La politica dei copioni al tempo dei video sui social: filmati tutti uguali con candidati imbarazzati (e imbarazzanti). Ma non è meglio incontrare persone vere?
Giornalista, ha lavorato per Alto Adige, Gazzettino e Trentino
Coraggio: manca poco. Coraggio: domenica si vota. Finalmente. Quelli facili all’offesa, pronti all’accusa di qualunquismo, si diano per favore una calmata. Qui non si bistratta la democrazia: la si rispetta poiché è una conquista anche quando la si travisa. Qui, dunque, si conosce e si difende l’importanza democratica di un’elezione, nella fattispecie quella per chi governerà il Trentino dalla prossima settimana. Il voto incide sulla nostra esistenza anche se ce ne freghiamo. Incide anche se ci si tira fuori o in disparte perché stanchi della nausea del già visto, del già sentito, del già tradito.
Il “manca poco” elettorale di cui sopra, il relativo “finalmente”, è la certezza (o la speranza) che da lunedì prossimo, il 23 del corrente mese, cellulari, tv e altri mezzi saranno liberati dal virus della noia comunicativa. Una noia tanto costosa per chi la produce quanto per chi, volente o nolente, la subisce. La video promozione elettorale ha da tempo sostituito quell’Everest di carta che ingolfava le bussole della posta. La ammassava, la carta, nel fastidio e nei commenti feroci sui soldi buttati nella “depliantistica”.
Sui cellulari, su quei “social” così uguali e così diversi che consumano la pila del nostro “dispositivo” e a volte anche i neuroni di chi ne abusa, tornerà ad imperversare ciò che ha sempre imperversato. E cioè la commentiade senza succo dei vacanzieri, gli auguri di compleanno di chi fa gli auguri a tutti senza nemmeno conoscere il festeggiato, l’offerta di scarpe e mutande a prezzo infimo, la proposta di rifarti il bagno in dieci secondi sostituendo la vasca con la doccia, la filosofia da baci Perugina. Ancora, il pettegolezzo spinto oltre ogni limite. Poi qualche utile annuncio di eventi vari che si smarrisce tra una scarpiera magica e una poltrona relax che alla fine delle balle costa quanto una Frau così come quei divani ormai angoscianti che te li tirano dietro solo fino a quando non ti presenti in negozio e ti viene un coccolone nel conoscere il prezzo vero.
Dal vangelo quotidiano del nulla che scorre sul cellulare, il nulla che però inchioda ad una finta attenzione ogni età ed ogni cultura, spariranno dunque i video elettorali. Sono i video tutti uguali nonostante i diversi protagonisti. Sono quei filmatini capaci di santificare (senza tuttavia escludere gli intramontabili “santini” con simbolo e faccia) l’assenza di fantasia, di personalità, di originalità. Sono video che innalzano a sistema mediatico la tendenza a ridurre il messaggio ad un trionfo dell’inutilità. Un’inutilità che tuttavia ingrassa chi produce gli spot e svuotano i portafogli di chi spera in un seggio. Nessuno contesta il “cosa” dei video messaggi elettorali diffusi da destra e da sinistra fissando con un imbarazzo commovente le telecamere professionali o quelle casarecce dei cellulari.
Il “come” si comunica, però, meriterebbe un urgente riflessione non tanto tra gli esperti quanto tra gli elettori. Questi ultimi, infatti, sono condannati come non mai all’indistinto e all’indistinguibile. Gli esperti, si sa, sono spesso furbacchioni. Fanno credere al candidato che tra lui/lei e un premio Oscar passa poca differenza. Il candidato annaspa nonostante lo sforzo immane? Loro lo elogiano, presentano il conto e morta lì. Ma l’elettore? Al netto di quanti conoscono e sceglierebbero questo o quello anche se fosse muto ci sono coloro - tanti crediamo - che non disdegnerebbero di essere almeno incuriositi. Spererebbero in volti meno tirati, meno prigionieri da una staticità respingente.
A che servono i video elettorali se annullano ogni differenza replicando tutti (ma davvero tutti) la stessa modalità comunicativa? Così come in matematica (cambiando l’ordine degli addendi la somma non cambia”) anche nella video politica cambiando le appartenenze di partito non cambiano i termini. Non cambia l’impaccio. Non cambiano le pose innaturali e le letture goffe di elenchi della spesa: il programma in estrema sintesi. Cosicché anche lo slogan o la promessa più onesta e condivisibile cade nell’inefficacia e nell’anonimato. In queste settimane le singole video promozioni dei candidati sembrano davvero dar ragione a chi scappa a frotte dalla politica del “sono tutti uguali”.
Naturalmente tutti uguali non sono né nell’impegno, né nella proposta. Ma tutti uguali, purtroppo, appaiono quando sfruttano alla stessa maniera quei pochi secondi nei quali toccare quanti più problemi possibile come se recitassero una rubrica telefonica. E allora vai di sanità, di lavoro, di casa, di diritti, di orsi e lupi, di turismo e stranieri con l’angoscia di non scordarsi nulla mentre chi li ascolta è portato a dimenticarsi tutto perché non c’è tono o postura che faccia scattare un minimo di attenzione. Non c’è nulla che almeno un poco intrighi. In realtà accade, forse, che quando si accende la lucina della telecamera si spengono la normalità e la spontaneità. Così il messaggio politico, bello o brutto che sia, precipita nell’artefatto e perde drammaticamente di credibilità, di appeal.
Poco conta che qualcuno s’azzardi a parlare con la finta scioltezza di una camminata che lo confonde e confonde chi guarda. Poco conta che abbozzi un sorriso per lo più forzato e quasi sempre fuori tempo e fuori luogo. L’eccesso di concentrazione di fronte ad un mezzo improprio – la telecamera può essere una pistola puntata – annulla il sentimento, l’anima, e capita inesorabilmente che la forma (tentennante) prevalga sulla sostanza (del messaggio). Certo non si può chiedere a pinco o a pallo, ai candidati della ressa di partiti in corsa elettorale, di trasformarsi di colpo in chi sa padroneggiare le ferree (e creative) regole di Tik Tok, You Tube, Instagram, Facebook. Non si possono pretendere balletti, canzoncine, castronerie, invenzioni o perfino quei mutismi più loquaci di qualsiasi discorso che hanno arricchito di seguaci planetari e di soldi a valanga il simpatico Khaby Lame.
Ci si sarebbe accontentati anche di un minimo tentativo di non omologazione al ribasso, di pose meno stantie, di una limitazione della solennità a condimento di ogni argomento, eccetera. Chi cerca un esempio di quanto sia ampio il distacco tra la politica (anche quella in buona fede) e la realtà, beh ecco un suggerimento/esperimento. Si guardino in sequenza anche casuale i video dei candidati di ogni latitudine o parrocchia politica e si provi ad arrivare in fondo chiedendosi chi ci è rimasto in testa alla fine del calvario. Avessimo qualche euro da buttare rischieremmo perfino un concorso sapendo che nessuno vincerà e che il montepremi resterà intatto. Banalizzare non è mai una genialata ma il genio non ci si addice. Ciononostante un consiglio postumo, tardivo e certamente ormai inutile lo buttiamo lì comunque a candidati.
La prossima volta, la prossima campagna, se parlate di voi, di noi, dei problemi e delle soluzioni investite in bianchi, spritz, caffè o minerale per i salutisti. Se vi sta a cuore la sanità piazzatevi davanti ad un ospedale, se vi sta a cuore il lavoro fermate un rider, se vi interessa la scuola infiltratevi tra gli studenti. Più che dire, fate dire e meditate. Fate quello che vi pare, dite quello che vi pare e dove vi pare ma non fatevi filtrare da una telecamera che con o senza post produzione vi allontana da voi stessi (e da chi vi vede). Chissà come sarebbe bella, chissà perfino motivante e coinvolgente, una politica che non ha bisogno di un copione. Specie quando un copione recitato con affanno rende tutti improbabili.
Ps.
L'immagine di Elena Dardo non c'è nella foto di corredo al pezzo perché i video della candidata di Alternativa non li abbiamo trovati sulla sua pagina personale. L'articolo, comunque, si riferisce più alle decine di video che circolano sui social dei candidati delle varie liste (quelli di seconda, terza, quarta e anche trentesima fascia) che a quelli dei candidati presidente che però, in qualche modo, li rappresentano tutti. E allora eccoli lì, con i loro ''faccioni'' che valgono per quelli di tutti gli altri, campioni di schiere di ''attori'' improvvisati davanti a telecamere e smartphone che confezionano video di 25 secondi pieni di niente.