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Gli itinerari de L’AltraMontagna: sui monti di Valle Spluga, in alto sulla Val Loga

Un lago artificiale, poche case, una strada che finisce di colpo sommersa dalla neve, e una lunga valle con un piccolo bivacco, sorvegliata dai pizzi Tambò e Ferré: sono gli ingredienti della salita scialpinistica alle Cime di Val Loga

di
Luigi Dodi
14 febbraio | 19:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

I monti della Mesolcina hanno sempre esercitato un fascino particolare nel mio immaginario alpino. Vuoi perché li ho frequentati praticamente da sempre, vuoi perché sono, ancora oggi, un angolo dove ampi panorami si uniscono a una frequentazione moderata, in ogni stagione. Soprattutto in inverno, complice un innevamento spesso abbondante e temperature che sono capaci di rimanere sotto lo zero per lunghi periodi. Per questo, ogni volta che arrivo a Chiavenna e da lì inizio la risalita della Valle Spluga, mi sento come a casa, accolto da questi monti verticali, un po’ respingenti. La salita è ripida, la strada tortuosa, la valle incassata, ma so che più su, dopo la deviazione per Madesimo e giunto presso il bacino artificiale di Montespluga, mi attende un altro mondo, dove i grandi spazi bianchi prendono il sopravvento, dove il freddo pungente mi avvolgerà con un caldo abbraccio.
Dopo aver costeggiato il lago e parcheggiato appena prima delle case, bastano pochi passi per entrare nella larga e pianeggiante Val Loga. Due lunghi e e ripidi versanti laterali sono uniti, al fondo, da una bastionata perpendicolare, con il Pizzo Tambò (3278 m) a destra e il Ferré (3103 m) a sinistra. Cime, queste ultime, belle e conosciute, la prima con la sua sagoma piramidale che pare – ed è – perfetta per una salita di grande soddisfazione, molto frequentata, la seconda più abbordabile come impegno, ma anche più appartata. La meta di oggi, invece, sono le Cime di Val Loga, e in particolare la Cima Centrale (3004 m), visibili contro il cielo proprio di fronte, sulla cresta di confine che si percorre per salire proprio al Ferré (per il Tambò è un’altra storia, si parte più su lungo la Valle Spluga, meglio ancora se dal passo, quando la strada riapre in primavera). Prima, però, c’è da percorrere la Val Loga…


La Val Loga e le omonime cime contro il cielo. © Matteo Leoni/signalkuppe.com

Oasi nel bianco
La pendenza è davvero minima, inesistente quasi, almeno nel primo tratto. La traccia quasi sempre presente e battuta, almeno nel primo tratto. Il freddo è pungente, la valle è immersa nell’ombra, e solo superando i 2000 metri, quando si inizia a salire lentamente con un lungo traverso, si può anelare di sbucare al sole. Il percorso è evidente, bisogna salire la testata della valle, affrontare direttamente, con continue svolte, i pendii via via più ripidi verso sinistra, superando una successione di grandi canali, in direzione del pulpito dove si scorge una piccola costruzione.
Il sole si avvicina, poi in un attimo inonda la neve tutto intorno, e scalda il corpo, mentre si affrontano le continue svolte che conducono infine al bivacco Cecchin, affacciato sulla Val Loga a 2773 metri di quota. Anzi, l’ex bivacco Cecchin, perché dal 2009, quando venne sostituito con l’attuale struttura, il suo nome cambiò in bivacco Val Loga. La vecchia semibotte rossa, tanto segnata dal tempo quanto affascinante nella sua semplicità, è stata sostituita da questa nuova casetta in legno con tetto in sassi, decisamente accogliente, e nonostante il freddo, è difficile scacciare il pensiero di una lunga pausa o, peggio, di una romantica notte da queste parti. La valle appena salita si distende ai piedi, larga, giù fino a Montespluga e al lago, mentre a sud si staglia il Ferré e a nord il Tambò, di fronte si riconosce il Piz Timun. Sopra, il cielo. Meglio rimettersi in marcia…


Il bivacco Val Loga (2773 m). Sulla destra il Pizzo Ferré (3103 m). Matteo Leoni/signalkuppe.com

Tentazioni
Abbandonati i cattivi pensieri, con l’ultima parte si aggira sulla destra una fascia rocciosa, tornando a sinistra con la pendenza che continua a essere sostenuta, senza mai diventare troppo impegnativa, e infine si sbuca sulla cresta presso una depressione tra le sommità Centrale e Meridionale. La vista si può ora posare anche verso ovest, dove si apre un nuovo e vasto panorama. Sono le Alpi dell’Adula, ed ecco infatti il Reinwaldhorn (3402 m), l’Adula appunto, tra il San Bernardino e la Leventina. Non resta che percorrere la breve cresta verso nord, verso la Cima Centrale (quella considerata scialpinistica), che in base alle condizioni può essere salita con gli sci o, più spesso, a piedi (utili i ramponi!), e con un ultimo strappo si è in vetta. Montagne su montagne, cime e valli e creste che si allungano tutto intorno, dominate dall’adiacente Ferré e dal dirimpettaio Tambò, come a sorvegliare su questo vasto territorio bianco.
Non resta che scendere, e con le giuste condizioni della neve – cosa non rara da queste parti – la sciata è notevole. Si segue indicativamente il percorso di salita, su pendii ottimi, ripidi ma mai difficili, e si ripassa dal bivacco Val Loga. La tentazione di fermarsi a contemplare il paesaggio, soprattutto in una giornata di pieno sole, deve combattere con il desiderio di buttarsi nei canali sottostanti, tanto che il pensiero di un “leva e metti” non suona nemmeno così assurdo… In ogni caso, si dovrà comunque atterrare sul fondovalle, dove, neve permettendo, conviene stare un po’ alti sul versante destro orografico, per scivolare verso il punto di partenza con un lungo e calmo traverso discendente.

 

 

IL PERCORSO
Regione: Lombardia
Partenza: Montespluga (1906 m)
Arrivo: Cima di Val Loga Centrale (3004 m)
Accesso: da Chiavenna si risale interamente la Valle Spluga fino alla diga e al Lago di Montespluga, al termine del quale, dove in inverno la strada viene chiusa, si trovano le poche case di Montespluga
Dislivello: 1100 m
Durata: 3 h
Difficoltà: BSA (buon sciatore alpinista); utili i ramponi

 

Immagine di apertura: i Monti dell’Adula dalla Cima Centrale di Val Loga (3004 m); al centro, l’Adula (Reinwaldhorn). © Matteo Leoni/signalkuppe.com

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