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Attualità

Ampio dibattito per croci di vetta e cambio nome Cervinia-Breuil, silenzio quasi totale sulle precipitazioni che stanno piegando i territori montani

(L'editoriale) Perché tanto silenzio? Forse perché la montagna, e i suoi abitanti, interessano solo quando offrono spunti di propaganda? Forse perché la montagna viene intesa unicamente come un luogo rilassante dove alzare i calici e trascorrere le vacanze? Forse perché questi eventi meteorologici probabilmente si inseriscono in un quadro di cambiamento climatico già previsto dagli esperti, che disturba le coscienze, ma sostanzialmente ignorato dall'attuale classe dirigente?

di
Pietro Lacasella
01 luglio | 06:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

Esattamente un anno fa diversi esponenti dell'attuale governo gettavano litri e litri di benzina sul focolaio di una polemica - quella delle croci di vetta - inventata nella sostanza e, di conseguenza, completamente priva di fondamenta. Lo scrivo a ragion veduta, perché è una vicenda che ho vissuto dall'interno e di cui posso parlare con assoluta cognizione: nessuno aveva mai sostenuto di voler rimuovere le croci dalle vette, come lamentavano diversi politici (ministra del turismo Daniela Santanchè in prima fila).

 

Pochi mesi più tardi un'altra rovente polemica ha coinvolto i territori montani (anche in questo caso la ministra Santanchè si è esposta con solerte indignazione). La miccia si è accesa sulla decisione di eliminare dalla toponomastica il nome Cervinia, nato in epoca fascista, per tenere in vita solo l'originario Breuil. Una scelta che ha provocato diversi malumori, soprattutto perché l'iniziativa avrebbe potuto danneggiare il "brand Cervinia", nome indubbiamente efficace in ottica di promozione turistica. Alla fine, però, la località continuerà a chiamarsi Breuil-Cervinia. 

 

Se per quanto riguarda le croci di vetta si può tranquillamente parlare di travisamento mediatico cavalcato dalla politica; sulla questione "Breuil-Cervinia" il pragmatismo turistico-promozionale trova un fondo di razionalità, che tuttavia poco giustifica le allarmate reazioni che ben ricordiamo.

 

È curioso invece notare una generale assenza di preoccupazione per gli eventi meteorologici estremi che si sono abbattuti, negli ultimi giorni, sui territori montani. Anche su Breuil-Cervinia, dove hanno provocato danni non indifferenti. Eppure Alpi e Appennini sono una geografia di assoluta rilevanza per la Penisola, e non solo per la loro carica attrattiva, ma anche perché offrono alla pianura servizi ecosistemici indispensabili.

 

Viene spontaneo chiedersi il motivo di questo silenzio: forse perché la montagna, e i suoi abitanti, interessano solo quando offrono spunti di propaganda? Forse perché la montagna viene intesa unicamente come un luogo rilassante dove alzare i calici e trascorrere le vacanze? Forse perché questi eventi meteorologici probabilmente si inseriscono in un quadro di cambiamento climatico già previsto dagli esperti, che disturba le coscienze, ma sostanzialmente ignorato dall'attuale classe dirigente?

 

A voi le risposte.

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