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Ambiente

Un orso accompagna la vittoria di Tadej Pogačar ed evidenzia i sentimenti contrastanti suscitati da questo animale

L’orso-tifoso a bordo strada, con le fauci spalancate verso i ciclisti, aggressivo e allo stesso tempo caricatura buffa capace di strappare un sorriso, evidenzia il rapporto contraddittorio (attrazione e repulsione) che fa di questo animale un inno alla complessità. Complessità che dovremmo imparare ad accettare come parte integrante della nostra esistenza e che dovrebbe invitare a un maggiore slancio empatico: per comprendere posizioni differenti dalla nostra e, quindi, per iniziare ad abbattere quei muri sociali che impediscono il dialogo su un tema diventato cruciale per molti territori montani

di
Pietro Lacasella
30 settembre | 13:02
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

L’attacco che ha portato Tadej Pogačar a vincere il campionato del mondo di Zurigo e a indossare la maglia iridata – la più suggestiva, forse, nel policromo mondo delle gare ciclistiche – è iniziato presto, a 100 chilometri dal traguardo, anticipando ogni fantasia e sorprendendo un po’ tutti. Così ci ha inchiodati al divano, in un saliscendi emotivo che sembrava seguire le ondulazioni del percorso: ce la fa o lo riprendono? È stata una strategia avventata o un colpo di genio?

 

A una ventina di chilometri dal traguardo la posizione in sella del campione sloveno, sempre elegantissimo quando pedala, ha iniziato a disunirsi in una progressione meno aggraziata. Smorfie in volto, gambe meno fluide, colpi di spalla. Il vantaggio rispetto agli inseguitori si è in breve dimezzato, di conseguenza, per contrasto, il pathos è cresciuto insieme all’incertezza: “Ce la farà?”

 

Naturalmente, come tutti gli appassionati (e non solo) hanno avuto modo di vedere, ce l’ha fatta. Ma forse non sono in molti ad aver notato che in quel momento di incertezza, in quegli istanti di grande coinvolgimento emotivo in cui il vantaggio oscillava proiettando nell’indecisione, tra il pubblico a bordo strada è apparso un orso. Non un orso vero, ovviamente, ma una persona goliardicamente travestita da orso: posizione eretta e fauci aperte. Sembrava quasi volesse invitare il ciclista a non smettere di "aggredire" la corsa. E infatti così è stato: sulle ultime rampe del tracciato svizzero Pogačar ha trovato una rinnovata brillantezza che gli ha permesso raggiungere, braccia al cielo, il traguardo.

 

Finita la sbornia agonistico-sportiva, stamattina è riaffiorata tra i pensieri l’immagine di quell’orso apparso a 16 chilometri dall’arrivo. L’ho ritrovata e, dopo averla osservata un po’, ho recuperato un articolo di Giulia Negri, letto un paio di settimane fa su Il Tascabile. Di questo articolo mi ha colpito in modo particolare un accostamento terminologico a mio parere particolarmente calzante per inquadrare gli orsi al giorno d’oggi: megafauna carismatica. L’orso oggi fa parte della megafauna carismatica, scrive Negri, è amato, temuto, odiato.

 

“Non sono così numerosi gli animali che suscitano sentimenti tanto contrastanti”, continua l’autrice. Ha perfettamente ragione, e il motivo è dovuto proprio al carisma - stratificatosi nei secoli - che porta gli orsi ad avere un’influenza sull’emotività collettiva e di conseguenza anche sulle percezioni individuali e sociali, che variano a seconda delle nostre necessità, di come viviamo e di dove abitiamo. Il risultato è che l’orso può essere venerato o detestato, può attirare o intimorire, può farsi riflesso di un rapporto con la natura che negli ultimi decenni si è sbriciolato e allo stesso tempo può rappresentare un pericolo per chi oggi vive o lavora a stretto contatto con gli ambienti a trazione naturale.

 

L’articolo in questione si sviluppa appoggiandosi a un libro di notevole importanza per comprendere la carica simbolica guadagnata dall’orso nel tempo: Uomini e orsi, di Bernard Brunner.
“I rapporti storici fra uomini e orsi sono complessi in quanto si sviluppano fra il polo dell’attrazione e quello della repulsione, combinando in maniera possibile questi due opposti apparentemente inconciliabili”, scrive Brunner.

 

L’orso-tifoso a bordo strada, con le fauci spalancate verso i ciclisti, aggressivo e allo stesso tempo caricatura buffa capace di strappare un sorriso, evidenzia proprio il rapporto contraddittorio e spesso un po' stereotipato che fa di questo animale un inno alla complessità. Complessità che dovremmo imparare ad accettare come parte integrante della nostra esistenza e che dovrebbe invitare a un maggiore slancio empatico: per comprendere posizioni differenti dalla nostra e, quindi, per iniziare ad abbattere quei muri sociali che impediscono il dialogo su un tema diventato cruciale per molti territori montani.

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