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Cultura

Dalle difficoltà con le riserve d'acqua all'utilizzo dell'elicottero per provviste e materiali: impegno e fatiche di un rifugista in un documentario

"Lassù in cima" è il primo documentario di Giovanni Grossi e racconta la quotidianità di un gestore di un rifugio (lo Stivo). A essere raccontato nella pellicola è Alberto Bighellini, che da tanti anni gestisce il Rifugio Marchetti allo Stivo, tra la Val d'Adige e il lago di Garda, che ne ospiterà la prima proiezione

di
Sofia Farina
15 settembre | 12:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

"Lassù in cima" debutta sabato 21 settembre con una prima proiezione al Rifugio Stivo, set e oggetto del documentario prodotto da Giovanni Grossi.

 

Il film è dedicato proprio al racconto della quotidianità di un gestore di un rifugio. A essere raccontato nella pellicola è Alberto Bighellini, che da tanti anni gestisce il Rifugio Marchetti allo Stivo, tra la Val d'Adige e il lago di Garda.


Credits: Giovanni Grossi

"Lui è un personaggio molto interessante e quando sono andato a trovarlo mi è subito venuta in mente l'idea di fare qualcosa con lui" racconta Grossi a L'AltraMontagna. "L'idea di base è proprio quella di raccontare il lavoro di Alberto, e quindi di tutti i gestori di rifugi, a tutto tondo, toccando gli aspetti belli, ma anche quelli complessi". 

 

"Vivere in alta quota, in un ambiente straordinario, avere un accesso privilegiato ad esso, rilassarsi nel rifugio vuoto e silenzioso, sono sicuramente dei grandi "pro" di questo lavoro - continua il regista - ma chiaramente ci sono anche diversi elementi e aspetti che lo rendono un lavoro difficile e faticoso. Ad esempio, il trasporto del materiale e delle provviste, che deve essenzialmente avvenire o a spalla o con gli sporadici viaggi in elicottero, oppure il fatto che non hanno riserve di acqua su cui contare, se non quella piovana".


Credits: Giovanni Grossi

Come racconta Grossi, si tratta di "una vita molto particolare" in cui devi mettere in conto anche il costante contatto con il pubblico: "Il giorno in cui sono andato a salutarlo mi aveva proprio colpito il suo atteggiamento di grande tranquillità ed entusiasmo, nonostante il pienone di gente de servire".

 

"Per girare il film nel giro di un anno sono andato sei volte a trovarlo al rifugio per riuscire a immortalare alcuni momenti rappresentativi della sua vita - racconta Grossi -. Ad esempio è stato per me importante filmare il processo di l'approvvigionamento, seguendolo quando faceva il giro dei fornitori ad Arco". Anche la parte di rifornimento in quota usando l'elicottero era importante da includere nelle riprese, commenta il regista: "Si tratta di un momento delicato, è un investimento economico importante e ci sono tante persone coinvolte". 


Credits: Giovanni Grossi

Il regista ha raccontato anche del fondamentale contributo di Mauro Zatteran, che gli ha permesso di accedere alle riprese storiche del rifugio, e Giorgio Tidei, che ha curato la colonna sonora originale del film.

 

Il documentario, completamente autoprodotto da Giovanni Grossi, in seguito alla prima proiezione "in quota" inizierà a "girare" nei diversi Film Festival dedicati al mondo delle terre alte, infatti la prima esperienza documentaristica del regista "partita senza particolari ambizioni" sta già "portando feedback positivi".


Credits: Giovanni Grossi

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