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Ambiente

"L’inizio di questo inverno si colloca tra i peggiori per neve al suolo dal 2011". -63% rispetto alle medie del periodo

Un’insufficienza che, come mettono in allerta gli esperti, potrebbe avere delle ripercussioni non solo a livello ambientale, ma anche economico e sociale: "Contributi idrici ridotti dai bacini alpini influenzano direttamente la disponibilità d’acqua per uso agricolo, civile e industriale, specialmente nei mesi primaverili ed estivi"

di
Pietro Lacasella
16 gennaio | 10:45
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

Meno neve e, quando arriva, è da considerare “effimera”. Questi gli esiti dello studio condotto in collaborazione tra Lab24 del Sole 24Ore in collaborazione con la Fondazione Cima.

 

La ricerca ha quantificato la riduzione del manto nevoso sulla catena alpina: nell’arco di tempo compreso tra novembre e 10 gennaio è stato misurato un calo del 63% rispetto alla media dello stesso periodo negli anni tra il 2011 e il 2023.

 

Sull’Appennino è invece caduto qualche fiocco in più, ma le alte temperature che hanno seguito le perturbazioni, hanno reso “effimera” la presenza al suolo della bianca coltre.

 

Francesco Avanzi, ricercatore di Fondazione Cima, spiega al Sole 24Ore che “quest’anno l’assenza di neve sulle Alpi è abbastanza omogenea a tutte le altitudini. In genere le quote alte tengono meglio, mentre le temperature anomale la fondono più a valle. Significa che a mancare sono state soprattutto le precipitazioni”.

 

Per molte regioni italiane, si legge ancora, “l’inizio di questo inverno si colloca tra i peggiori per neve al suolo dal 2011”, tant’è che le scorte nivali presenti sul territorio italiano sono pari a 1 miliardo e 700mila metri cubi di neve, contro i 4,6 della media 2011-23 (circa un terzo in meno) e metà rispetto a gennaio dell’anno scorso, quando ne avevamo 3,2.

 

Un’insufficienza che, come mettono in allerta gli esperti, potrebbe avere delle ripercussioni non solo a livello ambientale, ma anche economico e sociale. Informa ancora Avanzi: “Contributi idrici ridotti dai bacini alpini influenzano direttamente la disponibilità d’acqua per uso agricolo, civile e industriale, specialmente nei mesi primaverili ed estivi. I dati storici dimostrano che un inverno povero di neve si traduce spesso in una ridotta portata dei fiumi durante i mesi estivi, aumentando il rischio di siccità”.

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