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Storia

Destinazione sciistica di Brentonico: dal grande splendore degli anni '70 all'attuale ricerca di una nuova identità

Ma ancor prima del cambiamento climatico e di un mondo trasformato dai decenni, anche dal punto di vista dei collegamenti viabilistici, questo modello è entrato un po' in crisi. Come si è passati da un centro vivacissimo quale quello della Polsa a una destinazione alla ricerca di una nuova identità che non ha saputo sfruttare un potenziale che sembrava a portata di mano? Ripercorriamo la storia di Brentonico

di
Luca Andreazza
01 aprile | 18:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

BRENTONICO. Dai trattori con il riconoscimento firmato da Henry Ford per i risultati raggiunti nella commercializzazione dei veicoli agricoli agli impianti, da una stalla alle piste da sci, dai pascoli coltivati dalle vacche in quota al divertimento di migliaia di persone. Questo è l'inverno mentre l'estate è il ritiro dell'Inter di Sandro Mazzola e Giacinto Facchetti o il cannibale Eddy Merckx che vince la tappa del Giro d'Italia sul traguardo di San Valentino.

Negli anni '70 e '80 l'Altopiano di Brentonico conosce una fase di sviluppo rapida e impressionante sul fronte del turismo e diventa anche meta del buen retiro della moderna "aristocrazia" milanese. Qui comprano casa, per esempio, il patron della corsa rosa Torriani, ma anche De Zan e Bulbarelli.

 

Dal boom con il progetto di costruire un altiporto “altrimenti atterravano sulle piste” alla chiusura natalizia per protesta ai tanti cartelli “in vendita" sulle facciate delle villette con in mezzo un tentativo di acquisizione non andato a buon fine.

 

Ma ancor prima del cambiamento climatico e di un mondo trasformato dai decenni, anche dal punto di vista dei collegamenti viabilistici, questo modello è entrato un po' in crisi. Come si è passati da un centro vivacissimo quale quello della Polsa a una destinazione alla ricerca di una nuova identità che non ha saputo sfruttare un potenziale che sembrava a portata di mano? Ma andiamo con ordine.

Il turismo per Brentonico non è una novità di quegli anni ‘60. Meta di studiosi e botanici prima, l'Altopiano conosce già i flussi turistici poi con i nobili e i borghesi che raggiungono la zona per scoprire il Monte Baldo. I rifugi sull'Altissimo e sulla Cima Telegrafo sono del 1892 e del 1890 e verso la fine dell'Ottocento ci sono le Guide Alpine e la Sat pubblicò anche una guida sull'area.

 

Non è un turismo di massa nell'accezione odierna ma sorgono i primi alberghi e i primi servizi. E' un mondo lontano e spezzato dalle due Guerre Mondiali ma nel 1930 a San Giacomo viene anche organizzata una prima gara di sci. E' in quella zona che si pensa al circo bianco ma gli impianti sorgeranno in realtà altrove. L'infrastrutturazione della parte più alta porta il cognome di tre famiglie: Broggi, Girardelli e Galassi, proprio l'iniziativa di quest'ultima porta alla Polsa odierna.

 

Sono tre fratelli, originari di Mori, impegnati in particolare nella commercializzazione di trattori e nella produzione di tabacco: Lino, Giacomo e Domenico. Quest'ultimo è il più piccolo ma anche il più intraprendente, quello che tiene le fila dell'azienda ereditata dal padre e che viene (naturalmente) riconosciuto leader del nucleo familiare.

 

A gettare il germoglio della nascita della stazione sciistica è Lino, che frequenta la Polsa perché è anche cacciatore e conosce la zona, i terreni sono in vendita. Appezzamenti ambiti e Domenico, non un gran sciatore ma appassionato di sport che ha un’idea precisa, compie un primo sopralluogo e intuisce le potenzialità di sviluppo turistico. La neve non manca, l'altimetria non è proibitiva, i pendii sono interessanti perché non richiedono movimenti di terra e il panorama è aperto: sembra di essere in alta quota e da lassù si vede il mondo.

A quella primissima visita con occhio imprenditoriale, segue un'altra ispezione. Questa volta con Fulvio Nascivera, un costruttore, e il mitico maestro di sci Ardicio Pezzo. E' un vertice decisivo. La famiglia Galassi rompe presto gli indugi, anche per bruciare la concorrenza, e nell'ottobre del 1963 acquista 140 ettari per 36 milioni di lire dell'epoca.

 

Si inizia a lavorare al comprensorio sciistico a spron battuto. Ci vuole un anno. Ma nel 1964 via libera all'inaugurazione con la Festa della Montagna. Più che le strutture, c'è l'entusiasmo. “Quel giorno sono scese in pista 3 mila persone - ricorda Oscar Galassi, figlio di Domenico e braccio operativo della società impianti fin dall’età di 19 anni - sono restate la stalla e la casera, ma ci siamo occupati di mettere in piedi le prime opere: 1 sciovia con un bar/ristorante con un motore termico e un generatore. Poi abbiamo realizzato un piccolo acquedotto e tirato i primi tracciati".

L'inizio è questo. Nel 1965, "abbiamo realizzato un altro piccolo impianto - prosegue Galassi - le linee elettriche e le strade". Inizia anche la lottizzazione dei terreni "con la consulenza dei geometri Dapor, Silli e Galli. Vengono messi in vendita 1.000 metri quadri a 50 mila lire e il piano di mio padre, per stimolare il mercato, è di regalare i primi 50 lotti in cambio però della costruzione di un immobile entro l'anno seguendo canoni precisi a livello estetico e la piantumazione di abeti o larici perché il versante era completamente spoglio in quota. Il Comune di Brentonico (guidato allora da Tarcisio Andreolli) non ha risorse economiche e amministrative per supportare l’iniziativa ma non ostacola l'intervento privato".

 

L'Altopiano sperimenta il boom edilizio con le abitazioni private, ma anche le strutture ricettive: gli alberghi Polsa, Betulla, Dolomiti, Madonnina e Bellavista. Nel 1966 viene aperto un campo invernale per le roulotte, un'assoluta novità in quel periodo pionieristico

La località cresce senza sosta e dispone, per il periodo invernale, pure di un medico privato (“Era in pensione e si era innamorato dell’Altipiano, trascorreva le vacanze e prendeva servizio”), specializzato in ortopedia, con un ambulatorio negli uffici della società impianti, e di un'ambulanza privata ("Mio padre aveva presente l'importanza di un soccorso veloce in caso di infortunio. Il mezzo però l'abbiamo dismesso dopo pochi inverni per la troppa responsabilità").

 

Un’offerta completata da 5 hotel, 3 ristoranti e altrettanti bar, la farmacia Ottaviani, 2 negozi di articoli sportivi, una macelleria, un negozio, un supermercato, una vendita tabacchi e una scuola gestita da una maestra di Mori e perfino un ufficio postale. Il conto dell'investimento è di 1 miliardo ma gli affari girano bene.

La destinazione piace, la posizione è centrale rispetto al Basso Trentino, al Veneto e alla Lombardia. L'area sciistica è frequentata da migliaia di persone: “Arrivano anche un centinaio di pullman (la media è 50 mezzi con picchi di oltre 90 nelle domeniche di febbraio) e la località si sviluppa fino a far girare 6 sciovie e 2 seggiovie”. 

 

Una crescita esponenziale, forse troppo rapida, che comporta anche i primi problemi da affrontare ancora più concretamente: l'acquedotto fatica a tenere il ritmo nella fornitura d'acqua, le strade sono ancora prevalentemente bianche e, anche quelle asfaltate, devono essere manutentate e sgomberate dalla neve, il volume delle immondizie è in aumento e le fognature devono essere ulteriormente potenziate.

La Polsa è vivace. Una belle epoque si potrebbe anche dire. Tante figure e molti personaggi illustri hanno comprato casa. L'Altipiano è la base di un periodo di vacanza per figure di spicco, personalità e imprenditori. Tra questi Raimondo d’Inzeo, Vincenzo Torriani (patron del Giro d’Italia), De Zan, Rino Bulbarelli e il figlio Auro. "Ma anche di numerosi imprenditori privati pronti a intervenire sulla località che piaceva e perché avevano intuito le grandi potenzialità".

 

In quegli anni viene anche stretto un gemellaggio con la stazione di Méribel nel dipartimento francese della Savoia. Agli inizi degli anni '70 l'inverno è rodato e le relazioni intrecciate tra Domenico Galassi e i pezzi grossi milanesi portano altri risultati. Non tanto nella stagione fredda quanto sull'estate: il Mantova di Giagnoni e Cadè in serie A soggiorna nella Polsa, ma soprattutto approda l'Inter di Facchetti e Mazzola. E c'è spazio pure per il Giro d’Italia: due tappe vinte da Michele Dancelli (1969) e Merckx (1970).

"E' stato sicuramente un periodo di grande splendore”, dice Galassi. “E' venuta anche la Fisi a svolgere gli allenamenti, abbiamo realizzato un Centro sportivo per la finanza mentre per il Giro d'Italia è stata appositamente costruita la strada in un anno. E' stata una corsa contro il tempo ma alla fine l'obiettivo è stato raggiunto con il traguardo a Polsa". C'è il tiro al piattello ma si pensa all'altiporto: "Ogni tanto atterravano sulla pista e per questo era pronto il progetto per costruire la struttura". Invece d'estate "si pratica sci d'erba e per tre stagioni la squadra nazionale si allena qui".

 

E' un'ottima epoca in chiave di sviluppo e di turismo. Ma non è tutto oro ciò che luccica. I problemi , già cronici, si acuiscono. "Ma le amministrazioni comunali hanno smesso di supportarci e di aiutarci”, continua Galassi. “Non c'erano le risorse necessarie ma nemmeno siamo stati incentivati nel portare a termine con facilità i vari lavori di ammodernamento. E' anche per questo che non siamo mai riusciti a puntare sull'innevamento programmato: la fornitura d’acqua era appena sufficiente. A mancare è stato soprattutto un supporto economico a fronte degli enormi investimenti".

La conflittualità tra amministrazione comunale e iniziativa privata si acuisce. E' così che si entra in una spirale di declino. Nemmeno i vertici con la Provincia riescono a sbloccare la situazione. La legge ponte tra la fine degli anni '70 e '80 potrebbe essere la chiave di svolta: il pubblico deve assumersi l'onere di gestire quelle infrastrutture che possono essere ritenute di valenza comune: acquedotti e strade, per esempio, con un risarcimento all'imprenditore privato.

 

"Tante promesse, però concretamente pochi fatti”, evidenzia Galassi. “Siamo stati ostacolati dal Comune anche nell'ottenere i permessi. In quegli anni ci sono state le varie cessioni ma l'amministrazione comunale non ha mai liquidato fino in fondo e ha sempre privilegiato altre aree dell'Altopiano. Qui forse mio padre ha una colpa, non essersi fatto aiutare da un avvocato perché credeva nella parola. Se si fosse rivolto a un legale fin da subito probabilmente qualcosa sarebbe cambiato". 

Viene raggiunto, sempre negli anni '80, anche un accordo con la Provincia per un progetto di sviluppo "da ben 300 milioni ma non è andato mai avanti nonostante fosse tutto pronto tra firme e finanziamento. L’intesa è saltata per ragioni di equilibrio politico e perché a cascata potenzialmente anche le altre destinazioni avrebbero potuto battere casa. E così anche quell'opportunità è svanita".

 

La società impianti è ormai in crisi, l'industria dello sci chiede troppo e i problemi infrastrutturali non sono risolti. Questo porta anche al progressivo abbandono delle villette e delle case, definitivo o quasi con i figli di quelle persone che hanno creduto nella Polsa. I debiti aumentano e non ci sono soluzioni. Non c'è stato il cambio di passo. A sistemare un po' la situazione è un tentativo di acquisizione, che però non viene perfezionato.

"Nel '92 si presenta un acquirente della società e del carosello. Firmiamo un preliminare da 2 miliardi e insisto per il versamento di una caparra". Qualcosa sulle verifiche si inceppa. La Cassa Rurale accorda un anticipo al potenziale nuovo proprietario degli impianti. "C'è un versamento che mi permette di azzerare i debiti e dare ossigeno al bilancio". L'accordo però salta e Galassi prosegue nella gestione della località.

 

Ormai però siamo ai ferri corti con l'amministrazione comunale. Si è arrivati anche alla serrata. Alberghi pieni e vacanze di Natale alle porte ma impianti tenuti chiusi per tutta la durata delle festività "per protesta per l'ennesima promessa non mantenuta". Ma ormai l'era Galassi si avvia all'epilogo.

I due decenni successivi sono all’insegna della difensiva, arriva l’innevamento programmato e ci allaccia alla diga per la fornitura d’acqua, ci sono le presenze in pista tra un inverno migliore e un altro più difficile ma la destinazione non ha spinta.

 

E la società Baldo Garda nel frattempo subentrata con BrentonicoSki nella gestione del carosello, fatica a tenere il ritmo. Tanto che nel 2015 interviene Trentino Sviluppo per salvare gli impianti, coprire i debiti e chiudere così l’iter di acquisizione degli asset funiviari. 

 

Un anno dopo il piano viene completato con la privatizzazione (e l’incentivo pubblico) degli impianti. Un investimento di 500 mila euro di Trentino Sviluppo, l’unificazione di Baldo Garda con l’incorporazione da parte di Brentonico Ski, la ricapitalizzazione dei soci privati per 300 mila euro e un tasso di interesse fisso allo 0,4% della Cassa Rurale sull'esposizione bancaria esistente. Un intervento a fissare lo status quo.

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