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Ambiente

Neve, in montagna “due inverni in uno”: stagione nella media al Nord, deficit pesante nel Centro (-99% nel bacino del Tevere). Ecco cosa aspettarsi nei prossimi mesi

Il dato arriva dal consueto aggiornamento sulla situazione nivale nel nostro Paese elaborato dagli esperti della Fondazione Cima: “Possiamo parlare di 'due inverni' in riferimento alla differente situazione tra il Nord e il Centro-Sud del Paese, ma non solo. Come negli ultimi anni, anche quest'anno questo fenomeno è particolarmente evidente nella netta dicotomia tra le diverse fasce altimetriche”

di
Redazione
13 febbraio | 20:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

Una stagione nella media (pur, va detto, con numeri non proprio brillanti) al Nord, un dato critico (proprio come quello registrato lo scorso anno) al Centro-Sud: parlando di risorsa idrica nivale, in altre parole, nella stagione fredda 2024-2025 il nostro Paese sembra vivere “due inverni in uno”, con una dicotomia ben netta Nord-Sud (e un'altra, altrettanto definita, tra alte e basse quote). È questo, in sintesi, il quadro che emerge dal consueto report della Fondazione Cima per analizzare la situazione dello Snow Water Equivalent (una misura che rappresenta la quantità di acqua derivabile dalla neve qualora venisse completamente fusa) in Italia, dove il deficit, nonostante le nevicate di gennaio sulle Alpi, resta al -58% con forti criticità sugli Appennini.

A ridisegnare il bilancio nivale, dicono gli esperti, concorrono due principali questioni: le temperature elevate e le precipitazioni irregolari. “Siamo nel cuore dell'inverno – si legge nel report di Cima – e mentre le montagne italiane si avvicinano al picco stagione dell'accumulo di neve, emerge un quadro complesso e sfaccettato”. Ma cosa ci raccontano i dati e quale prospettiva possiamo delineare per i prossimi mesi? “Nel mese di gennaio – riportano gli esperti – il Nord Italia ha beneficiato di precipitazioni superiori alla media, favorendo un recupero parziale dell'innevamento alpino. Tuttavia, nel Centro Italia la scarsità di precipitazioni ha ulteriormente aggravato la situazione, con un deficit marcato sulla dorsale appenninica”.

Oltre alle scarse precipitazioni sugli Appennini però, il problema principale resta la temperatura: “Ancora una volta – continuano – gennaio si è confermato più caldo della media su tutto il territorio nazionale. Questo elemento ha giocato un ruolo determinante nel limitare l'accumulo di neve: precipitazioni abbondanti, infatti, non si sono tradotte in nevicate viste le temperature elevate, ma in piogge anche ad altitudini sopra la norma”. La temperatura, infatti, è il fattore discriminante in questa fase: “Specialmente a quote medio basse: a parità di precipitazione – spiega Franceso Avanzi, ricercatore di Fondazione Cima – se le temperature sono più elevate, l'acqua che normalmente sarebbe immagazzinata sotto forma di neve e rilasciata gradualmente nei mesi primaverili ed estivi a seguito della fusione, entra immediatamente nel ciclo idrologico sotto forma di deflusso superficiale. In altre parole, il mancato accumulo di neve implica una disponibilità idrica più irregolare e meno prevedibile nei mesi successivi, con potenziali ripercussioni sugli ecosistemi e sugli utilizzi umani dell'acqua”.

A livello di bacini fluviali, come anticipato le Alpi mostrano segnali di miglioramento rispetto ai valori di metà gennaio. Sul bacino del Po, l'innevamento è ora sotto la media (-47%), ma prossimo al range della naturale variabilità interannuale. "Un quadro simile si osserva anche sull'Adige, con un deficit del -50% e un lieve recupero rispetto ai dati precedenti”. Decisamente più critico invece il 'secondo inverno', quello sugli Appennini: “Nel bacino del Tevere ad esempio – scrive la Fondazione Cima – il deficit raggiunge il -99%. con livelli di neve paragonabili a quelli dello scorso anno, uno dei peggiori dal 2011. Questo scenario si ripete in molte altre aree montuose del Centro Italia, dove le alte temperature e la scarsità di precipitazioni hanno limitato fortemente l'accumulo nevoso”.

“Se nel Nord Italia, dunque, il bilancio nivale risulta più equilibrato, tanto da posizionare la stagione invernale 2024-2025 nella media rispetto agli ultimi decenni, sugli Appennini il quadro è ben diverso: qui l'attuale stagione si configura come una delle peggiori degli ultimi 14 anni. Possiamo parlare quindi di 'due inverni' in riferimento alla differente situazione tra il Nord e il Centro-Sud del Paese, ma non solo. Come negli ultimi anni, anche quest'anno questo fenomeno è particolarmente evidente nella netta dicotomia tra le diverse fasce altimetriche”.

A quote medio-basse infatti, spiega Avanzi, sotto i 2000-2500 metri, il deficit nevoso è marcato, con una riduzione significativa dell'accumulo rispetto alle medie storiche: “Qui, le temperature più elevate hanno favorito la fusione precoce e trasformato molte precipitazioni nevose in pioggia, impedendo la formazione di un manto nevoso stabile. Di conseguenza, ad oggi la neve disponibile per alimentare i corsi d'acqua in primavera potrebbe risultare notevolmente ridotta a quelle quote, con un impatto diretto sulla disponibilità idrica. Alle quote più elevate, la situazione è differente: si registrano in alcuni casi accumuli superiori alla media, grazie a temperature che, pur essendo più alte del normale, restano comunque sotto lo zero, consentendo la conservazione della neve. Questo scenario sottolinea il ruolo cruciale della temperatura nell’influenzare non solo la distribuzione della neve, ma anche il bilancio idrico complessivo delle regioni montane, con effetti che si rifletteranno nei prossimi mesi sulla portata dei fiumi e sulla gestione delle risorse idriche”.

La questione, a questo punto, è cosa aspettarsi nei prossimi mesi: “Guardando avanti, le previsioni stagionali fornite da Ecmwf indicano un trimestre marzo-maggio con temperature significativamente superiori alla norma su tutta Europa. Questo non depone a favore della conservazione del manto nevoso, che potrebbe subire una fusione anticipata rispetto alla media storica. Si tratta comunque di previsioni molto incerte, da continuare a monitorare. Sul fronte delle precipitazioni, invece, il quadro appare più in linea con la media stagionale. Ma, come sempre, la discriminante sarà: neve o pioggia? La risposta a questa domanda determinerà le sorti della risorsa idrica nivale e la disponibilità d'acqua per il periodo primaverile ed estivo”.

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