(IL VIDEO) Decine di turisti bloccati sulla via ferrata: il problema del sovraffollamento in montagna supera i confini nazionali per abbracciare quelli globali
Il sovraffollamento turistico non solo è appannaggio di città come Venezia, Firenze, Parigi, ma abbraccia anche i contesti montani, portando indubbiamente benefici economici, ma al contempo provocando scompensi sociali, ambientali ed esperienziali. Forse bisognerebbe trasformare il nostro modo di relazionarci ai territori, svincolandoci dalle logiche dei social network e, soprattutto, contemplando la rinuncia quando ci si rende conto che la nostra presenza può infliggere cicatrici indelebili all’ambiente e alle società che lo abitano
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
In più di un’occasione, andando in montagna, mi sono sentito una processionaria. In particolar modo nei fine settimana estivi quando lunghe code di escursionisti e alpinisti si trascinano sui tracciati più noti spinte dal desiderio di vivere per qualche ora paesaggi già ammirati migliaia di volte sui social network.
È un circolo vizioso: più un luogo viene fotografato e condiviso, più cresce la sua carica attrattiva, ma soprattutto la nostra voglia di dimostrare di averlo visitato. Si vengono così a creare dei paesaggi iconici che, come le figurine di un album, si ambiscono ad aggiungere alla propria collezione. In questo modo si sviluppa una montagna balbuziente, perché i rilievi situati al di fuori della strada maestra risultano invisibili agli occhi dell’escursionista e di chi promuove il territorio.
A montagne di “serie A”, spesso afflitte da forme di turismo incompatibili con l’ambiente, si alternano montagne di “serie B”, ignorate da tutto e da tutti, abbandonate assieme ai loro (ormai rari) abitanti.
È una dinamica che ha abbracciato l’intera catena alpina, ma risulta evidente soprattutto sulle Dolomiti, caratterizzate da valli più minute e spazi relativamente stretti rispetto a quelli offerti dalle ampie Alpi Occidentali. È sufficiente pensare ai laghi di Braies e di Sorapis, attorno ai quali ronzano migliaia di visitatori ogni fine settimana. Oltre a un impatto ambientale non trascurabile, l’assalto di massa riduce notevolmente il valore dell’esperienza, tant’è che molti turisti tornano a casa accompagnati da un profondo senso di delusione.
Ma questo fenomeno non si limita ai territori alpini: trova infatti riflesso in altri contesti. È recente ad esempio la notizia che sul monte Yandang (1.150 metri), nella Cina orientale, decine di turisti sono rimasti bloccati per più di un’ora su una parete a strapiombo, aggrappati a una corda lungo un percorso attrezzato, a causa della fila creatasi.
Come riportato dall’agenzia Kronos, “La Wenzhou Dingcheng Sports Development Co., Ltd, che gestisce la via ferrata, ha affermato di aver sottovalutato il numero di persone interessate a scalare la montagna. ‘A causa della nostra errata valutazione del numero di clienti che sarebbero arrivati, della mancanza di controlli efficaci del traffico, di un sistema di prenotazione dei biglietti e delle carenze nella gestione in loco, i clienti sono stati bloccati e intrappolati lungo il percorso di arrampicata’”.
Una dinamica speculare a molte realtà distribuite tra i rilievi del mondo. L’overtourism, in montagna, sta infatti diventando una dinamica globale. È sufficiente pensare alla piccola città di Fujikawaguchiko - ai piedi del Monte Fuji, in Giappone -, di soli 27 mila abitanti e invasa (secondo quanto riportato da Time) da 3 milioni di visitatori che, macchina fotografica o smartphone alla mano, si recano nel parcheggio di un minimarket. “Perché tutta questa attenzione per il parcheggio di un minimarket?” Vi starete giustamente domandando. Perché da lì è possibile catturare uno scorcio particolarmente suggestivo del Monte Fuji. In un mondo che parla per immagini; in un turismo che trova appagamento nelle immagini, è la località ideale.
Il problema consiste nel fatto che l'overturism, per questa piccola meta giapponese, non è assolutamente sostenibile. A dichiararlo è stata la stessa amministrazione della città, che, per questo motivo, ha deciso di costruire un muro per nascondere la silhouette del vulcano.
Insomma, il sovraffollamento turistico non solo è appannaggio di città come Venezia, Firenze, Parigi, ma abbraccia anche i contesti montani, portando indubbiamente benefici economici, ma al contempo provocando scompensi sociali, ambientali ed esperienziali. Forse bisognerebbe provare a rivolgere lo sguardo dalle montagne di “serie A” alle montagne di “serie B”, ma per farlo è prima necessario trasformare il nostro modo di relazionarci ai territori, svincolandoci dalle logiche dei social network e, soprattutto, contemplando la rinuncia quando ci si rende conto che la nostra presenza può infliggere cicatrici indelebili all’ambiente e alle società che lo abitano.
5月4日温州雁荡山
网曝大量游客玩攀岩被困在半山腰不得动弹。 pic.twitter.com/CF8LJmaZdK
— 新闻调查 (@xinwendiaocha) May 5, 2024