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Ambiente

Zermatt e Cervinia si svegliano ricoperte di fango e detriti: ce lo aspettavamo? "I rischi di catastrofe nelle aree di alta montagna sono destinati ad aumentare"

Anche Zermatt e Cervinia, celebri località turistiche, sono rimaste vittime delle ingenti precipitazioni della scorsa notte, e si sono svegliate con torrenti esondati, strade piene di detriti e di fango, beni danneggiati e persone bloccate. Zermatt, solo una settimana fa, si trovava a gestire la medesima emergenza. Una riflessione sullo stupore che siamo legittimati a provare di fronte a queste notizie a partire dal rapporto sulla criosfera del Pannello Intergovernativo sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite

di
Sofia Farina
30 giugno | 19:18
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

Questa domenica mattina ci siamo svegliati con la sabbia sahariana sui vetri delle finestre e sulle macchine e con le home dei social network piene di video e fotografie di paesaggi distrutti dalle alluvioni che hanno colpito le alpi occidentali.

 

Oltre ai danni subiti da Cogne, ufficialmente isolata, e dal cuneese, anche le patinate Cervinia e Zermatt hanno attirato grande attenzione nelle ultime ore, a causa delle segnalazioni condivise dai tanti siti e pagine di meteo-appassionati.

 

 

 

 

 

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L’esondazione del torrente Marmore ha causato danni ingenti nel centro di Cervinia, allagando diversi negozi e riempiendo le strade di detriti. Sono in corso i lavori per il disalveo del torrente e per un primo intervento in paese.

 

In Svizzera, diverse persone risultano disperse nel cantone Ticino a causa di alluvioni, frane e smottamenti dovuti alle piogge torrenziali che si sono abbattute su gran parte de paese da ieri: nel cantone Vallese sono esondati il Rodano e il Vispa, che ha invaso le stradine della celebre Zermatt.

 

 

 

 

 

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Queste immagini, destabilizzanti e spaventose, nel metterci di fronte all'ennesima realizzazione della potenza dell'acqua e dei fenomeni meteorologici, del loro potenziale distruttivo, anche e soprattutto in quota, dove - come ricordava Valeriè Paumier, di Resilience Montagne, le operazioni di soccorso e di ripresa sono più lente, difficili e dispendiose, ci spingono inevitabilmente a farci delle domande. Prima fra tutte: ce lo aspettavamo? Ci aspettavamo il verificarsi di questi eventi intensi ed estremi (se ancora tali possiamo definirli, data la loro frequenza)?

 

Nel cercare una risposta, teniamo a mente due cose: le allerte diramate dagli enti competenti e dai servizi meteorologici locali nella giornata di ieri e in quella precedente e, soprattutto, quel gioiello di documento che è il rapporto speciale sulla criosfera dell'Ipcc, il pannello intergovernativo per i cambiamenti climatici.

 

Aprendolo alla sezione "Cambiamenti e rischi previsti" nel "Riassunto per i policy-makers" (la versione con il linguaggio più semplice e meno tecnico possibile, qui per leggerlo tutto) leggiamo: "In molte aree di alta montagna, si prevede che il ritiro dei ghiacciai e il disgelo del permafrost diminuiranno ulteriormente la stabilità dei pendii e il numero e l'area dei laghi glaciali continueranno ad aumentare (confidenza elevata). Si prevede che le inondazioni dovute allo scoppio dei laghi glaciali o alla pioggia su neve, le frane e le valanghe di neve si verificheranno anche in nuove località o in stagioni diverse (confidenza elevata)".

 

Continuando con il paragrafo seguente: "I rischi di catastrofe per gli insediamenti umani e le possibilità di sostentamento nelle aree di alta montagna e nell'Artico sono destinati ad aumentare (confidenza media), a causa dei futuri cambiamenti nei pericoli come inondazioni, incendi, frane, valanghe, condizioni inaffidabili del ghiaccio e della neve e una maggiore esposizione delle persone e delle infrastrutture (confidenza alta). Si prevede che gli attuali approcci di riduzione del rischio ingegneristico saranno meno efficaci man mano che i pericoli cambieranno di carattere (media fiducia). Strategie significative di riduzione del rischio e di adattamento aiutano a evitare un aumento degli impatti dei rischi di alluvione e frana in montagna, poiché l'esposizione e la vulnerabilità stanno aumentando in molte regioni montane nel corso di questo secolo (fiducia alta)".

 

Nota tecnica, per chi non lo sapesse: tra parentesi leggiamo "alta" o "media confidenza", che è il modo che gli scienziati hanno di dire quanto sono sicuri dell'affermazione scritta, qual è il grado di "confidence" che si attribuisce a quella dichiarazione. Come si nota dai paragrafi riportati, si parla di confidenza alta o media.

 

I più attenti noteranno anche che in questi due potenti paragrafi sono citate proprio le cause delle alluvioni e delle inondazioni che nelle ultime due settimane hanno devastato interi paesi e vallate nelle Alpi francesi, italiane e svizzere.

 

Questi eventi sono e saranno sempre più frequenti, nelle montagne della Penisola, ma non solo. Questa certezza, se prima era solo un insieme di parole in un rapporto scritto da centinaia di autorevoli mani, si sta forse concretizzando in una nuova consapevolezza giorno dopo giorno anche nei più scettici tra noi, una notizia alla volta, una segnalazione alla volta. L'augurio è quello di ricordarci di queste parole, di queste colate di fango, quando pianificheremo la gestione delle nostre valli.

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