L’Epa: “Il glifosato non è pericoloso per la salute” e gli agricoltori chiedono di tornare ad usarlo. Coldiretti: “In Trentino utilizzo consentito ma ben regolamentato”
L’utilizzo del glifosato in agricoltura torna a far discutere: Confagricoltura Veneto chiede di poter continuare a usare questa sostanza, mentre in Trentino, in via cautelativa, si è cercato di puntare su una sua progressiva riduzione. Barbacovi: “Principi attivi di questo tipo vanno sempre utilizzati con metodo e moderazione”
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TRENTO. Da quando nel 2015 l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (Iarc) inserì il Glifosato (o Glifosate) fra le sostanze “probabilmente cancerogene” si aprì un grande dibattito pubblico circa l’opportunità del suo utilizzo in agricoltura. Trattandosi infatti dell’erbicida più utilizzato al mondo le preoccupazioni erano più legittime, oltre al fatto che fino al 2001 il brevetto apparteneva alla Monsanto (poi acquisita dalla Bayern), una delle multinazionali più contestate di sempre, e questo di certo non ha contribuito a migliorare la sua reputazione.
Ad oggi comunque viene prodotto da un gran numero di aziende che hanno contribuito alla sua diffusione: trattandosi di un prodotto vantaggioso dal punto da vista economico, ma paradossalmente anche da quello ambientale dal momento che la sua tossicità è inferiore rispetto a gran parte degli erbicidi utilizzati in precedenza. Inoltre questo agente ha la caratteristica di rimanere negli strati superficiali del terreno e di essere degradato e distrutto con relativa facilità dai batteri del suolo, tanto da essere utilizzato anche in aree urbane per l’eliminazione delle piante infestanti.
Fermo restando che ogni sostanza chimica porta con sé un suo grado di tossicità, bisogna comunque tener presente che nella stessa lista dell’Iarc, fra le sostanze “probabilmente cancerogene”, ci sono anche le emissioni da frittura in oli ad alta temperatura, le carni rosse e le emissioni prodotte dal fuoco dei camini domestici alimentati a legna.
Detto questo il recente studio condotto dalla statunitense Environmental Protection Agency (Epa), i cui scienziati “hanno eseguito una valutazione indipendente utilizzando i dati disponibili sul Glifosato”, ha riaperto il dibattito per via delle conclusioni molto forti alle quali si è arrivati, cioè che i prodotti a base di glifosato, utilizzati secondo le prescrizioni, non comportano rischi né per bambini né per gli adulti, ergo, gli attuali utilizzi non sarebbero pericolosi per la salute umana. Lo stesso studio spiega che non ci sono indicazioni che i bambini siano maggiormente sensibili a questo agente e nemmeno che esistano delle evidenze circa la possibilità che la sostanza provochi il cancro negli esseri umani. Infine per l’Epa non c’è nessuna indicazione che il glifosato sia un distruttore endocrino.
Queste considerazioni confermano peraltro gli studi condotti dell’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (Efsa) come quello che ha valutato la presenza del diserbante nei mangimi, compresi quelli d’importazione, concludendo che “non si ravvisano effetti nocivi del glifosato sulla salute di bovini, pecore, maiali, cavalli e polli” (approfondimenti QUI e QUI). Nel marzo 2019 la Commissione europea, in previsione del rinnovo delle licenze per l’utilizzo del glifosato (che scadono il 15 dicembre 2022), ha annunciato l’intenzione di nominare un gruppo di Stati membri correlatori della prossima valutazione. Il gruppo di valutazione della sostanza dovrà esaminare il fascicolo di richiesta e preparare un rapporto sulla valutazione del rinnovo, che sarà esaminato dall'Efsa nel 2021.
È altrettanto vero però che già in tre occasioni i tribunali americani hanno condannato Bayer-Monsanto a pagare risarcimenti milionari ad alcuni contadini ammalatisi di cancro e che per anni avevano utilizzato il diserbante “Roundup”, sostanza venduta anche in Italia e che fra i principi attivi annovera proprio il glifosato. Queste cause hanno aperto la strada a una serie di richieste di risarcimento (quasi 20mila) che, se andassero in porto, si stima potrebbero causare un danno alla multinazionale pari a 5 miliardi di dollari. Va precisato però che negli Stati Uniti esistono molte meno restrizioni circa le modalità di utilizzo e irrorazione di pesticidi e diserbanti, che molto spesso vengono impiegati su larga scala e in quantità massicce.
Ad ogni modo il recente studio statunitense ha già avuto delle ripercussioni anche in Italia dove ad esempio Confagricoltura del Veneto, alla luce delle nuove conclusioni, ha chiesto che gli agricoltori possano continuare a usare questa sostanza anche in considerazione del fatto che la sua eliminazione potrebbe mettere in crisi numerose imprese agricole. Per quanto riguarda il Trentino, sul tema dell’utilizzo del Glifosato, si è cercato, in via cautelativa, di puntare su una sua progressiva riduzione, anche mediante l’utilizzo di tecniche alternative come il diserbo meccanico o il flambaggio. Procedure regolamentate dai disciplinari di utilizzo proposti dalla Fondazione Edmund Mach e valutati dall’ufficio fitosanitario della Pat, il quale analizza le proposte e le valuta nei termini della compatibilità con la normativa vigente (ne parlavamo QUI).
L’utilizzo del glifosato in Trentino dunque è consentito, seppur in quantità ridotte: “La nostra posizione è quella di sempre – spiega Gianluca Barbacovi, presidente di Coldiretti Trentino – bisogna tener conto che molecole e principi attivi vanno sempre utilizzati con metodo e moderazione”. Come sottolineato dal presidente di Coldiretti Trentino in alcune zone della Val di Cembra e Val di Non l’utilizzo di questo principio attivo è indispensabile per ottenere buoni risultati.
“Il problema casomai è l’abuso di prodotti chimici – ricorda Barbacovi – da tempo il glifosato può essere sparso su un’area che non deve andare al di là dei 20-30 centimetri di distanza da frutteti o vigneti, inoltre, in alcune zone pianeggianti del Trentino questo diserbante è già stato eliminato”. Il consiglio di Coldiretti è di utilizzarlo esclusivamente laddove necessario, tenendo conto che normalmente per ogni ettaro coltivato si diserba solo il 20% e che la sostanza può essere irrorata solo una volta all’anno.
Piuttosto Barbacovi punta il dito contro alcune pratiche consentite in altri paesi come Canada e Turchia dove diserbanti come il glifosato possono essere sparsi, direttamente sopra vaste coltivazioni, mediante l’utilizzo di aeroplani: “Il problema nasce quando alcuni marchi di pasta italiani, anche famosi, preferiscono comprare il grano proveniente da coltivazioni di questo tipo, perché contiene una percentuale di proteine maggiore”. Percentuali “drogate” ottenute proprio con l’utilizzo di questa tecnica vietata in Italia. “Di ciò che afferma la scienza mi fido e ne prendo atto – conclude il presidente di Coldiretti trentino – ma la nostra linea rimane quella di usare il glifosato solo quando strettamente necessario evitando gli abusi, senza per questo demonizzare un prodotto che in alcune aree è indispensabile”.