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Ambiente

Storia di Sofia e Simone e del loro progetto per tutelare le terre alte: “La montagna non ha bisogno di grandi numeri”

Una baita a 1.300 metri di quota (senza riscaldamento) e la voglia di ricominciare. Una scelta non per tutti ma un grande sogno concretizzato per Sofia Bolognini, nata e cresciuta guardando il mare ma riscopertasi montanara quanto basta per trasferirsi sulle terre alte, dando vita insieme al marito Simone Masdea a un progetto che punta a tutelare "le nostre montagne"

di
Sara De Pascale
07 gennaio | 21:05
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

In un mondo in un cui rapidità e tecnologia regnano ormai sovrane, scelte come quella di andare a vivere in una baita a 1.300 metri di quota potrebbero apparire, quantomeno a molti, (davvero) fuori dal comune. Così non è stato tuttavia per la 31enne Sofia Bolognini, nata e cresciuta guardando il mare e ri-scopertasi poi, in pieno lockdown, montanara quanto basta per trasferirsi sulle terre alte, territori fragili che necessitano di custodi consapevoli per resistere. 

 

"Sono originaria delle Marche - esordisce la giovane, intervistata da Il Dolomiti -. Dopo un'infanzia trascorsa 'sul mare' mi sono spostata prima a Roma e poi Milano, sperimentando la vita nei contesti urbani: la montagna, per me, fino a qualche anno fa era un mondo estraneo", confessa. Un mondo ri-scoperto grazie al lavoro, "che spesso mi 'portava' sui Piani Resinelli, a 1.300 metri di quota, posto meraviglioso parte del Parco regionale delle Grigne, montagne che, sebbene più basse, ricordano molto i panorami delle Dolomiti". 

 

Un amore nato per caso, quello per i Piani Resinelli, ma abbastanza forte da spingere Sofia in pieno lockdown a trasferirsi in quota: "La scelta è sorta in maniera del tutto naturale nel 2020 - spiega -. Il lockdown è stato per molti un momento per soppesare le priorità nella propria vita, dando più attenzione alle cose importanti. Fra queste ultime, per me, c'era e c'è ancora il contatto con la natura e il verde". La vita dell'oggi 31enne è quindi ricominciata a 1.300 metri di quota sui Piani Resinelli, altopiano dove ha conosciuto suo marito Simone Masdea.

 

"Lui, al contrario di me, è un montanaro vero: in quota c'è nato e sempre vissuto - rivela -. Attualmente abitiamo nella stessa casa in cui prima viveva da solo, senza riscaldamento ma con una semplice stufa a legna e acqua calda solo in bagno: insomma, una vera e propria baita di montagna". Giunta nel posto per lavoro (scrive testi di teatro contemporaneo ndr), la giovane ha deciso di restare e contribuire, insieme a Simone, non soltanto a tenere in vita le terre alte ma anche a creare nuove possibilità, favorendo un turismo più lento e rispettoso dell'ambiente. 

 

"Se durante il periodo del Covid eravamo in pochissimi e tutti ci davamo una mano per fare la spesa o nel momento del bisogno (in zona si contano una 60ina di abitanti appena ndr), dopo il lockdown i Piani Resinelli sono stati letteralmente presi d'assalto, fra turisti 'mordi e fuggi' che in quota ci approdano solo per scattare un selfie e davvero troppe persone, tanto che nel weekend l'unica strada per raggiungerci era trafficata sia in una direzione che nell'altra".

 

Desiderosi di contrastare un assalto "che si certo non fa bene a un territorio fragile come questo" e di portare in montagna turisti che desiderino "non solo venire ma anche restare o tornare", Bolognini e Masdea hanno deciso di dare vita a "Resinelli tourism Lab", una realtà che "si prende cura dell'altopiano insieme alla comunità locale, difendendolo dal turismo di massa". 

 

Un vero e proprio 'laboratorio' di proposte per chi decide di approdare in zona, coinvolgendo i produttori locali "ad esempio organizzando festival e degustazioni" o ancora guide per esplorare al meglio il territorio. "Le proposte fatte ad oggi hanno riscosso grande successo, fra iniziative culturali che qui mancavano, trekking e anche settimane di smartworking a 1.300 metri di quota per nomadi digitali".

 

Per ora il "Resinelli tourism Lab" è un impegno che occupa i due solo nel tempo libero: "Io nel frattempo sto continuando a fare il mio lavoro, che è scrivere (presto andrà però in maternità ndr). Simone invece è agronomo forestale - conclude Sofia -. Il sogno, ovviamente, sarebbe quello di trasformare questo nostro progetto in un impiego a tempo pieno".

 

"Non solo: il nostro desiderio più grande sarebbe quello di riuscire un giorno a 'riconvertire' i turisti 'mordi e fuggi', convincendoli che vivere la montagna è tutt'altro. In quota non abbiamo bisogno di grandi numeri"

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