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Monopattini e nuovo codice della strada: “Gran confusione sulle norme, così passa un messaggio punitivo che spaventa i cittadini. Obbligo casco? Inapplicabile per lo sharing”

Per gli addetti ai lavori la riforma firmata dal governo rappresenta “un pasticcio” su diversi fronti per quanto riguarda il mondo dei monopattini in sharing: "E' passato un messaggio molto forte e punitivo che ha spaventato i cittadini - dice a il Dolomiti Andrea Giaretta di Dott -. I monopattini non possono essere omologati con porta-caschi o con eventuali carichi di altro tipo: sbilanciando il mezzo si aumenta il rischio di caduta"

Di Filippo Schwachtje - 24 gennaio 2025 - 06:00

TRENTO. Dall'obbligo del casco a quello dell'assicurazione passando per le nuove targhe che dovranno essere apposte sui mezzi: sono diverse, e impattanti, le novità introdotte nel mondo dei monopattini elettrici e della micro-mobilità cittadina nel nuovo codice della strada firmato Matteo Salvini. Novità che, al netto degli effetti sui singoli cittadini legati all'uso del casco per gli spostamenti (per gli obblighi relativi a targa e assicurazione mancano ancora infatti i decreti attuativi), interessano in particolare quelle realtà legate ai servizi di sharing nelle varie città d'Italia, Trento compresa, che secondo il Sole 24 Ore hanno già segnato un -30% nel primo mese dall'introduzione delle novità normative. Proprio a Trento, l'anno scorso una delle due aziende fornitrici dei monopattini elettrici in città aveva annunciato il ritiro dei propri mezzi per “scarsa redditività e normative sempre più stringenti” (Qui Articolo), citando il timore dell'introduzione dell'obbligo di indossare il casco alla guida dei monopattini come uno dei fattori decisivi

 

Timore che, come detto, si è poi concretizzato: i controlli sono iniziati il 14 dicembre e anche nel capoluogo trentino sono scattate le prime multe (sanzioni da 50 euro). A livello pratico infatti, spiega a il Dolomiti Andrea Giaretta, direttore generale Europa dell'Ovest, Sud e Medio Oriente di Dott, una delle più grandi realtà nel settore del noleggio e operante a Trento con circa 250 mezzi, l'obbligo del casco nel contesto dello sharing è, di fatto, “inapplicabile”. Ma procediamo con ordine. “Le modifiche previste sono come detto tre – spiega Giaretta –. Per quanto riguarda l'obbligo di contrassegno per i monopattini, di fatto l'unico fattore necessario a rintracciare i mezzi condotti in maniera scorretta, manca ancora un decreto ministeriale che ne definisca la modalità attuativa. Sul fronte assicurativo, nella norma si fa poi riferimento all'Rc (responsabilità civile ndr) auto: le stesse compagnie assicurative non sanno come muoversi nei confronti dei monopattini, visto che si tratta di una polizza che secondo la legge italiana e quella europea non può applicarsi a questi veicoli”.

 

Più complicato poi il discorso per quanto riguarda il casco: “I monopattini – dice infatti Giaretta – non possono essere omologati con porta-caschi o con eventuali carichi di alto tipo: sbilanciando il mezzo si aumenta il rischio di caduta. Per questo pensare di applicare un obbligo del genere ai servizi di sharing è impossibile: semplicemente non abbiamo modo di fornirlo senza inficiare l'omologazione del mezzo”. L'unica alternativa è che gli utenti si portino dietro un casco per poi prendere a noleggio i monopattini in città, ma chiaramente in questo modo l'intero concetto di mobilitàlight” si complica. “C'è poi un altro aspetto – dice il direttore generale d'area di Dott –: i monopattini che non viaggiano oltre i 25 chilometri all'ora, come i nostri, e non superano i 250 watt di potenza sono di fatto equiparati ai velocipedi, per i quali l'utilizzo del casco, per legge, non è obbligatorio. Si tratta quindi di un obbligo, almeno in parte, in contraddizione con la normativa vigente e che apre la strada a possibili contestazioni di eventuali sanzioni. Per questo la nostra richiesta alle autorità è di correggere gli aspetti più confusi introdotti nella norma, sia sul fronte assicurativo che in merito all'obbligo di indossare il casco”. 

 

In generale infatti la confusione, soprattutto per gli utenti, è tanta: “Sembra un po' lo stesso effetto che hanno lamentato i ristoratori sul fronte del consumo di alcolici: è passato un messaggio molto forte e punitivo che ha spaventato i cittadini. Sono necessari degli aggiustamenti per chiudere, per così dire, il cerchio”. La stessa Dott, continua Giaretta, non è certo contraria a una maggior regolamentazione, in particolare per quanto riguarda l'assicurazione: “Ben venga, noi siamo assolutamente favorevoli e fin dal 2019 abbiamo stipulato una responsabilità civile per coprire eventuali danni a cose o persone. Per il mondo dello sharing introdurre però l'obbligatorietà del casco rappresenta un problema non da poco, a maggior ragione se pensiamo che i nostri mezzi sono come detto equiparati ai velocipedi, per i quali l'ambito di utilizzo è considerato sufficientemente sicuro, e che negli ultimi tre anni non si sono registrati incidenti mortali nel contesto dello sharing. Per i mezzi più potenti poi, ovviamente, è giusto prevedere l'obbligo di protezioni”. 

 

Per gli addetti ai lavori insomma, la riforma firmata dal governo rappresenta “un pasticcio” su diversi fronti: “Se la normativa dovesse consolidarsi – continua il responsabile di Dott – ci sarà da una parte un tema giuridico e dall'altro il rischio di venire meno, come massa critica, in un mercato in fase di crescita. Sarebbe un peccato avere un 'ministro dei no' che non permette lo sviluppo di un settore che stava andando molto bene”. Senza sbilanciarsi sul futuro, per Giaretta è importante riuscire a sciogliere i nodi normativi introdotti e che, a livello continentale, sono un unicum: “Dott opera in circa 20 Stati – dice – l'ossatura dell'azienda è franco-tedesca, con grosse componenti in Italia, Spagna, Nord Europa, Polonia. Operiamo anche nel Regno Unito, a Dubai, in Israele ma da nessuna parte abbiamo riscontrato problemi di questo tipo e, va detto, non è una buona pubblicità per il nostro Paese, dove la normativa nel settore è cambiata cinque volte in cinque anni”.

 

In tutto l'azienda opera oltre 240 mila mezzi, tra monopattini e biciclette a pedalata assistita, 18mila dei quali, circa, in funzione in Italia e 250 a Trento: “Lavorando in diversi contesti – conclude Giaretta – attingiamo a un gruppo di utenti molto ampio e per noi diventa quindi più semplice avere massa critica. A soffrire maggiormente delle conseguenze di questa eccessiva regolamentazione è più che altro la piccola e media impresa italiana. Per noi Trento rappresenta comunque una città con buoni risultati e l'importante flusso turistico dall'area tedesca, dove abbiamo una grossa presenza, ci ha aiutato permettendoci di investire in città e rimanere in attività sul territorio”.

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