12 chilometri di tunnel e caverne per proteggersi dagli attacchi nemici. Le città di ghiaccio della Marmolada: un racconto di guerra e ingegno
Durante la Prima Guerra Mondiale, il fronte delle Dolomiti vide non solo scontri feroci, ma anche straordinarie imprese ingegneristiche, come la costruzione della celebre "Città di Ghiaccio" sul ghiacciaio della Marmolada
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
Durante la Prima Guerra Mondiale, il fronte delle Dolomiti vide non solo scontri feroci, ma anche straordinarie imprese ingegneristiche, come la costruzione della celebre "Città di Ghiaccio" sul ghiacciaio della Marmolada: 12 chilometri di tunnel e caverne adibite a dormitori, cucine, infermerie, sale radio, cappella, mense.
Questa impresa straordinaria rappresenta uno dei capitoli più affascinanti della "Guerra Bianca", combattuta tra le nevi e i ghiacciai delle Alpi. Gli eventi si concentrano negli anni 1916 e 1917, quando la lotta tra l'esercito austro-ungarico e quello italiano raggiunse nuove vette di brutalità e innovazione.
Il ghiacciaio della Marmolada, situato nella zona settentrionale della montagna più alta delle Dolomiti, divenne un campo di battaglia strategico. In particolare, la posizione delle truppe austriache era messa in pericolo dai continui attacchi degli Alpini italiani, che dalle loro postazioni sopraelevate sulla Cresta di Serauta colpivano le colonne di rifornimento nemiche, causando pesanti perdite di uomini e materiali.
Fu in questo contesto che un ingegnere austriaco, il tenente Leo Handl, ebbe l’idea di sfruttare il ghiaccio per proteggere i soldati dagli attacchi nemici. Handl, originario di Innsbruck, si ispirò alle formazioni naturali del ghiacciaio per costruire una rete di tunnel e rifugi al riparo del ghiaccio. In breve tempo, la "Città di Ghiaccio" (Eisstadt) prese forma: un insieme di gallerie e rifugi scavati all'interno del ghiacciaio, lungo circa 12 chilometri e con una dislivello di oltre 1000 metri.
La città di ghiaccio, realizzata da un numero impressionante di soldati con strumenti rudimentali come picconi, trivelle e esplosivi, consentiva il trasporto sicuro di rifornimenti e munizioni dalle retrovie fino alle prime linee, senza essere esposti al fuoco nemico. Era un’opera imponente, che comprendeva rifugi, depositi, latrine, dormitori, un'infermeria, una cappella e persino una centrale telefonica.
In certi punti, il ghiaccio raggiungeva uno spessore di 50 metri, offrendo una protezione naturale in un ambiente dove le temperature esterne potevano scendere fino a -30°C.
Sebbene la città di ghiaccio fosse un rifugio sicuro dagli attacchi italiani e dal rigido inverno alpino, la vita al suo interno non era priva di difficoltà. Il sistema di ventilazione, seppur ingegnoso, non riusciva a dissipare completamente i fumi delle lampade ad acetilene e delle stufe, rendendo l’aria spesso irrespirabile. L'umidità elevata e i continui movimenti del ghiacciaio causavano la deformazione dei tunnel, che richiedevano continui interventi di manutenzione.
La città di ghiaccio ebbe un impatto significativo sul corso della guerra nella zona della Marmolada. Grazie a questa rete di tunnel, le truppe austriache poterono muoversi in sicurezza e mantenere le posizioni più avanzate. Il trasporto di uomini e materiali avveniva attraverso una serie di teleferiche, i cui punti di arrivo erano nascosti sotto il ghiaccio o tra le rocce. I soldati potevano muoversi senza essere visti, riducendo drasticamente le perdite dovute ai bombardamenti italiani.
Con la ritirata austriaca dopo la disfatta di Caporetto nel novembre del 1917, la città di ghiaccio fu abbandonata. Gli austriaci distrussero le infrastrutture prima di lasciare l’area: le baracche furono incendiate, i depositi di polvere da sparo fatti esplodere e le munizioni gettate nelle crepacci del ghiacciaio. Con il tempo, la città di ghiaccio scomparve, inghiottita dal lento movimento del ghiacciaio.
Restano oggi pochi segni di questa straordinaria impresa ingegneristica. Durante i mesi estivi, la ritirata del ghiaccio riporta alla luce occasionalmente frammenti e resti della città.
Un modello plastico della Città può essere osservato al Museo della Grande Guerra, localizzato proprio sulla Marmolada, a 3000 metri di quota, dove sono esposti anche numerosi ritrovamenti dei soldati che in essa vivevano.
La Città di Ghiaccio della Marmolada rappresenta un esempio unico di ingegneria militare e di sopravvivenza in un ambiente estremo. Nonostante le difficoltà, gli austriaci riuscirono a trasformare il ghiacciaio in una fortezza naturale, sfuggendo agli attacchi nemici e trovando un rifugio sicuro dal freddo letale. Oggi, questa storia affascinante continua a suscitare l'interesse di storici, geologi e appassionati di montagna, che vedono nella Marmolada non solo un teatro di guerra, ma anche un simbolo della resistenza umana in condizioni avverse.