Contenuto sponsorizzato
Ambiente

"Più alberi morti in piedi ci sono, maggiore è il numero di specie di pipistrelli". La materia organica in decomposizione spesso è una risorsa

Tra il 2019 e il 2022, Matteo Anderle ha ascoltato il bosco decine di volte, con una sola domanda in mente: "C’è vita dopo la morte?". Nulla di esoterico: Matteo è un ornitologo e il gruppo di ricerca di cui fa parte ha studiato il rapporto tra la presenza di legno morto e la varietà di pipistrelli e uccelli in foresta. Conclusione dello studio: di vita, dopo la morte, ce n’è eccome. I resti vegetali marcescenti sono una risorsa vitale per molte specie, incluse diverse specie chiave, quelle senza le quali un ecosistema non sarebbe quello che è o non esisterebbe affatto

di
Andrea De Giovanni
15 febbraio | 06:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

Matteo Anderle siede per terra in una fitta faggeta, poco prima dell’alba. A poca distanza, un registratore di ultrasuoni termina un’altra sessione notturna. Da adesso, tocca a Matteo restare in ascolto. Il ricercatore tende le orecchie e fa guizzare lo sguardo da un ramo all’altro, sforzandosi di vedere nel buio. Il bosco è immobile, come congelato. A muoversi sono soltanto le volute di condensa che si formano ogni volta che Matteo espira. All’improvviso, un verso stridulo proveniente dal fitto del bosco. Matteo abbassa lo sguardo sul taccuino che ha in mano e annota alcune informazioni. Finito di scrivere, il ricercatore riprende a scrutare la foresta, che intanto è tornata silenziosa. Tra il 2019 e il 2022, Matteo Anderle ha ascoltato il bosco decine di volte, con una sola domanda in mente: “C’è vita dopo la morte?”. Nulla di esoterico: Matteo è un ornitologo e il gruppo di ricerca di cui fa parte ha studiato il rapporto tra la presenza di legno morto e la varietà di pipistrelli e uccelli in foresta. Conclusione dello studio: di vita, dopo la morte, ce n’è eccome.

 

Per gli esseri viventi, quelli morti sono spesso una risorsa. La materia organica in decomposizione offre nutrimento e riparo a una moltitudine di organismi, i quali, a loro volta, possono fungere da alimento per altre specie. È ciò che accade quando un albero muore. Un albero morente si trasforma in un coacervo di funghi famelici, invertebrati fungivori che scavano e depongono le loro uova nei tessuti vegetali rammolliti, licheni, piante, anfibi e piccoli mammiferi che cercano riparo sotto la corteccia sfaldata. Mentre un albero sta morendo, la vita gli esplode attorno e lo divora.

 


Un albero morto o morente, si trasforma in un coacervo di specie viventi. In foto, un fungo del genere Fomitopsis spunta dal tronco di un abete caduto. Credit: Eurac Research | Andrea De Giovanni

 

I resti vegetali marcescenti sono una risorsa vitale per molte specie, incluse diverse specie chiave – quelle senza le quali un ecosistema non sarebbe quello che è o non esisterebbe affatto. Come Formica rufa. Le formiche di questa specie, comunemente note come “formiche rosse”, contribuiscono al ciclo dei nutrienti nelle foreste, e usano i ceppi degli alberi caduti come struttura portante dei loro nidi a cumulo. E il brulicare di formiche, insieme a ragni, insetti saproxilici – gli insetti che dipendono dal legno morto – e altri invertebrati, attrae i loro predatori, come uccelli e pipistrelli.

 

Il gruppo di ricerca dell’Istituto per l’ambiente alpino di Eurac Research ha studiato la relazione tra le caratteristiche strutturali del bosco e la numerosità di uccelli e pipistrelli. Per farlo, c’è chi ha ascoltato il canto degli uccelli, chi ha usato registratori in grado di captare gli ultrasuoni emessi dai pipistrelli, e chi ha raccolto dati come l’altezza e il diametro degli alberi, l’apertura della volta forestale e la presenza di legno morto.

 

I risultati dello studio, pubblicati sulla rivista scientifica Forest Ecology and Management, dimostrano che la struttura di un bosco, inclusa la quantità di legno morto presente, influisce significativamente sulle comunità di uccelli e pipistrelli che ci vivono. “Abbiamo scoperto che più alberi morti in piedi ci sono, maggiore è il numero di specie di pipistrelli presenti”, racconta la zoologa Chiara Paniccia. Come Chiara mi spiega, i tronchi marcescenti ospitano una ricchissima comunità di insetti e ragni, perché sono molto più nutrienti di quelli ancora in vita. Per un pipistrello ghiotto di falene e coleotteri, quindi, un albero morto ancora in piedi è una fonte inesauribile di prede.

 


Ciò che resta di un abete, martoriato dai picchi a caccia di insetti. Credit: Eurac Research | Andrea De Giovanni

 

E che dire degli alberi caduti? Quando cadono, gli alberi interrompono la continuità della volta forestale, creando delle piccole radure. Grazie all’alternarsi di radure e zone alberate, il bosco è più eterogeneo, e una maggiore eterogeneità ambientale si traduce in un maggior numero di nicchie ecologiche a disposizione di specie con esigenze diverse. Tra i pipistrelli, alcune specie preferiscono le radure, come il serotino di Nilsson, altre il fitto del bosco, come il ferro di cavallo minore, e altre ancora non hanno particolari preferenze, come il pipistrello nano. Queste specie meno esigenti sono definite “generaliste” e sono risultate le più numerose nelle vicinanze dei grossi tronchi caduti. “Non essendo particolarmente selettive, le specie generaliste si trovano bene nelle zone di transizione, come le radure che si formano con la caduta degli alberi”, afferma Chiara Paniccia. In corrispondenza di queste radure, tra l’altro, il gruppo di ricerca ha anche riscontrato una maggiore diversità di uccelli. “Quando un albero cade, le sue fronde non schermano più la luce solare, che raggiunge il sottobosco e ne favorisce la crescita. E un sottobosco rigoglioso è ideale per le specie che nidificano e trovano riparo tra la vegetazione erbacea e arbustiva, come lo scricciolo o la bigiarella”, spiega l’ornitologo Matteo Anderle. “Inoltre, tutte le specie di picchi bucano il legno marcescente degli alberi morti per catturare le larve di insetto che ci crescono dentro”.

 

Secondo le stime dell’ultimo inventario forestale nazionale, le foreste italiane contengono in media 14,6 metri cubi di legno morto per ettaro, quelle altoatesine, in particolare, ne contengono 25, le foreste europee primarie – foreste mature non interessate da attività umane – dai 140 ai 180. Come mai una simile differenza? “Mentre le foreste primarie sono, per definizione, lasciate a loro stesse, gran parte delle foreste alpine sono gestite attraverso attività come diradamenti, tagli selettivi e rimboschimenti”, spiega l’ecologo forestale Marco Mina. Nelle foreste primarie, quindi, gli alberi muoiono e marciscono sul posto, mentre nelle foreste gestite molti degli alberi maturi vengono asportati. In Alto Adige, si applicano i principi della gestione forestale sostenibile, nel senso che non si tagliano più alberi di quanti ne crescano. E, come afferma Marco Mina, la gestione forestale sostenibile preserva sia il valore economico delle foreste, sia la loro capacità di fornire importanti servizi ecosistemici come la protezione dai rischi idrogeologici. Adesso, per massimizzare la capacità delle foreste di fornire questi servizi, bisognerebbe puntare a lasciarci più legno morto. “Gli alberi morti, soprattutto quelli di grandi dimensioni, sono una risorsa fondamentale per l’ecosistema e i loro resti non andrebbero sempre rimossi ma lasciati in maniera strategica nei nostri boschi”, sostiene l’ecologo forestale.

 

La presenza di grandi quantità di legno morto comporta anche dei rischi. Un albero secco brucia in fretta e può favorire il propagarsi di un incendio. Cataste di ramaglie e tronchi accumulati in zone impervie possono causare danni a valle nel caso di eventi inaspettati come forti piogge e tempeste di vento. Al tempo stesso, i tessuti vegetali marcescenti, quando presenti in abbondanza, possono fungere da catalizzatore di pullulazioni di insetti xilofagi – insetti che si nutrono di legno –, come nel caso del bostrico. “L’ideale sarebbe pianificare la presenza di isole di senescenza, ovvero zone di bosco lasciate a loro stesse, separate da aree gestite. In questo modo, si favorirebbe la biodiversità senza compromettere le attività economiche dipendenti dal bosco e riducendo i rischi dovuti ai disturbi naturali”, conclude Marco.

 

Il lavoro di Marco e dei suoi colleghi e colleghe ci aiuta a comprendere le dinamiche forestali. I risultati delle loro ricerche ci ricordano che, anche dopo la morte, la vita continua a prosperare tra le fronde degli alberi, nel canto di un picchio o nello svolazzare di un pipistrello.

 

SOSTIENICI CON
UNA DONAZIONE
Contenuto sponsorizzato
recenti
Cultura
| 15 febbraio | 12:00
Oltre al concorso cinematografico internazionale, il festival intende promuovere la montagna anche attraverso la fotografia, la musica e la partecipazione di diversi ospiti. Ecco il programma degli eventi che si terranno al palazzo della Gran Guardia, dal 18 al 22 febbraio, con ingresso libero
Sport
| 14 febbraio | 19:00
Un lago artificiale, poche case, una strada che finisce di colpo sommersa dalla neve, e una lunga valle con un piccolo bivacco, sorvegliata dai pizzi Tambò e Ferré: sono gli ingredienti della salita scialpinistica alle Cime di Val Loga
Attualità
| 14 febbraio | 17:45
Sull’Emilia Romagna le precipitazioni nevose si stanno verificando anche a quote basso-collinari, e tra stanotte e domani sia sulla dorsale abruzzese, che su quella umbro-marchigiana e laziale, avremo delle nevicate anche a quote collinari
Contenuto sponsorizzato