo tramortito facendomi cadere a terra”.
“Quando ho alzato gli occhi ho visto mia mamma che si avvicinava e si metteva in mezzo – racconta ancora lo studente – mia mamma a quell'ora porta i cani a passeggio e con altre sue conoscenti ha visto la scena ed è intervenuta. Ha minacciato tutti dicendo che avrebbe sguinzagliato i cani ma temo - sorride il giovane - che se lo avesse fatto i cani avrebbero finito per leccare tutti indistintamente: sono buoni come il pane”.
“Ammetto che quando li ho visti scappare (a quel punto avevamo chiamato la bidella per dare l'allarme) ho gridato 'Fascisti infami'. Ma insomma – dice convinto il ragazzo – ce lo insegnano a scuola che il fascismo è una brutta storia, che è un'ideologia che ha prodotto morti e ingiustizie, che è stato vinto dall'azione partigiana di chi ha voluto difendere il proprio Paese dalla dittatura. Ora questi vengono davanti alle scuole a distribuire volantini farneticanti e pretendono che non gli si dica niente?”
“Ora però – conclude il ragazzo – tutti hanno visto che il fascismo esiste ancora, che quell'idea non è morta e che le espressioni violente che la contraddistinguono sono ancora vive, purtroppo. Se sono del Centro sociale Bruno? No, non lo sono. E non c'era nessuno del Bruno ad aspettarli, come è stato scritto nei comunicati del Blocco studentesco. Non occorre essere appartenenti a un gruppo politico o far parte di un centro sociale per essere antifascisti. Credo che tutte le persone libere e democratiche dovrebbero esserlo”.