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Cultura

La gastronomia dolomitica che recupera la tradizione montanara che ‘ha le gambe nel passato e la testa nel futuro’ e contrasta lo spreco

Oltre le vette del gusto, per una cucina che mette la montagna non solo nel piatto, ma rende il cibo un verticale simbolo d’identità, coinvolgendo cuochi di grande prestigio e tutta una serie di ‘cercatori di valori alpini’. Quelli che trasformano la gastronomia dolomitica in qualcosa di unico, speciale e nel contempo decisi a difendere l’ecosistema contrastando lo spreco alimentare. Con una modalità che faciliti la possibilità di rispettare (anche nelle nostre case) la naturalità dei raccolti montanari

di
Nereo Pederzolli e l'AltraEnogastronomia
10 marzo | 15:00

La cucina di montagna, tra le Dolomiti, vanta l’alfiere più ieratico, cuoco tristellato e rigoroso selezionatore di materie rigorosamente d’alta quota: Norbert Niederkofler, nato in Val Aurina, da qualche decennio star assoluta della miglior ristorazione anche in campo europeo. La sua filosofia culinaria è alla base di una proposta chiamata ‘Cook the Mountain’, idee e tecniche condensate in un libro, mentre tante altre aspirazioni diventano parte portante di ‘CARE’s - the ethical chef days’, progetto legato alla rigorosa quanto creativa sostenibilità, coinvolgendo oltre 200 tra chef, produttori alimentari e altre figure del panorama più responsabile dell’enogastronomia. Con il ruolo della montagna a sancire le differenze, valorizzare la diversità dei prodotti e rendere onore a quanti valorizzano l’alta quota. Nei giorni scorsi i fondatori di CARE’s hanno festeggiato a Brunico il decennale del loro autorevole sodalizio eco-gastronomico, coinvolgendo - molti via web - cuochi che operano in tutto il mondo. Con assolute star della cucina d’autore, da Virgilio Martinez (Central, Lima) a Christophe Pelè e Aurora Storari (Le Clarence, Parigi), Supakson Jongsiri (Sorn, Bangkok) ad Ana Ross, blasonata cuoca slovena, senza tralasciare una lunga ‘brigata’ di cappelli italiani. Impegno e nuove strategie. Messe in pratica non solo nei ristoranti montanari, ma sulle tavole imbandite da cuochi che affrontano temi di etica e sostenibilità, per veicolare messaggi differenti in territori altrettanto diversi, lontani dalle Alpi, con persone rispettose di valori oltre che dei sapori.

 

La strategia di Norbert Niederkofler - docente universitario a Bolzano, attivo ai fornelli del suo Atelier Moessmer a Brunico e all’AlpiNN, spettacolare ristorante ad oltre 2000 metri del Plan de Corones - è stata prontamente rilanciata con grande entusiasmo da alcuni cuochi rigorosamente dolomitici. Trasformando le vette alpine in ‘laboratori del gusto’, recuperando la tradizione del cibo montanaro, quello che ‘ha le gambe nel passato, ma la testa che vive nel futuro’.

 

Ecco allora doverosa citazione per i primi alfieri di questa ‘nouvelle vague’ gastronomica, cuochi del calibro di Alfio Ghezzi (oltre al Mart di Rovereto gestisce inAlto, ristorante a 2250 metri sulla Marmolada), Alessandro Gilmozzi (el Molin, Cavalese), Paolo Donei (Malga Panna, Moena), diversi cuochi di Cortina, per citare chef stellati che operano in montagna, come Martino Rossi nel suo rifugio fassano Fuciade. Mettono in tavola pure tanti suggerimenti. Coinvolgendo tanti altri cuochi, quasi tutti trentenni - Gianluigi Mandico, Samuele e Mattia Augurio, Mattia Sicher, Daniele Tomasi, Martino Rossi, Alberto Pagliani, Marco Bortolotti, Giada Miori - e altri operatori, con ruoli diversificati. Tutti decisi a rafforzare l’identità gastronomica delle Dolomiti, areale di biodiversità colturale e spontanea, per secoli decisive nel caratterizzare le abitudini alimentari delle vallate alpine. Un patrimonio fondamentale, indispensabile per capire l’urgenza di tutelare l’habitat e nel contempo stimolare giusta golosità.

 

Valorizzando - riscoprendo - pure le produzioni spontanee del bosco, veri giacimenti di bontà. Ecco allora il ruolo del ‘foraging’. Che non significa ‘mangiare le erbe’, ma coinvolge metodi per rispettare l’ambiente, valorizzare i luoghi, il ruolo delle persone che vivono sulle montagne e rendere onore a quanti onorano semplicemente la terra. Protagonista assoluta del ‘foraging’ è Noris Cunaccia, una donna della val Rendena, da qualche decennio ‘Maestra del raccolto di erbe spontanee boschive’. Attività nata quasi per caso, frutto di stimoli appresi già nella sua infanzia, una passione per le erbe del bosco meticolosamente sviluppata dopo la gestione dell’Osteria Mezzosoldo, a Mortaso, vicino Madonna di Campiglio, per poi cimentarsi in mirate trasformazioni gastronomiche di quanto selezionava girovagando per i boschi verso l’Adamello. Partendo da una considerazione: il cibo rischia di perdere valori aggiunti. Bisogna mangiare buoni prodotti, ma anche gustare cibo che stimoli naturali e giusti pensieri. Eleonora Cunaccia raccoglie così erbe boschive spontanee quanto commestibili definite alimurgiche, vale a dire bacche, radici, resine, tutta una varietà di frutti genuini. Tramutati in confetture, mousse e altri deliziosi manicaretti. Ricercati dagli chef di mezzo mondo, in primis quelli del ‘cibo d’alta quota’. Noris non si limita al raccolto e trasformazione delle ‘sue erbe lavorate in purezza’. E’ impegnata in corsi di formazione all’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, partecipa a congressi di alta gastronomia ed è sempre disponibile ad accompagnare scolaresche in gite didattiche. Per suggerire ricette basate sull’andamento stagionale, dal tarassaco di fine marzo, poi silene, il crescione e il pregiato radicchio dell’orso, nonché l’aglio della regina e l’altrettanto fragrante pino mugo. E ancora: mugolio, bardana, buonenrico, anchillea, primula odorosa, salvia selvatica, imperatoria e tante altre erbacee. Compiere un’escursione con lei è come spalancare l’enciclopedia pratica della cultura vegetale alpina. Raccoglie rispettando meticolosamente l’inesplorato della biodiversità. E ribadisce: “le piante più belle si devono lasciare nel loro habitat, così si riproducono, facendo attenzione anche agli antagonisti. Vicino all’erba buona, infatti, c’è sempre quella cattiva che le assomiglia. E questo ci insegna molto su come sono le dinamiche della vita”. L’impegno di questa ‘cercatrice d’erbe’ è il filo che lega l’operato di tanti cuochi, sicuramente quelli di CARE’s, operatori convinti della necessità di recuperare le erbe botaniche alpine per comprendere meglio la montagna, capire quali sono le prevalenze di ogni porzione di territorio, bisogni e limiti. Raccogliere la spontaneità boschiva senza ritenerla una dispensa. Noris è categorica: “Nel bosco si entra con il dovuto rispetto, con gli occhi innocenti dei bambini, degli animali e degli innamorati. Bisogna essere molto rigorosi, io sono severissima con me stessa. Non si improvvisa niente. Le erbe possono essere molto pericolose”. Noris ricorda che è necessario operare nella certezza perché solo in Italia di erbe ce ne sono a migliaia. La cernita deve essere responsabile, altrimenti il raccolto sarebbe un furto. Temi questi per una sorta di ‘manifesto’ mirato all’educazione ambientale in giusto equilibrio con le vette del gusto.

l'autore
Nereo Pederzolli e l'AltraEnogastronomia

Nato a Stravino, micro-borgo rurale in Valle dei Laghi, tra Trento, le Dolomiti di Brenta e il Garda. Per 36 anni inviato speciale Rai in programmi e rubriche agroalimentari, filmmaker, da oltre 30 anni degusta vini per la guida del Gambero Rosso e ha pubblicato numerosi testi di cultura enogastronomica. È editorialista e colonna del quotidiano online ilDolomiti.it e per l'AltraMontagna racconterà di enogastronomia 'eroica', di Terre Alte ed alte quote, di buon vino e buon mangiare.

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