In partenza per il Pakistan l'ultima spedizione del "progetto Swat": corsi di "alpinismo ecologico" per una fruizione della montagna fondata sul rispetto
Un team di esperte è prossimo alla partenza per l'ultima tappa dello Swat project, frutto della collaborazione tra Mountain Wilderness insieme al Club Alpino Accademico Italiano e all’Associazione Internazionale di Studi sul Mediterraneo e l’Oriente e nato a metà del secolo scorso dalla mente dell'orientalista Giuseppe Tucci
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
Un team di istruttrici sta per partire alla volta del Pakistan per la tappa conclusiva del progetto Swat, promosso da Mountain Wilderness insieme al Club Alpino Accademico Italiano e all’Associazione Internazionale di Studi sul Mediterraneo e l’Oriente.
“Lo Swat Project è un progetto che abbiamo avviato qualche anno fa e che comprendeva tra fasi - spiega Gabriella Vanzan di Mountain Wilderness International - la prima mirava a formare giovani locali come guide di montagna ecologiche per turisti pakistani e stranieri. La seconda fase mirava a raccogliere informazioni e immagini da parte dei gruppi di escursionisti e alpinisti per la pubblicazione di una guida che illustrasse il potenziale escursionistico e alpinistico della regione, con l'obiettivo di promuoverne una frequentazione che potesse proteggere l'ambiente montano, sviluppare l'economia locale e rispettare le tradizioni e la cultura locali. Infine la terza fase prevedrebbe l'istituzione di un parco nazionale”.
“Le valli montane dello Swat - spiega Mountain Wilderness - sono le uniche in tutta l’Himalaya che è possibile raggiungere in un paio di giorni partendo dalle città della pianura e le ascensioni alle vette maggiori non richiedono lunghe marce di avvicinamento e un massiccio uso di portatori”. Questo le rende “una via di mezzo tra gli ambienti alpini così come si presentavano ai visitatori agli inizi del 1800 e quelli più propriamente himalayani: valli, valichi, vette, ghiacciai spettacolari, che si estendono tra i fino a 6000 metri, ma anche dense foreste di conifere, numerosi laghi lungo ogni percorso, torrenti limpidissimi, pascoli di quota abitati da pastori nomadi. Purtroppo oggi lo Swat, raggiunto facilmente dalle strade, inizia ad essere aggredito da un turismo di massa irrispettoso e disordinato”. E proprio per questo motivo Mountain Wilderness ritiene necessario elaborare una forte proposta di fruizione alternativa, fondata sul rispetto e su norme stringenti e orientata verso l’istituzione di un Parco Nazionale.
La genesi di questo progetto è da ricercarsi nel secolo scorso, e in particolare nel 1964 quando l’orientalista Giuseppe Tucci chiese a un gruppo di alpinisti del Club Alpino Accademico Italiano di Roma di organizzare una missione esplorativa nelle montagne della regione dello Swat. Proprio Tucci aveva intuito che lo Swat si identificava con la mitica Uddiyana, di cui parlano vari testi buddhisti, e grazie agli scavida lui iniziati e proseguiti fino ai nostri giorni, lo Swat è considerato uno dei più importanti centri dell’arte greco-buddhista del Gandhara, fiorita tra il secondo e il quinto secolo d.C. Lo scorpo della missione del Caai era quello di collegare le visite ai più antichi monumenti buddhisti del basso Swat con attività “outdoor” rispettose della qualità dell’ambiente naturale d’alta quota dello Swat settentrionale. Carlo Alberto Pinelli fu nominato capo della missione, che si svolse in ottobre portando a risultati interessanti, tra cui l’ascesa di diverse cime vergini sopra i 5.000 metri. Il progetto però si fermò lì.
Nel 2017 si crearono le condizioni per riprendere in mano il progetto, con l’urgenza data dalla creazione di una nuova superstrada avrebbe presto collegato l’area a Islamabad, dimezzando i tempi di percorrenza e determinando un aumento del turismo. Così l'Istituto Italiano per il Medio ed Estremo Oriente, Mountain Wilderness International e Pakistan hanno sviluppato un progetto per la valorizzazione e la tutela del patrimonio naturale e culturale dello posto, con il sostegno del Partenariato per la Montagna, dello stato italiano, del Club Alpino Accademico Italiano e di generosi donatori privati.
Quell’anno venne svolta una prima ricognizione del territorio, per prendere contatto con la popolazione locale e le organizzazioni turistiche che operano nella regione dello Swat, e in quello seguente si tenne il corso di “Environment Friendly Mountaineering” che, con lo scopo di formare un gruppo di guide affidabili anche in contesti difficili e in grado di collaborare alla redazione della guida, ha rappresentato la prima fase del progetto. Il corso, della durata di due settimane, ha coinvolto ventuno allievi e, sebbene l’iscrizione fosse aperta anche alle ragazze, nessuna si è presentata. Da allora si sono tenuti diversi corsi di “alpinismo ecologico”, con una pausa solamente nel 2020 a causa della pandemia.
Nel 2022, nell’ambito del progetto, è stato organizzato il primo corso per sole donne, che ha riscosso molto successo: “Si tratta di un riconoscimento che segnala un importante passo avanti lungo il non facile cammino verso la parità di genere in comunità spesso ancorate a un’interpretazione tradizionale dell’Islam”. Ricordiamo infatti che secondo il Global Gender Gap Report 2023 del World Economic Forum, il Pakistan è ben 142esimo su 146 paesi in termini di parità di genere: solamente in Iran, Algeria, Chad e Afghanistan si trovano condizioni peggiori.
“Come segno di inclusione ed emancipazione, abbiamo deciso di organizzare un secondo corso di montagna per sole donne, che si terrà nella seconda metà di aprile di quest'anno”. Il team in partenza è composto da: Patrizia Romagnolo, istruttrice nazionale di alpinismo del Cai; Elisa Peyrot, istruttrice nazionale di alpinismo e medico del soccorso alpino del Cai; Chiara Delpino, istruttrice di alpinismo e archeologa del Cai; Concep Mirò, esperta di ambientalismo e trekking; Francesca Colesanti, istruttrice nazionale di alpinismo e giornalista; Susanna Gonella, esperta di trekking, rappresentante del consiglio direttivo di Mountain Wilderness International e Ayesha Hinna, esperta di arte buddista del Gandhara. A riprendere il tutto, con lo scopo di creare un documentario, ci sarà Chiara Chiella.