IL VIDEO. Sul Vajont dove gli alberi piegati dalla frana oggi crescono verticali
A sessant'anni dalla tragedia del Vajont, L'AltraMontagna (con la prima puntata della rubrica Il versante nascosto) ci accompagna tra gli alberi sopravvissuti alla frana. Ne parlano il dottore forestale Luigi Torreggiani e il testimone Marcello Mazzucco
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
Inoltrandosi tra gli alberi nati sui frantumi del monte Toc si ha la percezione che il bosco sia cresciuto per coprire le cicatrici lasciate da una politica poco lungimirante, ingorda, disinteressata alle esigenze del territorio e di chi lo abita.
Ma quel bosco custodisce anche dei veri e propri monumenti vegetali alla memoria.
Piante dallo sviluppo orizzontale, quasi parallelo rispetto al terreno, e dal cui fusto partono in direzione del cielo altre piante. Sembra di trovarsi di fronte a un enorme vascello in secca. Un vascello con tanti alberi maestri.
Si tratta della forza della dominanza apicale. «La dominanza apicale – spiega nel video Luigi Torreggiani, dottore forestale, nonché membro del comitato scientifico de L’AltraMontagna – è un fenomeno fisiologico tipico degli alberi e particolarmente evidente nelle conifere. In pratica, l'apice vegetativo, attraverso dei meccanismi chimico-fisici, inibisce e controlla le gemme laterali delle piante, determinando così quella forma tipica che tutti conosciamo, con una sola punta protesa verso l'alto. Però, quando l'apice vegetativo viene danneggiato, ad esempio da un fulmine, sono le gemme laterali a prendere la dominanza apicale, determinando forme strane, simili a candelabri».
«Queste piante – prosegue Torreggiani – hanno letteralmente viaggiato lungo la frana del monte Toc, in quella maledetta notte di sessant’anni fa, galleggiando sulla frana stessa. Qualche radice è rimasta ancorata al terreno, ma gli alberi erano praticamente coricati, distesi rasoterra. Di conseguenza, a prendere il sopravvento grazie alla dominanza apicale sono stati tutti i rami posti lungo il fusto, che sono diventati simili a dei veri e propri alberi. Questi mostri vegetali così strani, atterrati e rinati da sé stessi, sono oggi dei veri e propri simboli, che ci spingono a riflettere».
Riflettere e, nel riflettere, ricordare. Ma perché parlare ancora di Vajont a Sessant’anni dalla tragedia? Perché continuare a ricordare? La speranza che il ricordo si riveli d'aiuto quando ci troveremo di fronte a scelte che avranno un'influenza sulla comunità, ma anche sui singoli individui.
Ricordare, e nel ricordare provare a capire, crea spessore alla propria coscienza.
Ricordare è il primo passo per non inciampare, maldestramente, su errori già compiuti, come spesso purtroppo accade.
Ricordare è necessario per guardare avanti, per guardare al futuro dei territori, perché, come ha di recente sottolineato Marco Paolini, oggi gli alberi sulla frana crescono dritti.