Contenuto sponsorizzato

Capitale italiana della cultura. Il vero "colpo d'Ala" è il metodo con la promessa di "fare" anche senza vincere

Presentata in pompa magna la candidatura nazionale. I cinque sensi da declinare in un anno di eventi: cento e più proposte di spettacolo, arte, ricerca, riconquista creativa degli spazi, inclusione, ambiente e tecnologie. La "rete" tra festival, musei, realtà di produzione e circuitazione, pubblico e privati ha costruito il dossier fatto in casa Un "sistema" che se non sarà un bluff conta molto più dell'esito della sfida con altre 22 città
DAL BLOG
Di Carmine Ragozzino - 05 novembre 2021

Giornalista, ha lavorato per Alto Adige, Gazzettino e Trentino

Shakespeare non se la prenderà se prendiamo a prestito il suo Amleto e se bistrattiamo la sua frase più famosa e più abusata. “Essere o non essere”, recitava la prima scena del terzo atto della tragedia. Nell’incontro che ieri ha ufficializzato in pompa magna la candidatura di Ala a capitale italiana della cultura 2024 non ci sono stati “dubbi amletici”: la fiducia non costa nulla. Tuttavia l’essere o non essere shakespeariano potrebbe avere una variante: esserci o non esserci, paradossalmente, non è il problema.

 

 E’ fuori strada chi pensasse che Ala aderisce al motto di quel de Coubertin cui nessun atleta ha mai creduto. Per Ala l’importante non è solo partecipare alla gara tra 23 città, che diventeranno dieci dopo la prima scrematura, poi tre e infine una: la capitale della cultura per un anno. Capitale che potrà contare su un milione di euro ministeriali (il progetto di Ala costa tre milioni) e concretizzare con in un palco nazionale le proprie ambizioni cultural-turistiche.

 

  Ala corre ovviamente per vincere. Ma se perdesse non dirà “grazie, è stato bello”. Se la giuria dovesse negarle la soddisfazione non butterà nel cestino il suo progetto/sogno e questo –gratta gratta – è l’aspetto più importante della candidatura. Perché? Perché il progetto di Ala propone un “metodo” che vale tanto e forse perfino più del contenuto.

 

  Il sindaco Soini non ci gira intorno: “Lo sforzo, la passione, l’intenso lavoro collettivo che ha portato alla costruzione del dossier da presentare a Roma sono un imperativo morale per questa, per le prossime amministrazioni e per la Provincia”.  Traduzione: se dovesse andare male la legittima frustrazione dovrà durare un nulla. Le cento e più proposte che compongono il progetto - si giura - verranno realizzate comunque, misurando la coerenza del sostegno istituzionale, pubblico e privato  sul quale oggi la scommessa di Ala può contare.

 

 Al di là della filosofia e dei contenuti conseguenti del progetto per “Ala capitale” l’aspetto che più intriga (si scoprirà presto se siamo di fronte ad una vera novità o all’ennesima illusione) è la sperimentazione di un cambio di paradigma nel rapporto tra i tanti soggetti culturali del Trentino. La parola “sistema” – si sa – è una foglia di fico per tutte le stagioni. Ma nella costruzione del progetto di Ala il “sistema” non sembra essere stato uno slogan. Il dossier assembla più voci, tante voci, e per una volta non cantano ognuna in proprio.

 

 Meno autoreferenzialità e più collaborazione, meno gelosie o presunzioni e più intrecci: questo il “Colpo d’Ala” che marca l’architettura della candidatura.

Ecco perché una necessità del presente (il dossier da presentare) domani potrebbe diventare una prassi utile a dare una dinamica più creativa e coraggiosa all’impianto culturale del Trentino. Senza la scelta di tessere una rete davvero vasta di interlocutori, chiamati a dare corpo (le iniziative) ma anche anima al progetto, la candidatura sarebbe stata nulla più che un presuntuoso salto nel buio.

 

 Senza la decisa rivendicazione che un buon progetto si può fare anche senza abdicare alle proprie competenze per mettersi nelle mani degli eroi del copia incolla (le agenzie che vendono a peso d’oro confezioni vuote d’anima) la candidatura di Ala sarebbe stata poca cosa. 

 

  Invece, indipendentemente dall’esito della sfida, c’è “tanta cosa” nel modo in cui musei, festival, enti di produzione e distribuzione di spettacolo, associazionismo non solo culturale, imprenditori e altri soggetti hanno accettato l’idea di declinare  l’esperienza pluri - sensoriale che sta alla base del progetto.

 

 “Ala in tutti i sensi” vuol dire che la città dei palazzi storici, dei giardini e di un centro d’altri tempi deve attrezzarsi ad ospitare una multidisciplinarietà culturale che alza ponti anziché muri. Si cerca di proiettare un passato nobile dentro un futuro che si vorrebbe ecologicamente e anche socialmente meno ignobile. Ala in tutti i sensi vuol dire che corre l’obbligo di dare un senso alla storia – quella magica dei velluti ad esempio – senza metterla sotto teca ma contaminandola con la contemporaneità artistica.

 

 Ala in tutti i sensi vuol dire anche dare un senso pratico (di teorie se ne hanno piene le tasche) all’inclusione, alla partecipazione e al coinvolgimento. La tecnologia, il digitale saranno il mezzo. Nel progetto ci sono le proposte per far diventare ancora più amico l’ambiente, per garantire la fruizione anche a chi ha più problemi, per mescolare i linguaggi culturali con funzione di incontro, avvicinamento, comprensione e dialogo tra generazioni.

 Ala in tutti i sensi vuol dire dare un significato del tutto nuovo alla geografia, alle abitudini e ai limiti. Da città di passaggio (autostrada, treno e vista distratta) Ala vuol diventare una mèta. Le culture – sì perché devono essere insieme al plurale e plurali -  avranno il compito di invertire le rotte, di facilitare permanenza e scoperta attraverso gli eventi e la rivisitazione creativa dei luoghi.

 

 La candidatura a capitale italiana della cultura arriva dopo che nel 2018 Trento restò al palo. Non lo si ricorda per portare iella ma, al contrario, per dare tutta l’importanza che merita alla promessa di non considerare la sfida nazionale l’unico traguardo.

 

 Anche a Trento – che s’affidò più ai soloni d’agenzia che al coinvolgimento della città che fa cultura – si disse “Comunque vada, non ci fermeremo”. Delle enfatiche idee per Trento non c’è stata però più alcuna traccia dopo che Palermo conquistò il titolo.

 

  La passione respirata nella presentazione di Ala permette ottimismo (l’assessore provinciale Bisesti sappia che le sue rassicurazioni sul “dopo”, sulla “rete” e sul “sistema” culturale sono registrate). D’altra parte Ala è una specie di unicum in Trentino se è vero che il 20 per cento del suo bilancio viene già oggi investito in cultura. Eccola la sostanza che porta dunque a ripetere la storpiatura dell’Amleto: “Esserci o non esserci, non è questo il problema”.

 

 Se Ala ce la farà, viva Ala e la sua caparbietà tra senno e follia. Se andrà storta si faccia tesoro del “colpo d’Ala” che ha messo in moto sinergie culturali (istituzionali e pure sociali) spesso inusuali e in ogni caso non scontate.

 

  In fondo si tratta solo di cambiare un articolo: da “la capitale” a “Il capitale”. La rete, il sistema, lo scambio – ma quelli veri non la retorica stanca di ogni convegno – sono “il capitale” per cambiare in meglio il Trentino.  Si tratta di investirlo bene.

Contenuto sponsorizzato
Contenuto sponsorizzato
In evidenza
Esteri
23 gennaio - 17:52
La stampa tedesca ha bollato come un ''saluto hitleriano'' quello fatto da Musk durante la cerimonia di insediamento di Trump e questa notte degli [...]
Cronaca
23 gennaio - 16:21
Il giovane era alla guida del autocarro da 35 quintali che ha tamponato ad alta velocità il mezzo pesante che lo precedeva. Come si evince dalla [...]
Cronaca
23 gennaio - 15:11
L'incendio partito dal presepe, una densa coltre di fumo ha invaso la chiesa. I vigili del fuoco in azione, anche con tanti motoventilatori. La [...]
Contenuto sponsorizzato
Contenuto sponsorizzato
Contenuto sponsorizzato