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Cultura

“Il bosco di castagno, per noi, è tutto”: un incontro tra mare e montagna che dà vita a un patrimonio Unesco

Un paesaggio tra i più noti della nostra Penisola, quello della Costiera amalfitana - Patrimonio dell'Umanità - da tutti associato al mare, ha uno strettissimo e antico legame con i vicini boschi dei Monti Lattari. Un "reportage involontario" ci porta alla scoperta del legame tra i limoneti amalfitani e i boschi di castagno, facendoci riflettere sulla "grande amnesia" che talvolta avvolge le nostre Montagne di mezzo

 

di
Luigi Torreggiani
16 marzo | 06:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

Più che un articolo, questo è il risultato di un piccolo reportage involontario, capitato per caso, durante tre giorni di vacanza in famiglia. Le “altre montagne” sono capaci di regalare suggestioni quando meno te l'aspetti: proprio così, all’improvviso, è nata questa ricerca che, nel contesto di un territorio Patrimonio dell'Umanità Unesco e di uno dei più apprezzati “Paesaggi rurali storici d’Italia” posto a mare, ci spinge a riflettere sul valore storico, sociale, culturale e paesaggistico della gestione forestale a monte

 

La nostra meta era la Costiera amalfitana, un luogo che da anni avevamo inserito nella lista di quelli da visitare attraverso camminate lungo i sentieri. Per arrivarci abbiamo attraversato i Monti Lattari, un territorio interessante e poco conosciuto, tutelato da un Parco regionale. Curva dopo curva, il mio occhio tecnico è caduto immediatamente sulla copertura forestale, che si mostrava da un lato molto omogenea in termini di composizione specifica, dall’altro con una struttura “a macchie” assai peculiare. Non c’era ombra di dubbio: si trattava di castagno, di grandi distese di cedui di castagno attivamente gestiti.

 

 

Il ceduo è quella forma di governo del bosco, tipica della latifoglie, che prevede la ricrescita dello stesso attraverso il “ricaccio” delle ceppaie. Gli alberi, chiamati in gergo tecnico “polloni”, vengono tagliati a turni abbastanza brevi (ogni 15-40 anni); dalle stesse ceppaie, che rimangono vitali, rinascono altri fusti che rinnovano il ciclo di coltivazione. Il castagno si presta molto bene a questo tipo di gestione, per la vigoria dei suoi ricacci e la vitalità delle ceppaie anche ad età molto avanzate.

Talvolta, viaggiando lungo la penisola, questi boschi appaiono abbandonati da molti decenni e lasciati a sé stessi, ma non era affatto questo il caso. I boschi dei Monti Lattari, al contrario, apparivano regolarmente utilizzati con turni di coltivazione abbastanza brevi. Senza foglie, i fusti dei giovani castagni spiccavano nel paesaggio con forme slanciate, diritte; perfette - osservavo con l’occhio tecnico - per la produzione di paleria.

 

Non mi sbagliavo: dopo una curva, ecco spuntare un ampio piazzale ingombro di pali scortecciati e appuntiti, ben ordinati a seconda delle loro dimensioni diametriche, poi un altro, e un altro ancora.

“Dev’esserci un’attiva filiera di produzione dei pali di castagno da queste parti”, ho pensato, immaginando come probabile sbocco commerciale i tanti vigneti del Centro-Sud Italia che spesso, per fortuna, vedono ancora l’utilizzo del legno rispetto al cemento o all’acciaio per sorreggere i tralci. 

 

 

Quella breve suggestione sembrava già conclusa, l’occhio tecnico e la mia curiosità si sentivano sazi. Ma questa volta mi sbagliavo. L’ho capito a breve, appena svalicati verso il mare e finalmente immersi nel meraviglioso paesaggio che andavamo cercando: quello, appunto, della Costiera amalfitana.

 

Eccolo il mare, ecco i terrazzamenti, le macere! Le antiche costruzioni di pietra a secco che sorreggono i vigneti ma soprattutto i famosi limoneti della Costiera! Ecco l'accostamento di storici elementi architettonici e coltivazioni agricole che fa di questo particolare ambiente un paesaggio di enorme pregio, apprezzato in tutto il mondo. Ed ecco tanto, tantissimo legno: pali e pali di castagno, a perdita d’occhio, piantati sopra le macere per sorreggere le colture. Un fittissimo intreccio di pertiche ordinate, dalle forme talvolta bizzarre che, stagliandosi nel blu del mare con altezze irregolari, assumono un aspetto unico, dal fascino antico. 

 

Pietre, terrazzi, limoni, pergolati in legno, il mare: che vista magnifica!

 

Ho deciso così di approfondire ulteriormente e ho scoperto ben presto, dal sito dell’UNESCO, che la paleria di castagno locale è in effetti parte integrante del paesaggio tutelato in quanto Patrimonio dell’Umanità: “Un elemento che caratterizza il paesaggio della Costiera è il pergolato. Tale struttura, creata grazie all’uso dei pali giovani di castagno che vengono legati tra loro, ha permesso per secoli la coltivazione intensiva del poco terreno agricolo disponibile”.

 

Anche nel Dossier del Registro Nazionale dei Paesaggi Rurali Storici è ricordato questo stretto legame tra mare e monte: “In stretta connessione funzionale col paesaggio agrario dei giardini terrazzati di limoni è, in particolar modo, la fascia compresa tra i 300 ed i 900 m s.l.m., caratterizzata da boschi cedui a prevalenza di castagno il quale, oltre a produrre legname da costruzione e legna da ardere, è suscettibile di fornire la paleria indispensabile alla costruzione delle pergole sulle quali vegetano i limoni. Dal mondo arabo deriva probabilmente anche la tradizionale tecnica di allevamento dei limoni su pergole di pali di castagno, tuttora largamente diffusa. Anche le operazioni di copertura delle pergole, utili a forzare o tardare la maturazione dei frutti e a proteggerli dal freddo, sono molto simili a quelle dettagliatamente descritte nel Calendario di Cordoba, un importante manuale agronomico che data alla metà del X secolo. [...] Il limoneto amalfitano è divenuto nei secoli più che una coltivazione arborea un’architettura del paesaggio complessa, i cui materiali da costruzione constano di pietra calcarea, terreno di riporto, paleria di castagno e piante.

 

 

Queste due importantissime fonti già bastavano per descrivere l'importanza della gestione forestale dei castagneti dei Monti Lattari nel mantenimento di questo paesaggio storico unico al mondo. Ma a quel punto ho sentito che volevo saperne di più. Mi interessava conoscere qualcosa su chi, ancora oggi, lavora alla produzione dei pali di castagno.

 

“Più di trenta famiglie, nella sola Agerola, lavorano di questo”, mi ha spiegato Luigi, il simpatico proprietario del B&B dove abbiamo alloggiato, “producono travature per le costruzioni, pali per i pergolati della Costiera e, con gli scarti, portano la legna da ardere alle pizzerie e a tutti noi, che ci scaldiamo con le stufe. Cosa credi, che qui non faccia freddo? D’inverno quassù, anche se siamo affacciati al mare, il freddo arriva eccome, e pure la neve!”.

 

Una filiera cortissima e locale di una risorsa rinnovabile, che si sviluppa in pochi chilometri; un perfetto esempio di “approccio a cascata” nell’utilizzo della risorsa legnosa: manufatti durevoli dall’elevato valore aggiunto prima di tutto, poi energia, ma solo con gli scarti. Si tratta di concetti "alti", scritti nero su bianco nella Strategia Forestale Nazionale e nei documenti europei, che in questa piccola filiera trovata per caso assumono valenza concreta, palpabile. 

 

Mantenimento di un paesaggio storico attraverso la buona gestione di una risorsa rinnovabile all'interno di un Parco, che scoperta! Ma ancora non mi sentivo soddisfatto. Per completare la ricerca sentivo che era necessario parlare con qualche operatore, con chi lavora, ogni giorno, in questa produzione peculiare.

Sulla strada del ritorno, sempre attraverso i Monti Lattari, ho così guidato pianissimo, pronto a fermarmi in uno di quei piazzali pieni di tronchi alla vista di un operatore. Una leggera colonna di fumo mi ha indicato una presenza e immediatamente ho accostato. Sono timidamente entrato in quello strano “tempio del legno” circondato da alti pali appuntiti e ho trovato Paolo, boscaiolo da una vita, intento a scortecciare a mano e a bruciare la “buccia” rimanente.

 

 

“Qui siamo in tanti a produrre pali, da sempre!”, mi ha spiegato Paolo con piglio appassionato, tra ampi sorrisi, mischiando italiano e dialetto, evidentemente stupito dalle mie domande, “Ci sono anche giovani, ma sempre meno. Però alcuni ragazzi si sono specializzati nella costruzione dei pergolati, è un’arte quella! Noi lavoriamo ancora con i muli per tirar fuori il legname, tagliamo il castagno ogni 15 anni, più o meno, e lo lavoriamo ancora a mano. Altri invece hanno qualche macchinario, anche per scortecciare e appuntire. Il Parco ci obbliga a fare un po’ troppe carte rispetto al passato, ma alla fine, dai, si va avanti! Il bosco di castagno, per noi, è tutto”.

 

Paolo mi ha mostrato con grande fierezza la sua assortimentazione maniacale: dai pali più grandi, destinati a travature, fino a quelli più piccoli e leggeri, per la parte sommitale dei pergolati. Poi mi ha offerto un mazzo di cime di rapa (qui spigarielli, non friarielli come a Napoli!) e si è rimesso a scortecciare: “Mi tocca travaglià!”

 

“Chissà…”, ho pensato lasciandomi i Lattari alle spalle, “... chissà se Paolo e gli altri operatori forestali della zona se lo sentono dentro, di essere parte integrante di un paesaggio riconosciuto come storico, addirittura come Patrimonio dell’Umanità e apprezzato in tutto il mondo. E chissà se i milioni di turisti che ogni anno popolano la Costiera vengono educati a collegare quei magnifici versanti terrazzati coperti da viti, limoni e pergolati di castagno, alla gestione forestale che sta a monte, soltanto pochi chilometri di dislivello più in su”.

 

Temo proprio di no. Temo che anche questa piccola ma così importante filiera sia offuscata dalla “grande amnesia” che spesso avvolge le nostre Montagne di mezzo

 

Ma storie come questa, a mio avviso, hanno la forza di dare valore, significato e futuro alla vita sulle “altre montagne”. Tutti noi appassionati dell'andar per monti dovremmo sforzarci nel saperle riconoscere, nel raccontarle, abbandonandoci al loro fascino e allo stupore che queste scoperte sanno generare. E dovremmo anche esigere, da parte delle istituzioni, che esse vengano valorizzate a dovere, che siano parte di un nuovo progetto sociale e culturale, di una nuova narrazione che, a partire dal passato, abbia la forza innovatrice di traguardare al futuro. 

 

Sono convinto che, se raccontate bene, certe storie sappiano generare emozioni autentiche. Molto di più di un selfie al tramonto, scesi dalla nave da crociera, davanti alla cattedrale di Amalfi o sugli scogli, vista mare.

 

 

 

Un video sui paesaggi terrazzati e i pergolati della Costiera amalfitana

 

A corredo di questo articolo, pubblichiamo un brevissimo video, gentilmente concesso dal Museo di Geografia dell'Università di Padova, che mostra una panoramica del paesaggio terrazzato della Costiera amalfitana, con il limoneto di Ercole (Erchie, Maiori) tra pali di castagno.

 

 

 

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