Mattanza in Israele: e se per un giorno la campagna elettorale si silenziasse e i candidati (di destra e sinistra) si unissero sotto un unico slogan: la vita?
Giornalista, ha lavorato per Alto Adige, Gazzettino e Trentino
Nel mondo il Trentino è geograficamente uno sputo. Il Trentino che vota (così come l’Alto Adige che vota) è pulviscolo politico tanto rispetto all’Italia quanto rispetto all’Europa. E al pianeta. Eppure anche l’infinitesimamente piccolo, anche una terra abitata quanto un quartiere nemmeno tanto grande di Milano o di Roma, potrebbe farsi grande nella capacità di dare un segnale, un messaggio o chiamatelo come vi pare. L’estemporaneo è un’arma a doppio, triplo, taglio. Può essere incompresa, a volte irrisa, spesso ignorata o catalogata alla voce stupidaggine nell’archivio dei seriosi ad ogni costo.
Ma estemporaneità ed irritualità possono essere anche manifestazioni di coraggio. Possono diventare, appunto, segnali inediti. Segnali importanti. Il segnale che ci permettiamo di chiedere oggi ai trentini che s’affannano a chiedere voti (ognuno con le proprie ragioni, ognuno con le proprie passioni) è il silenzio. Lo chiediamo ai partiti e ai movimenti. Lo chiediamo a chi ha messo la faccia sui santini e s’impegna a promettersi all’altezza del governo locale. Proponiamo un silenzio trasversale, lo stop di un giorno alla campagna elettorale. Una pausa che sappia proiettare la politica in una dimensione anomala forse per tutto meno che per l’umanità. Uno stop che dia l’occasione a tutti i contendenti di contribuire ad un unico programma, di diffondere un unico slogan: la vita.
La mattanza israeliana è come tutte le mattanze di ogni guerra e di ogni violenza perpetrata in nome di teorie (follie, invasamenti, fedi) che non valgono mai lo spegnersi di una singola esistenza. Ma una mattanza che ti paralizza in una frustrante impotenza, l’orrore che inorridisce da dentro uno schermo con la sua terrificante moviola di sangue, rottami e traccianti di razzi, è un “abbastanza” per modificare (forse perfino per nobilitare) un’agenda elettorale? Crediamo di sì. Speriamo di sì e per questo insistiamo in quello che è un appello. Nulla più che un appello che, chissà, potrebbe trovare ascolto e magari organizzazione. Non ci muove la sindrome della cattedra. Sappiamo che la testimonianza non risolve. Sappiamo anche che a volte la testimonianza, il solo gesto, possono confondere e perfino generare ulteriore frustrazione. Ma sappiamo, allo stesso modo, come possa essere forte il malessere di una contraddizione: la campagna elettorale in cui tutti propagandano ricette per tutto in un tempo e in un luogo che s’allontana e si isola ancor di più dal mondo.
Orsi, sanità, turismo, scuola, lavoro: tutto sacrosanto, tutti legittimati a battagliare da destra, sinistra, centro, angoli e spigoli. Ma intorno (così vicino, altro che così lontano) c’è la morte che uccide il futuro di chi balla la sua giovinezza, che viola le case e le età, che deporta nei tunnel dove il buio è cerebrale. Che altro serve a partiti e candidati schierati su fronti opposti per schierarsi tutti assieme sul fronte banalissimo e purtroppo immateriale della civiltà? La civiltà non può accettare l’ipocrisia dei distinguo, le elucubrazioni “a favore o contro”, le miserie delle convenienze, le alzate di spalle (“tanto quelli si sono sempre ammazzati tra loro”) e, al contrario, la ricerca ipocrita di giustificazionismi di ogni tipo alla carneficina.
Chiediamo un momento, un atto pubblico. Quando? Presto. In che modo? Lo vedranno, lo decideranno, quelli che vorranno accettare la proposta. Certo, ne siamo certi, le associazioni – come sempre – si mobiliteranno. Ma se tutta la politica, per una volta, si mobilitasse prima di chi si mobilita sempre? Se i candidati presidente, l’esercito delle liste a supporto, i fans rispettivi, fossero tutti assieme in un silenzio parlante con una fiaccola in mano? Sarà pure – la nostra - fantasia, illusione, esempio di neuroni fuggiti. Eppure ci si crede. Si crede alla differenza tra una politica che non smarrisce le priorità e quella che si perde in beghe di condominio dipingendole come questioni vitali. Cosa c’è di più vitale della vita?
Questo appello tiene preventivamente in conto le critiche. Quindi si risparmi il tempo degli sfottò. Se ci sono altre idee sono benvenute. Ma non si dica, per favore, “tanto non conta”. Il simbolico, se onesto, fa arrivare la voce dove non si immagina. Nel lontano febbraio del 2002, ad esempio, immaginammo a Trento un sogno di pace quando scoppiò la guerra in Iraq. Immaginammo che tutto il Trentino potesse cantare, recitare, ballare “Imagine” di Lennon (“La pace all’ora del Tu”). Accadde, con migliaia di voci a Trento ed in Provincia. Non fermammo né guerre né dolori. Ma chi ci fu si sentì meno solo. Non è nulla ma non è nemmeno poco.