"Il vero alpinista non può essere fascista". Ettore Castiglioni morì ottant'anni fa, durante la Resistenza
Durante la Resistenza al nazifascismo, 12 marzo 1944 l'alpinista Ettore Castiglioni morì assiderato oltre Passo del Forno. Aveva messo a disposizione la sua dimestichezza con l’ambiente alpino affinché le brutture della guerra provocassero meno dolore.
Ricordare Ettore Castiglioni nell'anniversario della morte è anche l’occasione per raccontare un’altra storia, quella del fratello Bruno, geografo. Come Ettore, anche Bruno perse la vita durante la Resistenza, proprio quando sembrava che l’Italia fosse ormai stata liberata
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
Ettore Castiglioni, forte alpinista italiano, iniziò a manifestare la sua insofferenza per il regime fascista fin da ragazzo. Celebre la riflessione suggellata tra le pagine del suo diario (pubblicato da Hoepli con il titolo Il giorno delle Mésules, diario di un alpinista antifascista) nel dicembre 1935:
"(…) il vero alpinista non può essere fascista, perché le due manifestazioni sono antitetiche nella loro più profonda essenza. L’alpinismo è libertà, è orgoglio ed esaltazione del proprio essere, del proprio io come individuo sovrano (…) il fascismo è ubbidienza, è disciplina, è annullamento della propria individualità nella pluralità e nella promiscuità amorfa della massa, è abdicazione della propria volontà e sottomissione alla volontà altrui".
Questa sensibilità lo spinse, nel 1943, a mettere a disposizione la sua dimestichezza con l’ambiente alpino per aiutare i perseguitati a fuggire in Svizzera. Erano viaggi difficili, che richiedevano ore e ore di cammino e di sfibranti tensioni. Tuttavia, lo sforzo e la paura venivano largamente ripagati dalla certezza di aver salvato delle vite, dalla convinzione di stare dalla parte giusta.
Nel 1944, venne arrestato dagli Svizzeri. Valicò il confine da solo ed è tutt’oggi sconosciuto lo scopo di quel viaggio. Per scongiurare la fuga, prima di metterlo in carcere, i gendarmi gli sequestrarono l’attrezzatura da montagna e lo rinchiusero nella stanza di un albergo. Era marzo e le montagne che lo separavano dall’Italia erano ancora sferzate dal freddo alito dell’inverno. Ciononostante Castiglioni decise di scappare, servendosi delle lenzuola per calarsi dalla finestra: ramponate le pantofole e intabarratosi con una coperta, sgattaiolò rapido verso l’alto fino a quando le temperature lo costrinsero ad accettare un inesorabile destino. Morì assiderato oltre Passo del Forno. Era il 12 marzo.
Ottant'anni più tardi, ci piace immaginare che, prima di chiudere gli occhi per sempre, sia riuscito a godere un ultimo tramonto tra le sue amate Alpi, sulle cui vette imparò a distinguersi come alpinista ma, soprattutto, come uomo.
Ricordare Ettore Castiglioni nell'anniversario della morte è anche l’occasione per raccontare un’altra storia, quella del fratello Bruno, geografo. Come Ettore, anche Bruno perse la vita durante la Resistenza, proprio quando sembrava che l’Italia fosse ormai stata liberata dal nazifascismo
Il 25 aprile 1945 a Pavia - come in gran parte d’Italia - è una giornata agitata dove euforia, nervosismo e paura si mescolano in un caotico miscuglio. Il CNL ha proclamato l’insurrezione generale e non mancano nazi-fascisti che non riconoscendo l’autorità del proclama continuano a combattere.
Nella periferia della città un gruppo di tedeschi spara a chiunque si avvicina al loro presidio. Sono già morte alcune persone e le voci degli scontri si spargono in Pavia. Un geografo si offre volontario per parlamentare con i soldati. Conosce il tedesco e spera di riuscire a convincerli a deporre le armi. Corre in comune dove riceve sia dal CNL che dal podestà l’incarico ufficiale per tentare la mediazione.
Dopo aver messo i figli al sicuro, armato di bandiera bianca si dirige alla cascina dove sono asserragliati i soldati. Deciso punta il gruppo sventolando il panno. Dopo pochi passi una raffica di mitragliatrice rompe il silenzio e il professore cade a terra. Alcuni passanti riescono a trarlo al riparo, ma le ferite sono gravi e all'alba del 27 aprile il volontario muore.
Quel professore era Bruno Castiglioni (1898-1945), fratello maggiore di Ettore, il famoso alpinista.
Fu proprio Bruno a portare Ettore in montagna, insegnandogli l’alpinismo e l’arrampicata. Cominciarono ad andar per monti insieme, quando Bruno portava Ettore con sé durante le esplorazioni geografiche e geologiche delle Alpi Orientali. Seguirono poi percorsi diversi assecondando differenti inclinazioni personali, ma entrambi elessero la montagna a cifra della propria esistenza. Alpinista uno, geografo e geologo di montagna l’altro.
Dopo aver preso strade diverse, è crudele che sia stata proprio la fine a riavvicinarli. Entrambi perirono infatti - a distanza di un anno uno dall’altro - in modo tragico, a causa di eventi legati alla Seconda guerra mondiale, mentre cercavano di dare una mano affinché le brutture della guerra provocassero meno dolore. Tale comunanza è però emblematica. Entrambi caddero aiutando gli altri, perché per quanto rischioso, era la cosa che ritenevano più giusta.
Ricordiamo Bruno con le parole che gli dedicò il figlio, anch’egli importante geografo (Giovanni Battista Castiglioni, 1931-2018):
𝘐𝘯 𝘮𝘰𝘯𝘵𝘢𝘨𝘯𝘢 𝘤𝘪 𝘱𝘰𝘳𝘵𝘢𝘷𝘢 𝘴𝘱𝘦𝘴𝘴𝘰, 𝘴𝘦𝘮𝘱𝘳𝘦 𝘴𝘪𝘭𝘦𝘯𝘻𝘪𝘰𝘴𝘰, 𝘤𝘰𝘮𝘦 𝘷𝘰𝘭𝘦𝘴𝘴𝘦 𝘦𝘥𝘶𝘤𝘢𝘳𝘤𝘪 𝘢𝘭𝘭𝘢 𝘱𝘦𝘳𝘤𝘦𝘻𝘪𝘰𝘯𝘦, 𝘱𝘪𝘶̀ 𝘤𝘩𝘦 𝘢𝘭𝘭’𝘢𝘴𝘤𝘰𝘭𝘵𝘰, 𝘥𝘦𝘭𝘭𝘦 𝘴𝘦𝘯𝘴𝘢𝘻𝘪𝘰𝘯𝘪 𝘷𝘦𝘯𝘶𝘵𝘦 𝘥𝘢𝘭 𝘷𝘦𝘯𝘵𝘰, 𝘥𝘢𝘪 𝘱𝘳𝘰𝘧𝘶𝘮𝘪, 𝘥𝘦𝘪 𝘣𝘰𝘴𝘤𝘩𝘪, 𝘥𝘦𝘪 𝘮𝘶𝘴𝘤𝘩𝘪, 𝘥𝘦𝘭𝘭𝘦 𝘯𝘦𝘷𝘪. 𝘓𝘢 𝘯𝘦𝘷𝘦 𝘩𝘢 𝘶𝘯 𝘴𝘶𝘰 𝘰𝘥𝘰𝘳𝘦, 𝘶𝘯𝘢 𝘧𝘳𝘢𝘨𝘳𝘢𝘯𝘻𝘢 𝘧𝘳𝘦𝘥𝘥𝘢 𝘤𝘩𝘦 𝘵𝘪 𝘴𝘦𝘤𝘤𝘢 𝘭𝘦 𝘯𝘢𝘳𝘪𝘤𝘪. 𝘐 𝘴𝘦𝘳𝘢𝘤𝘤𝘩𝘪 𝘳𝘢𝘤𝘤𝘰𝘯𝘵𝘢𝘯𝘰 𝘶𝘯 𝘦𝘵𝘦𝘳𝘯𝘰, 𝘭𝘦𝘯𝘵𝘪𝘴𝘴𝘪𝘮𝘰 𝘮𝘶𝘰𝘷𝘦𝘳𝘴𝘪 𝘥𝘦𝘭 𝘨𝘩𝘪𝘢𝘤𝘤𝘪𝘢𝘪𝘰 𝘷𝘦𝘳𝘴𝘰 𝘷𝘢𝘭𝘭𝘦. 𝘗𝘰𝘪, 𝘭𝘶𝘪 𝘤𝘪 𝘭𝘢𝘴𝘤𝘪𝘢𝘷𝘢 𝘤𝘰𝘯 𝘭𝘢 𝘮𝘢𝘮𝘮𝘢, 𝘴𝘶𝘭 𝘭𝘪𝘮𝘪𝘵𝘢𝘳𝘦 𝘥𝘦𝘪 𝘯𝘦𝘷𝘢𝘪, 𝘦 𝘴𝘢𝘭𝘪𝘷𝘢 𝘢 𝘤𝘢𝘮𝘱𝘪𝘰𝘯𝘢𝘳𝘦 𝘭𝘦 𝘳𝘰𝘤𝘤𝘦. 𝘐 𝘤𝘰𝘭𝘱𝘪 𝘥𝘦𝘭 𝘮𝘢𝘳𝘵𝘦𝘭𝘭𝘰 𝘦𝘤𝘩𝘦𝘨𝘨𝘪𝘢𝘷𝘢𝘯𝘰 𝘴𝘦𝘤𝘤𝘩𝘪 𝘵𝘳𝘢 𝘭𝘦 𝘤𝘪𝘮𝘦, 𝘱𝘦𝘳 𝘥𝘪𝘴𝘴𝘰𝘭𝘷𝘦𝘳𝘴𝘪 𝘱𝘪𝘢𝘯 𝘱𝘪𝘢𝘯𝘰, 𝘮𝘰𝘭𝘵𝘪𝘱𝘭𝘪𝘤𝘢𝘵𝘪 𝘪𝘯 𝘦𝘤𝘩𝘪 𝘴𝘦𝘮𝘱𝘳𝘦 𝘱𝘪𝘶̀ 𝘧𝘭𝘦𝘣𝘪𝘭𝘪.
(Se volete saperne di più su Bruno e la sua storia vi consigliamo due volumi: 1- 𝘌𝘵𝘵𝘰𝘳𝘦 𝘦 𝘉𝘳𝘶𝘯𝘰 𝘊𝘢𝘴𝘵𝘪𝘨𝘭𝘪𝘰𝘯𝘪 - 𝘋𝘶𝘦 𝘧𝘳𝘢𝘵𝘦𝘭𝘭𝘪 𝘦 𝘭𝘢 𝘮𝘰𝘯𝘵𝘢𝘨𝘯𝘢, a cura della Fondazione G. Angelini; 2- 𝘗𝘪𝘤𝘤𝘰𝘭𝘪 𝘨𝘩𝘪𝘢𝘤𝘤𝘪𝘢𝘪 𝘢𝘭𝘱𝘪𝘯𝘪 - 𝘚𝘶𝘭𝘭𝘦 𝘵𝘳𝘢𝘤𝘤𝘦 𝘥𝘪 𝘉𝘳𝘶𝘯𝘰 𝘊𝘢𝘴𝘵𝘪𝘨𝘭𝘪𝘰𝘯𝘪 𝘵𝘳𝘢 𝘭𝘦 𝘗𝘢𝘭𝘦 𝘥𝘪 𝘚𝘢𝘯 𝘔𝘢𝘳𝘵𝘪𝘯𝘰, di Giovanni Baccolo)