Contenuto sponsorizzato
Cultura

In un mondo che rincorre purezza e perfezione non abbiamo più bisogno di eroi, ma di raccontare l'imperfezione

Non abbiamo più bisogno di eroi, di figure nate da una narrazione che tutt’oggi tende a creare miti, modelli irraggiungibili e, di conseguenza, un diffuso scompenso psicologico. Abbiamo invece bisogno di esempi capaci di riabilitare il valore dell’incompiuto:  «L’alpinismo è un’attività sfiancante. Uno sale, sale, sale sempre più in alto, e non raggiunge mai la destinazione. Forse è questo l’aspetto più affascinante. Si è costantemente alla ricerca di qualcosa che non sarà mai raggiunto».  Così affermò una volta Hermann Buhl. Non un eroe, ma un formidabile esempio

di
Pietro Lacasella
05 maggio | 09:47
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

Le ore della sera, avanzando, avevano già sottratto molte luci alla piazza del paese. La pioggia batteva i vetri del bar e delle montagne non rimaneva che il profilo, appena più scuro di un cielo senza stelle.  

 

Sul tavolo c'era tutto il necessario per iniziare una conversazione schietta: vino, ovviamente, e anche un po' di birra. I discorsi, al bar, di solito non sono longevi. Nascono e si esauriscono in un intervallo di tempo breve, con i loro entusiasmi, la loro solennità, gli intercalare colorati, le sfumature nostalgiche.  

E così anche quel discorso sembrava destinato a sfumare per sempre, dopo appena qualche minuto, se non fosse che riuscì a smuovere un sentimento che covavo in testa da tempo, ma che non avevo ancora saputo tradurre in un pensiero concreto.  

 

A un certo punto prese la parola quello tra noi più anziano, quello con la barba più lunga e più grigia, e dopo un vago preambolo sulle montagne e sui racconti di chi le sale, sentenziò all'improvviso: «Non abbiamo più bisogno di eroi»

 

Sul tavolo piombò un silenzio vibrante. Tutto fremeva dopo quelle parole: le mani sui bicchieri, le gambe, i vetri picchiati dalla pioggia.  

 

Inseguendo con la mente un filo invisibile, completò il pensiero con voce malinconica: «Non è raro che le montagne si trasformino nella scenografia di un film d’avventura, interpretato esclusivamente da persone coraggiose, dure, sprezzanti del pericolo, insensibili alla fatica. Invece no. Con le nostre fragilità, con le nostre debolezze, sappiamo che non è vero. Abbiamo lo sguardo perennemente rivolto all’insù, tra le vette più anguste, nella disperata ricerca di un’utopia, di un modello esistenziale proiettato verso la perfezione. Sarebbe forse più saggio incominciare a guardare le nostre valli, forse meno auliche, ma capaci di riflettere quella sana imperfezione che caratterizza ciascuno di noi».  

 

Terminò il bicchiere e di lì a breve anche la riflessione: «Avete capito bene: ho detto proprio sana. Sana perché ci distingue, perché ci rende diversi l’uno dall’altro. L’imperfezione non solo andrebbe accettata, ma anche e soprattutto raccontata. Al contrario si cerca in tutti i modi di nasconderla, sotto un velo di vergogna».  

 

Due giorni più tardi non aveva ancora smesso di piovere. Così, non sapendo cosa fare, accesi il camino e ripresi in mano quelle parole che erano rimaste lì, in attesa di essere cucite su un ragionamento più ampio.  

 

Io stesso ho iniziato a scalare le montagne proprio alla ricerca di un’utopia; nel tentativo di acciuffare la perfezione incarnata, per i miei occhi giovani, nei grandi nomi che hanno scritto la storia dell’alpinismo. Eroi, appunto. Una rincorsa infinita che mi ha offerto grandi soddisfazioni e che allo stesso tempo mi ha spesso proiettato in uno stato di indefinibile inquietudine: più passavano gli anni, infatti, e più mi rendevo conto che, quella perfezione, non sarei mai riuscito a raggiungerla.  

 

È proprio vero: non abbiamo più bisogno di eroi, di figure nate da una narrazione che tutt’oggi tende a creare miti, modelli irraggiungibili e, di conseguenza, un diffuso scompenso psicologico. Abbiamo invece bisogno di esempi capaci di riabilitare il valore dell’incompiuto:  

 

«L’alpinismo è un’attività sfiancante. Uno sale, sale, sale sempre più in alto, e non raggiunge mai la destinazione. Forse è questo l’aspetto più affascinante. Si è costantemente alla ricerca di qualcosa che non sarà mai raggiunto».  

 

Così affermò una volta Hermann Buhl. Non un eroe, ma un formidabile esempio.

SOSTIENICI CON
UNA DONAZIONE
Contenuto sponsorizzato
recenti
Sport
| 23 gennaio | 20:00
L'aumento delle temperature si può anche misurare in secondi? A Garmisch-Partenkirchen sì: 30
Cultura
| 23 gennaio | 19:00
Fu autore di un’intensa attività esplorativa condotta, negli anni a cavallo fra il diciannovesimo e il ventesimo secolo, sulle montagne che oggi rientrano nel Parco Naturale delle Dolomiti Friulane. Ne parlano Eugenio Maria Cipriani e Luca Calvi nel libro "In terra incognita" (verrà presentato a Vicenza martedì 28 gennaio)
Cultura
| 23 gennaio | 18:00
È possibile esplorare il processo socio-culturale che ha portato alla formazione del paesaggio? Al Castello di Novara 70 opere d'arte ci accompagnano lungo un percorso durato quasi cento anni
Contenuto sponsorizzato