“Stop all'abeticidio”: riflessioni su simboli e sostenibilità a partire dalla prima petizione della stagione contro l’albero di Natale del Papa
La protesta contro l’albero di Natale del Papa è un po’ come il panettone nei supermercati: il suo arrivo annuncia inesorabile l’avvicinarsi delle festività di fine anno. A metà ottobre è stata lanciata la prima petizione contro l'albero di Natale del Papa, quest'anno proveniente dal Trentino. Proteste e raccolte firme conto la tradizione di abbellire le piazze con abeti veri, "sacrificati" per questo scopo, sono ormai anch'esse una vera e propria "tradizione natalizia". Una riflessione che cerca di ampliare lo sguardo e prova a fare chiarezza su alcuni dei termini utilizzati
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
Ogni anno la polemica si ripete, uguale a sé stessa.
La protesta contro l’albero di Natale del Papa è un po’ come il panettone nei supermercati: il suo arrivo annuncia inesorabile l’avvicinarsi delle festività di fine anno.
Non siamo ancora a novembre, ma già impazza una petizione, pubblicata su Change.org, dal titolo “Salviamo gli alberi secolari dal taglio natalizio per la santa sede!”. In dieci giorni sono state raggiunte 30.000 firme - non un numero elevatissimo, ma comunque significativo - e la raccolta di sottoscrizioni sta rimbalzando di chat in chat, di social in social, insieme a commenti di ogni tipo contro il “presunto Papa ambientalista” che, a detta di molti firmatari, sarebbe una sorta di “emblema dell’incoerenza”: come può, ha commentato qualcuno, aver scritto l’Enciclica Laudato si' e poi permettere questo “scempio”?
A colpire sono, come sempre, i toni e alcune delle parole utilizzate nel testo che accompagna la petizione, una “lettera aperta” inviata al Santo Padre dall’associazione animalista “Bearsandothers”, promotrice dell’iniziativa. Nel testo si parla di “abeticidio” e viene sottolineato che per le esigenze della Santa Sede starebbero per essere “sacrificati” 40 abeti, “anche secolari, di una trentina di metri di altezza”.
In realtà l’albero secolare è probabilmente uno solo, come ha riportato Il Dolomiti: un abete rosso di 29 metri di altezza proveniente dai boschi di Ledro, in Trentino. Altri abeti, ma di dimensioni molto più contenute e provenienti in buona parte da vivai, saranno portati a Roma e decorati da associazioni e cittadini ledrensi, dell'Alto Garda e da città gemellate con il comune trentino (una località tedesca e otto comuni della Repubblica Ceca), per allestire uffici, strade e palazzi della Santa Sede. Insomma, la classica tradizione annuale che vede alternarsi a Roma, nel periodo natalizio, le comunità della montagna italiana, che da questo “dono” spesso connesso a iniziative di scuole e gruppi locali ricevono in cambio una visibilità mondiale.
La prima riflessione che viene da fare è legata dell’aggettivo “secolare” associato ad alberi da tagliare, molto spesso utilizzato per amplificare la potenza dei messaggi di protesta. Il suo utilizzo è vecchio quanto l’ambientalismo da social, appare in ogni contesto, sia urbano che boschivo, ma in pochi sanno che in selvicoltura i normali turni di utilizzazione sostenibile delle fustaie superano molto spesso i 100 anni. Tagliare abeti, faggi o larici “maturi” di 100, 120 o 150 anni in un bosco gestito è normalissimo e utile per realizzare travature, mobili o pavimenti fatti di una materia prima rinnovabile come il legno, riciclabile e in grado di stoccare carbonio per lungo tempo. Se il prelievo avviene a seguito di una pianificazione accurata la gestione è da considerarsi pienamente sostenibile, in quanto il bosco, nel complesso, cresce sempre più in volume rispetto a quanto viene prelevato. Questo è sicuramente il caso del Trentino, dove la pianificazione forestale e la certificazione che garantisce la gestione forestale sostenibile sono diffusissime.
Ma secolare e sostenibile a parte, il tema di fondo su cui occorre ragionare è un altro: la sostanziale inutilità di abbattere alberi veri e così grandi per festeggiare il Natale, pratica che suscita sempre più sdegno tra la popolazione, anno dopo anno. In effetti il Natale potrebbe essere celebrato anche senza alberi abbattuti per l'occasione, non c’è ombra di dubbio. L’abete da addobbare è un simbolo e, come tutti i simboli, potrebbe essere superato da una società che ha mutato la propria sensibilità e la propria scala di valori.
Ma proprio ragionando di simboli e valori, occorre allora sottolineare un altro aspetto, decisamente rilevante: chi promuove petizioni del genere, chi le firma e chi commenta così indignato, a Natale cosa compra? Cosa mangia? Dove viaggia? Cosa regala? Quanto inquina? Quante emissioni di gas serra inutili produce?
Perché nessuno si scandalizza per la plastica, montagne di plastica, con la quale avvolgiamo i regali di Natale? Anche di questa si potrebbe fare a meno. Perché non ci sono proteste o petizioni contro l'inutile ciarpame luccicante che ci avvolgerà e che avrà girato mezzo mondo prima di arrivare ad abbellire le nostre case e città? Perché le proteste sono sempre e solo contro... l'albero?
Evidentemente perché la nostra società, che si sta allontanando progressivamente dalla natura, sta sempre più inconsciamente trasformando la natura stessa, e l'albero in particolare, in “idoli” su cui riversare i propri sensi di colpa attraverso azioni simboliche.
Insomma, distruggere un simbolo (l’albero di Natale) per creare un nuovo simbolo (l’albero idolo da adorare e proteggere) mentre tutt’attorno, però, poco cambia.
È chiaro che non è certo risparmiando le poche decine di alberi di Natale tagliati ogni anno, spesso coltivati o conservati a tale scopo in vivai, campi e pascoli (servono piante molto ramose fino alla base, normalmente non presenti nei boschi naturali), che si “salva la natura”. La natura (e con lei noi stessi) si salva con politiche, leggi, buone prassi e visioni lungimiranti, tra cui anche la gestione sostenibile delle foreste che prevede necessariamente anche il taglio di alberi per produrre servizi ecosistemici utili alla società e per sostituire materie prime di origine fossile.
Si potrebbe anche essere d’accordo nell’abolire la tradizione dell’albero di Natale, a patto però che vengano annullate in toto tutte le pratiche iper consumistiche (e molto più inquinanti ed energivore di addobbi naturali come gli alberi!) che caratterizzano le festività natalizie, per tornare così alla sobrietà invocata dal “protagonista dimenticato” di questa celebrazione.
Siamo pronti a questo passo? Probabilmente no. Dato il contesto, viene proprio da dire: “Chi è senza peccato scagli la prima pietra”...
Per “cambiare approccio verso il rispetto della Natura”, come chiedono i promotori della petizione, c'è molto, ma molto altro da fare di ben più consistente: se il problema non è solo legato a boschi e alberi (o lo è soltanto in minima parte), non parliamo sempre e solo di boschi e alberi.