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"Serve un cambiamento radicale, lo sci è diventato uno sport di lusso. Dietro Brignone e Goggia c'è il vuoto". Lo sci alpino italiano visto da Paolo De Chiesa

"Tutti professionisti già a 6-7 anni, pali, pali, solo pali, una "marea" di gare da affrontare, sci club che hanno un numero incredibile di tecnici, droni utilizzati anche in allenamento, sedute estive, con trasferte all'estero persino nella Terra Fuoco, dall'altra parte del mondo e negli skidome. I costi sono diventati esorbitanti: per far sciare un ragazzino di 12 anni servono migliaia e migliaia di euro all'anno. Le famiglie devono spendere un sacco di denaro e lo sci alpino è diventato uno sport di lusso"

di
Daniele Loss
20 febbraio | 20:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

TRENTO. Una debacle, l'ennesima, con numeri impietosi e le prospettive, a meno di un anno dalle Olimpiadi di Milano Cortina 2026, non sono per nulla incoraggianti. 

 

La spedizione azzurra ai Mondiali di sci alpino di Salbaach è stata "salvata" dalla strepitosa doppietta di un'incredibile Federica Brignone: la fuoriclasse valdostana ha stravinto il gigante e conquistato l'argento in SuperG. Poi, solamente, la medaglia d'oro nel parallelo a squadre che, per carità, è gara spettacolare e quello conquistato da Giorgia Collomb, Filippo Dalla Vite, Lara Della Mea e Alex Vinatzer è pur sempre un titolo mondiale, ma che resta un'esibizione che non ha nulla a che vedere con le discipline "vere" dello sci alpino.

 

Dunque, tolte le due campionissime, il nulla? Sfortuna, ricambio generazionale rallentato o, veramente, c'è da preoccuparsi in vista dei Giochi Olimpici "di casa" dove l'Italia vorrebbe essere protagonista?

 

"Federica è stata favolosa, eccezionale, superlativa - spiega Paolo De Chiesa, commentatore tecnico di RaiSport per lo sci alpino -, Sofia (Goggia, ndr), purtroppo, ha sbagliato il salto finale in SuperG, altrimenti sarebbe stata medaglia "secca" e in libera ha dovuto fare i conti un ginocchio malandato. Ma si è trattato di un episodio, perché il suo valore è indiscutibile. Per il resto meglio stendere un velo pietoso. Non c'è stato nulla di altro e i risultati, in tal senso, parlano chiaro. Il parallelo è una disciplina divertente, ci mancherebbe, ma non ha "peso". Come non ho mai commentato negativamente le magre figure dei "nostri" in passato, così non li esalto adesso che hanno vinto una gara ad esibizione, tant'è che i quattro medagliati sono arrivati fuori dai dieci nelle rispettive prove. La situazione è assolutamente preoccupante, ma non per tutti evidentemente: alla Federazione e agli sci club va bene così e, allora, siamo destinati a "precipitare" ulteriormente".

 

Guardando in prospettiva, in ambito maschile la situazione è preoccupante.

"Nelle discipline veloci ci affidiamo ancora a un fuoriclasse come Dominik Paris. E' stato bravissimo, ha sfiorato la medaglia, sfumata per un pugno di centesimi, sia in libera, dove è arrivato quarto, che in SuperG, ma ad aprile compirà 36 anni. In gigante c'è Luca De Aliprandini, prossimo ai 35 anni, che è tra i primi dieci del mondo e ai Mondiali ha rispettato il pronostico della vigilia, mentre in slalom il migliore degli azzurri è stato Stefano Gross, classe 1986, 20esimo al traguardo: entrambi sono stati molto bravi ma, per motivi anagrafici, è ovvio che non possano rappresentare il futuro delle rispettive discipline".

 

Non c'è nessun giovane in rampa di lancio?

"Tra le nuove leve c'è solamente Giovanni Franzoni, 24enne che scia molto bene, ma che non ha ancora fatto grandi risultati. Vinatzer? Non si è assolutamente confermato sui livelli sperati, a parte l'exploit di Kitzbühel, e si è impantanato. Siamo messi male. Ah, un'altra cosa: in SuperG abbiamo schierato anche Innerhofer, che ha meritato di essere ai Mondiali: è stato un campione, ma ha 41 anni. E' stato giusto convocarlo, ma se devi proporre un 41enne vuol dire che non c'è altro".

 

Il Paese della "Valanga Azzurra", della "Valanga Rosa", dei fuoriclasse assoluti, come Thoeni, Gros, Tomba, Compagnoni, tanto per citarne solamente alcuni, ridotto così. Come mai?

"Il sistema italiano è diventato fallimentare. Il bacino sarebbe immenso, molto superiore a quello di tanti altri paesi, eppure non riusciamo a produrre atleti di alto livello. Bisognerebbe porsi tante domande e prendere spunto da quello che fanno all'estero. In Norvegia, ad esempio, i bambini sciano liberi, fanno pochissime gare, praticano anche altri sport - come il fondo, ma non solo - e poi, a 13 - 14 anni, quelli talentuosi vengono avviati alla pratica agonistica. E guardate poi dove arrivano. Attenzione, il numero di praticanti è molto inferior rispetto a quello italiano. Per non parlare della Svizzera e dell'Austria".

 

Da noi come funziona?
"Tutti professionisti già a 6-7 anni, pali, pali, solo pali, una "marea" di gare da affrontare, sci club che hanno un numero incredibile di tecnici, droni utilizzati anche in allenamento, sedute estive, con trasferte all'estero persino nella Terra Fuoco, dall'altra parte del mondo e negli skidome. I costi sono diventati esorbitanti: per far sciare un ragazzino di 12 anni, che nella maggior parte dei casi non diventerà né un atleta di Coppa del Mondo né di Coppa Europa, servono migliaia e migliaia di euro all'anno. Le famiglie devono spendere un sacco di denaro e lo sci alpino è diventato uno sport "di lusso". Abbiamo imboccato una strada sbagliata, ma nessuno sembra o vuole rendersene conto. Anzi, è risaputo, ma va bene così".

 

Ci spieghi. Il cambiamento dovrebbe partire dall'alto?

"Assolutamente sì ma, come ho detto, evidentemente sia ai vertici che agli sci club, che poi votano i comitati, che votano il consiglio federale, va bene che le cose procedano in questa direzione. Il sistema si "autoalimenta", a discapito del movimento. Proseguendo su questa strada siamo destinati a precipitare ulteriormente. E che non si commetta l'errore di dire che "stiamo bene" perché abbiamo due campionesse come Brignone e Goggia. Loro sono un discorso a parte".

 

Cioè?

"Come Federica e Sofia ne nasce una ogni cinquant'anni. Se poi hai tanta fortuna, parlo a livello di movimento, ti ritrovi con due campionissime nello stesso periodo, ma non possono essere i risultati e le performance dei fuoriclasse lo specchio della situazione. E quando smetteranno loro, visto che non sono più giovanissime, cosa avremo? Servirebbe un intervento deciso e strutturale. E siamo già in ritardo".

 

Un sacco di tecnici, skiman e preparatori italiani si sono trasferiti all'estero. E vincono.

"Hanno più soddisfazioni, possono lavorare meglio, hanno a che fare con i giovani. E' ovvio che, quando sei un professionista, vuoi operare dove ti mettono nelle migliori condizioni. E le trovano all'estero".

 

A Milano Cortina 2026 saremo senza speranze?

"La stagione "giusta" per prepararsi ed arrivare competitivi alle Olimpiadi avrebbe dovuto essere questa, con annessi risultati, almeno incoraggianti se non oggettivi Poi, per carità, magari qualcuno farà l'exploit della vita ai prossimi Giochi Olimpici, ma è difficile essere ottimisti".

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