La transumanza proclamata patrimonio dell'umanità. Fondamentale modello di utilizzo sostenibile e rispettoso delle risorse locali
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Sono Maestro Assaggiatore di Formaggi e seguo percorsi di educazione alla sensorialità ed alla territorialità per il consumo consapevole dei prodotti lattiero-caseari di montagna.
È ufficiale! Il Comitato del Patrimonio Mondiale UNESCO, riunito l'11 dicembre a Bogotà, in Colombia, ha dichiarato la transumanza patrimonio culturale immateriale dell'umanità. Una candidatura che era stata presentata nel 2018 dall'Italia assieme alla Grecia ed all'Austria e di cui era capofila il nostro Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali. Diretto anche il coinvolgimento delle Province di Trento e Bolzano, assieme a diverse altre Regioni italiane (Lombardia, Puglia, Basilicata, Campania, Molise, Lazio ed Abruzzo).
Ad essere tutelata è la tradizione della transumanza, definita come il "movimento stagionale del bestiame lungo antichi tratturi nel Mediterraneo e nelle Alpi". Dunque lo spostamento di uomini e bestiame sul territorio alla ricerca di pascoli fertili secondo l'andamento delle stagioni e la disponibilità di foraggio tra aree di pianura e di montagna. Un elemento di grande identità culturale, che ha creato forti legami ambientali e sociali attraverso i secoli tra le persone, gli animali e i territori, e che oggi rappresenta un modello di utilizzo sostenibile e rispettoso delle risorse locali.
Nelle Alpi, la transumanza costituisce una delle forme di utilizzo agricolo più antiche della montagna e sopravvive ancora oggi con alcune greggi transumanti, che in estate si spostano dalle zone di pianura verso i pascoli alpini delle terre alte, lungo le principali aste fluviali dell'Arco Alpino. Anche in Trentino questa tradizione millenaria è viva, se pur a rischio di sparizione. Ne sono testimoni i fiumi di pecore che in primavera ed in autunno si riversano sulle strade o lungo i torrenti, in un nomadismo tanto affascinante quanto difficile. È un lavoro arduo quello del pastore transumante, spesso improbo, che fa fatica a trovare nuove forme di convivenza con un territorio sempre più infrastrutturato nel fondovalle e sempre più inselvatichito in alta quota. Ma che contribuisce a garantire l'utilizzo e l'equilibrio delle aree di montagna, a beneficio dell'ambiente e dell'intera società.