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Cultura

"Fare Törggelen" girando tra i masi: la storia della festa dedicata alla vendemmia e al vino nuovo, ancora in fermentazione

Nei Buschenschank, i masi dell'Alto Adige, solo verso l’autunno, con la vendemmia, si può "far Törggelen": girovagare per i masi vinicoli assaggiando il mosto, il Nuien, mangiando castagne arrostite, gustando grosse fette di speck e altre pietanze nostrane

di
Nereo Pederzolli e l'AltraEnogastronomia
15 settembre | 15:07

Sono sparpagliati su tutto il territorio, migliaia di case contadine che rendono indimenticabile il paesaggio dolomitico. Masi, minuscole aziende agricole vocate all’autarchia, luoghi talmente isolati dal contesto socio urbano che dovevano essere in grado di produrre in proprio il più possibile. Per sopravvivere, per curare la montagna stessa. 

 

In Alto Adige i masi prettamente rurali si chiamano Buschenschank e Hofschank, archetipi di un’agricoltura montana unica nel suo genere. Specialmente i primi, quelli deputati al vino. Che certo non manca nei masi che si possono frequentare più in quota, dove la vigna non alligna, dove comunque il vino nostrano non manca mai. Luoghi appartati per antonomasia, dove la fatica è all’ordine del giorno, ma case aperte, molte diventate singolari osterie contadine. Dove vengono proposti piatti semplici, gustosi, con ingredienti di autentica produzione propria. 

 

Nei Buschenschank, solo verso l’autunno, con la vendemmia, si può "far Törggelen", vale a dire girovagare per i masi vinicoli assaggiando il mosto, il Nuien, mangiando castagne arrostite, gustando grosse fette di speck e altre pietanze nostrane. Törggelen, dal latino torcolum, è una festa dedicata alla vendemmia, alla gioiosa bramosia di gustare il vino nuovo, ancora in fermentazione. 

 

La tradizione dei “Buschenschank” nacque nel Medioevo quando i signori feudali e i principi conferirono ai contadini il diritto di pigiare l’uva e di imbottigliare e vendere una parte del vino prodotto. Il simbolo delle osterie contadine era una frasca, il “Buschen”, appeso sopra il portone d’entrata che indicava all’ospite che la “Stube” o la cantina erano aperte. Questo segno distingueva i “Buschenschank” dalle altre locande e taverne che erano considerate locali pubblici con l’obbligo di appendere un cartello fisso ed accogliere ospiti tutto l’anno. 

 

I “Buschenschank” invece di solito rimanevano aperti da fine aprile (festa di San Giorgio) a fine settembre (festa di San Michele) senza l’obbligo di apertura. In passato la tradizione dei “Buschenschank” non si sviluppò prevalentemente nelle vallate, ma nelle città. A Bolzano per esempio ne sorsero diversi. 

 

Una prima regolamentazione è opera dell’Austria, con una legge del 1843 per agevolare i “Buschenschank”, però con il passaggio dell’Alto Adige all’Italia i “Buschenschank” sudtirolesi diminuirono a causa di una legislazione meno favorevole. Grazie al rilancio del turismo e alla crescente popolarità del “Törggelen” negli anni ’60 e ’70, la cultura dei “Buschenschank” rinacque e il numero degli esercizi - soprattutto nelle zone vitivinicole - aumentò notevolmente, tanto che la Provincia Autonoma di Bolzano decise di regolare le attività di questo settore.

 

Così ‘far Toerggelen’ è anche il modo per scoprire la tipologia di vino legata all’ambito dell’escursione. Basta far attenzione alle proposte ‘di territorio’.

 

A partire dal vitigno Schiava, vite a bacca rossa che in Alto Adige è sinonimo di schietta franchezza contadina. Varietà autoctona, uva destinata al rosso di pronta beva Lago Caldaro-Kalterer doc. Appiano e Caldaro sono l’ambito più caratteristico dove trovare la proposta di merende gustose, servite su ampi tavoli, posti a sedere esterni e nelle suggestive sala interna. Masi dove vino e cibo contadino vengono proposti tutto l’anno, riservando però al ‘Suser’ – come viene chiamato il mosto in fermentazione – grande attenzione. Con pietanze altrettanto tipiche, dai salumi e speck alle omelettes con marmellata e ovviamente caldarroste, carni di maiale e formaggi sudtirolesi. È una zona base ideale nell’intraprendere gite tra i vigneti, visitare il Museo del Vino, girovagare per le tante cantine di Caldaro. Dove gustare pure bevande ‘alcol free’, tutta una serie di succhi di frutta, mela e sambuco in particolare.

 

Poco lontano da Merano, verso la Val Venosta, immersi nei vigneti, sono segnalati storiche residenze contadine, archetipi rurali dove gustare Schlutzer, i ravioloni con spinaci, diversi tipi di canederli e ovviamente tutta una serie di salumi fatti in casa. Dalla cantina Schiava fragrante, ma anche un pregiato Pinot Nero e il curioso Frauler, vitigno nostrano, a bacca bianca, per un vino acidulo e dai sentori di buccia di limone.

 

Bolzano è comunque città da Toerggelen: trovi masi citati in mappe catastali datate 1135, come uno dei primi insediamenti sulla collina che sovrasta Bolzano, verso San Genesio. 

 

Poi il fascino delle case sul Renon, subito sopra la città, tra vigneti di uve Schiava e Lagrein,  quelle che assieme formano il rosso Santa Maddalena. 

 

Se amate i vini bianchi, ecco i masi del Traminer, Sauvignon, Kerner, Sylvaner, Riesling e Mueller Thurgau, vitigni a bacca bianca per vini aromatici quanto eleganti, quelli che hanno reso famosa la produzione enologica altoatesina. Termeno e il Traminer, ma anche Terlano con i suoi portentosi vini bianchi.

 

Lasciando il fondovalle, spingendoci verso nord, sostando a Bressanone per bere Kerner, Sylvaner e Traminer proposti abbinati a piatti tipici, dai Blatten – una sorta di frittelle - con crauti. Sostare magari dopo una passeggiata sul cosiddetto "sentiero delle castagne", vicino Bressanone, dove ancora si coltiva il rosso Portoghese e lo Zweigelt, vitigni rari e diffusi verso la val Isarco.

 

L’ospitalità è cordiale quanto genuina la cucina: speck, zuppe d’orzo o di gran saraceno, minestra di trippa, canederli agli spinaci o con rape rosse, carni di maiale di propria produzione. In cantina, vini bianchi del posto, Kerner compreso.

 

Itinerari nel rispetto dell’originalità della proposta gastronomica, nel rispetto delle genti di montagna. E delle loro consuetudini colturali. Basate su saperi inconfondibili. Proprio come i vini legati alle peculiarità di questo ambito dolomitico.

l'autore
Nereo Pederzolli e l'AltraEnogastronomia

Nato a Stravino, micro-borgo rurale in Valle dei Laghi, tra Trento, le Dolomiti di Brenta e il Garda. Per 36 anni inviato speciale Rai in programmi e rubriche agroalimentari, filmmaker, da oltre 30 anni degusta vini per la guida del Gambero Rosso e ha pubblicato numerosi testi di cultura enogastronomica. È editorialista e colonna del quotidiano online ilDolomiti.it e per l'AltraMontagna racconterà di enogastronomia 'eroica', di Terre Alte ed alte quote, di buon vino e buon mangiare.

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