L'assessore e le quote possedute dell'azienda che costruisce il bypass: se bastan 1.000 euro a misurare l'etica (e se il sindaco non farebbe meglio a dire ''ha sbagliato'')
Giornalista, ha lavorato per Alto Adige, Gazzettino e Trentino
“Forse l'etica è una scienza scomparsa dal mondo intero. Non fa niente, dovremo inventarla un'altra volta”. Lo dice Borges: lo scrittore. Può essere che il sindaco di Trento, uomo di indubitabile cultura, sia incappato in questa metafora durante qualche sua lettura tra un post sui social e un altro. Può darsi che abbia deciso di seguire l’indicazione di Borges. A modo suo però. Eccolo dunque impegnato nel reinventare l’etica attraverso una teoria tanto curiosa quanto frettolosa, difensiva ed umorale.
Ianeselli, dunque, ha stabilito che per l’etica ci deve essere un’unità di misura. Fino ai mille euro (e sotto i mille euro) l’etica non va scomodata. Chi la tirasse in ballo merita del provocatore. Si può tranquillamente infischiarsene considerando i dubbiosi e ancor più i critici come inguaribili rosiconi. L’elaborazione del sindaco non spiega se sopra i mille euro l’etica può riaffacciarsi e trovare un qualche spazio di morale cittadinanza. Resterà il dubbio ma vista la probabilità che la teoria del sindaco sia solo in fase embrionale ci si possono aspettare ulteriori precisazioni. Questa tiritera - (che tiritera non è perché da chi amministra ci si può aspettare di tutto meno che dare strampalata scientificità all’assurdo) - è legata alla reazione del sindaco alla notizia che il suo assessore alla mobilità detiene 600 azioni della Webuild, la mega società capofila di un consorzio di imprese. Il consorzio, cioè, che si è aggiudicato la realizzazione del groviera con due buchi soli (ma enormi) che farà passare i treni merci sotto la montagna di cittadina, da Mattarello allo scalo Filzi, in piena città.
Seicento azioni che valgono ad oggi 1,67 euro l’una sono spiccioli: fuori luogo disquisire di un investimento. È vero, a cederle adesso quelle azioni porterebbero nelle tasche dell’assessore Facchin mille e due euro (per la precisione di borsa). E’ infima cosa se ragiona di patrimoni, di guadagni. Ma il tema è un altro e Ianeselli non può non porselo. Il tema è tanta cosa. Il tecnico che il sindaco ha voluto per la mobilità della sua Trento futuribile è il principale interlocutore delle Ferrovie per conto del Comune. Per l’amministrazione, Facchin si occupa della partita a tutto scavo di cui la città ancora non ha esatta contezza anche se la preoccupazione non coinvolge certamente solo le chiassose ed eccessivamente ideologiche avanguardie No Tav di casa nostra.
Non c’è alcuna normalità nel fatto che un assessore di provenienza ferroviaria, chiamato a gestire in accordo con il fideistico ardore del sindaco un grande progetto ferroviario (e urbano) si ritrovi nel portafoglio le azioni della società che costruirà proprio quel passante miliardario. Che le azioni siano tante o poche non fa differenza. È poi risibile, oltre che un attimo arrogante, la tendenza a fare spallucce di fronte a più che legittime perplessità. Non si tratta di fare i conti in tasca a Facchin perché mille euro non ti fanno nababbo, né speculatore. Si tratta, però, di non minimizzare scocciati i dubbi che riguardano una certa, evidente, leggerezza di Facchin. Il tema è, banalmente ma fortemente, quello dell'opportunità. Nell’amministrazione e nella politica badare all’opportunità (che non va confusa con l’opportunismo) è una questione di sostanza. Vera sostanza.
Ha un bel dire il sindaco – sempre che la cronaca virgolettata non abbia travisato – che Facchin non è il proprietario di Webuild. Ha un bell’insistere nello spiegarci che mille euro di azioni non fanno dell’assessore un furbetto speculatore. Ha coraggio nel ribadire che l’appalto del by pass ferroviario non è stato effettuato dal Comune. Ianeselli rischia di scottarsi nella sua scoperta dell’acqua calda. Nessuno accusa Facchin di arricchimento azionario. Non pare ci siano leggi violate o malversazioni. Nessuno dice che l’appalto del by pass è comunale. Eppure quelle azioni di scarsa resa acquistate da Facchin non sono state una “buona azione”. Non è solo una questione di trasparenza, che pure è un argomento non glissabile. È, appunto, una questione di opportunità.
La casuale scoperta di un assessore azionista mignon di Webuild rafforzano le tesi di chi a torto o a ragione denuncia quotidiane opacità del progettato by pass ferroviario. Un progetto (anzi, oggi una realtà di iniziali demolizioni propedeutiche al tracciato) che sarà pure lungimirante ma che ancora non ha tranquillizzato alcuno quanto ad incognite: ogni giorno in crescita. Tra le incognite, al netto dei disagi che verranno quando le super trivelle riempiranno migliaia di camion di detriti e disagi, quella ambientale, (l’inquinamento di determinate aree) è al momento più grande de buchi che bucheranno la montagna di Trento. L’opportunità di non trasformarsi in un potente acceleratore di ulteriori polemiche avrebbe potuto (dovuto) essere presente a Facchin al momento di acquisire quote di una società con la quale probabilmente prima o poi avrebbe avuto a che fare come amministratore comunale. E quel punto a cosa fatta come sarebbe stato più corretto agire? Dichiararlo subito, immediatamente, al momento dell'aggiudicazione: ''Sappiate che...''. Per evitare polemiche e sospetti poi.
Il sindaco, poi, non avrebbe dovuto ignorare l’opportunità di dire, una volta venuto a conoscenza della vicenda, che investire in quelle quote è stato un errore piuttosto grave da parte del suo assessore. Dove sta la difficoltà? Dove sta l’imbarazzo nel rispondere alla richiesta di dimissioni almeno con uno scappellotto al suo assessore piuttosto che con un adirato schiaffo ai critici? Non si sa e non interessa sapere quando Facchin ha comprato le azioni di Webuild. Le avesse avute prima dell’incarico in Comune (così si spera) non modificherebbe nulla. Bastava venderle. Bastava evitare di dare occasioni tanto a chi tiene all’etica quanto a chi la strumentalizza spesso esagerando.
Ma l’esagerazione inconcepibile stavolta è venuta dal primo cittadino che nella foga di difesa di Facchin (legittima, ci mancherebbe) ha trattato l’etica come merce piuttosto che come valore. Un centesimo di etica vale come un miliardo. Ianeselli certo lo sa e ci crede. Si metta e ci metta nelle condizioni di non doverla pesare. L’etica.