L'ordinanza di Fugatti rischia di dare il colpo di grazia agli spettacoli dal vivo
Giornalista, ha lavorato per Alto Adige, Gazzettino e Trentino
Ma avranno un’idea – basterebbe anche bislacca - della realtà? Sono ignoranti – (nel senso che ignorano, sennò si offendono) – del calvario patito per oltre un anno da chi opera nel mondo dello spettacolo? Oppure c'è una certa cattiveria di fondo? Domande senza risposta. E se risposta ci sarà è probabile sia vaga, magari anche piccata o arrampicata allo specchio della loro presunta infallibilità. Ma sono domande legittime - tristemente legittime – quelle suggerite dell’ordinanza emanata il 2 luglio da “sua presidenza” della Provincia, Fugatti. Si fosse almeno confrontato con gli addetti ai lavori. Anche per finta.
L’ordinanza riguarda gli spettacoli dal vivo, (oltre che attività sportive e rifugi). Se le norme non saranno subito cambiate e migliorate chi promuove cultura e socialità dovrà rivolgersi alle pompe funebri dell’arte per predisporre le proprie esequie. Meglio non farsi equivocare. Non c’è alcuna obiezione al fatto – anzi all’obbligo – di garantire un’accurata prevenzione anti Covid in un momento in cui il virus è in arretramento, (grazie ai vaccini e non per grazia ricevuta). La tendenza anche da parte dei più attenti potrebbe essere quella di dare il Covid per sconfitto e ricacciarsi nei guai. C’è però una bella differenza tra imporre regole per una ripartenza più sicura dell’aggregazione – (arte, sport, eccetera) e dare la mazzata definitiva a chi ritenta, non senza fatica e patemi, di organizzare eventi per tornare a campare con meno angosce.
La delibera di Fugatti - probabilmente suggerita a “sua presidenza” da chi non sa o non vuole sapere di che cosa si parla – è un trionfo della contraddizione. Se non sarà rapidamente corretta, (ieri, non domani), rischia di procurare ulteriore e definitivo danno. Un danno serio per i soggetti promotori di spettacolo e un danno per il pubblico che dà alle ritrovate possibilità di incontro la valenza dell’ossigeno dopo la lunga apnea virale. Per gli impianti e strutture al chiuso gli spettacoli sono permessi previa prenotazione, con capienza non superiore al 50 per cento, con distanziamento dei posti e con la novità del green pass o il tampone recente. L’estate esclude i posti al chiuso, ma se la regola resterà anche dall’autunno le file per i controlli faranno sì che per entrare a teatro la sera sarà meglio presentarsi la mattina.
Il problema vero riguarda “l’aperto” – cioè quel che ha ricominciato pe fortuna ad accadere ed accadrà ancora nel Trentino delle città e nel Trentino della periferia, non necessariamente turistiche. Sua presidenza evidenzia per l’aperto la curiosa differenza tra “strutture dedicate”, (metti il cortile di un castello o di un palazzo storico) e luoghi liberi, (come parchi, piazze ed altri spazi utilizzabili per spettacolo o sport). Ed ecco il capolavoro. Per gli spettacoli all’aperto dentro strutture “dedicate” oltre a prenotazione, capienza dimezzata e distanziamento, il pubblico deve presentare anche il green pass, (la documentazione dell’avvenuta vaccinazione). Calcolando che la maggioranza dei giovani non è nemmeno alla prima dose (anche perché il Trentino è stato tra gli ultimi in Italia a dar loro la possibilità di prenotarsi) e che i giovani usano frequentare lo spettacolo dal vivo, tirate voi le somme. Che per chi organizza saranno perdite.
Per gli spettacoli all’aperto in spazi non dedicati, non sono previsti invece limiti di presenza. E nemmeno green pass o tamponi “ancora freschi”. Meglio tradurre. Meglio fare un esempio che ne vale un sacco. A Trento sta per iniziare il programma, (bello), del Teatro Capovolto – (il palco del Sociale su piazza Battisti per una platea ridotta). Prenotazione più green pass per chi starà seduto nella piccola platea – (opportunamente distanziato) – ma nessuna prenotazione, nessun green pass per chi starà nella piazza, fuori dal teatro all’aperto che quest’anno non sarà schermato. Il rischio è la moria delle prenotazioni e l’affollamento esterno al teatro all’aperto per vedere spettacoli. Per altro senza pagare e scambiandosi – da vicino – pacche sulle spalle e respiri.
Ma non solo. Nel cartellone del Teatro Capovolto c’è anche il teatro ragazzi. La delibera provinciale non pone limiti ai minori di 16 anni ma forse i tecnici di sua presidenza non sanno che al teatro i ragazzi ci vanno le famiglie. Sarà piuttosto complicato per gli organizzatori far entrare i bambini da soli e tenere fuori il genitore senza green pass. Per gli spettacoli in spazi “non dedicati” la delibera di sua presidenza assomiglia dunque ad un infido scaricabarile. In una piazza, fuori dal plateatico di un locale che ospita arte dal vivo, non si pongono limiti al numero di spettatori ma c’è un “almeno che''. “Almeno che per la conformazione dei luoghi risulti necessario prevedere un numero massimo di spettatori al fine di garantire il distanziamento personale di almeno un metro”.
Ma chi e come dovrà garantire il distanziamento? Nella delibera si lascia intendere che chi organizza deve prevedere “un numero adeguato di addetti” per far stare le persone ad un metro l’una dall’altra. “Anche in piedi”, per bontà di sua presidenza. Se in un parco ci vanno mille persone, quanti “addetti” al controllo dovrà disporre chi organizza eventi? E con che autorità? Li pagherà sua presidenza? Anche in questo caso meglio ricorrere all’esempio, evitando battutacce che pure verrebbero naturali. Tra pochi giorni ci sarà il primo dei mega happening artistici di strada proposti dal Comune di Trento. Tutta la città sarà un palcoscenico, (20 esibizioni sparse e contemporanee). Ci sarà folla e per “regolarla” secondo le norme della delibera il Comune dovrebbe mobilitare qualche bel centinaio di “addetti” che pure non basterebbero.
Come la mettiamo? Aboliamo “Arte in bottega” per impraticabilità di controllo? Aboliamo anche tutto il resto che sta animando e animerà il Trentino della “ripartenza” sociale che sta impegnando enti, associazioni, privati? E quanti saranno i promotori di spettacolo che si attrezzeranno per far rispettare alla lettera ciò che pare tecnicamente impossibile? Quanti alzeranno bandiera bianca? La macchina dell’intrattenimento e dell’aggregazione che ha finalmente ripreso a muoversi rischia di dover tornare nel garage della disperazione occupazione, economica e psicologica.
Fa specie, per l’ennesima volta, dover constatare come sua presidenza (e chi lo consiglia), riescano a fare il contrario di quel che servirebbe. Fanno specie le delibere “a ciel sereno”, un po’ scimmiottando lo Stato e un po’ peggiorando in proprio in nome dell’Autonomia. Fa specie che si penalizzano le realtà culturali, le organizzazioni, che già prima delle prime scellerate chiusure si erano organizzate al meglio e inutilmente per assicurare la salute del proprio pubblico e dei lavoratori dello spettacolo. Fa specie che non ci si preoccupi di sapere come funzionano le dinamiche e le abitudini che caratterizzano lo spettacolo all’aperto. Fa specie che si deliberino regole rimettendo da un giorno all’altro nelle peste settori già in lenta e affannata ripresa.