Quello atterrato a Nuuk non è il primo volo internazionale giunto in Groenlandia: l’anno scorso i turisti sono stati circa 130.000. Ma quindi cosa cambia?
Chi voleva raggiungere la più grande isola del pianeta aveva già da anni la possibilità di assicurarsi un posto su un volo diretto da Copenaghen o da altre città europee a Kangerlussuaq, dove aveva sede l’unico aeroporto groenlandese in grado di operare con i grandi velivoli commerciali. Vediamo dunque quali sono le novità e come stanno coinvolgendo la popolazione locale
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
Il 28 novembre il primo volo internazionale è atterrato a Nuuk la capitale della Groenlandia, l’aereo proveniva da Copenaghen. La notizia si è diffusa non tanto per il fatto in sé, ma perché questo è il primo passo di un percorso che da qui ai prossimi anni renderà l’enorme isola artica più accessibile e semplice da raggiungere. Leggendo gli articoli e le reazioni, è semplice constatare che la notizia è stata accolta tendenzialmente in modo negativo e non è qualcosa di inaspettato. Il fatto che la Groenlandia stia cercando di aprirsi al turismo di massa è stato interpretato come un ulteriore passo verso il deterioramento dell’ambiente.
Prima di proporvi alcune riflessioni sull’accaduto, credo sia bene inquadrare il contesto, cercando di fare il punto sul reale significato della notizia. Partiamo dal fatto che quello atterrato a Nuuk il 28 novembre non è affatto il primo volo internazionale giunto in Groenlandia. Chi voleva raggiungere la più grande isola del pianeta aveva già da anni la possibilità di assicurarsi un posto su un volo diretto da Copenaghen o da altre città europee a Kangerlussuaq, dove aveva sede l’unico aeroporto groenlandese in grado di operare con i grandi velivoli commerciali. Fino a pochi giorni fa chi voleva raggiungere la Groenlandia via cielo arrivava a Kangerlussuaq - minuscolo insediamento costruito intorno all’aeroporto - e da qui utilizzava dei voli interni operati con velivoli più piccoli per raggiungere le (poche) località turistiche, compresa la capitale Nuuk. Possiamo quindi dire che aver dotato la capitale di un aeroporto internazionale non rivoluziona completamente il modo di viaggiare in Groenlandia come sembra invece di leggere in molte notizie.
L’elemento più importante della notizia è però la sua prospettiva futura. Quello di Nuuk è il primo di tre aeroporti internazionali che apriranno nei prossimi anni in Groenlandia, altri sono previsti a Ilulissat e Qaqortoq. Il piano di sviluppo, guidato dal desiderio di espandere l’economia turistica dell’isola, prevede che nei prossimi anni il numero di turisti in arrivo sull’isola aumenti. Più voli diretti da grandi città europee e americane significa minori costi e una maggiore platea interessata a visitare questi luoghi.
Dove ci sono esseri umani c’è impatto ambientale e anzi le due cose procedono in modo proporzionale. Questo è un elemento ineluttabile. Ed è anche sicuramente vero che la Groenlandia è un territorio estremamente fragile. Lo è dal punto di vista climatico, dal punto di vista ecosistemico e anche da quello socio-economico.
Partiamo dagli aspetti probabilmente più noti. L’80% della Groenlandia è coperto da ghiacciai che nel loro insieme costituiscono circa il 10% di tutto il ghiaccio di ghiacciaio del pianeta. Si tratta di ghiacciai particolarmente esposti al riscaldamento globale. Ogni anno dalla Groenlandia finiscono in mare (al netto delle nevicate) una cosa come 280 miliardi di tonnellate di acqua, contribuendo a circa 0.6 millimetri di innalzamento del livello del mare, ogni anno. È il singolo contributo più alto, non esiste regione glacializzata che sta fondendo così tanto. Questo ovviamente produce una forte risposta anche nei fragili ecosistemi che popolano i territori posti nelle vicinanze della calotta e dei numerosissimi ghiacciai montani locali.
Adesso consideriamo però gli aspetti socio-economici, partendo da un dato. La Groenlandia detiene il triste primato del più alto tasso di suicidi al mondo: oltre 80 ogni 100.000 abitanti. Il dato si accompagna alla forte diffusione di depressione e dipendenze. Dei circa 60.000 abitanti presenti stabilmente sull’isola, circa il 90% è di etnia Inuit (eschimesi). Il fatto che questo sia un popolo in difficoltà ha radici che vanno indietro di alcuni decenni, in particolare da quando il modello di vita tradizionale Inuit si è scontrato con quello occidentale, arrivato in Groenlandia insieme ai coloni danesi. Prima del contatto le comunità Inuit vivevano di sussistenza e autoconsumo, completamente isolate dal resto del mondo. Ora che nuovi modelli di vita sono diffusi anche in Groenlandia, è estremamente difficile riuscire a conciliare le due visioni. Inoltre c’è anche da considerare il crollo di interesse verso le pellicce di foca, un tempo tra le poche risorse commerciate dalla Groenlandia verso l’estero e capaci di produrre un minimo ritorno economico.
In questo quadro lo sviluppo turistico è considerato uno dei pochi elementi in grado di cambiare le cose, portando comodità e risorse a una popolazione che da decenni fatica a mantenere la propria identità e indipendenza. Non a caso tra la popolazione Inuit la costruzione degli aeroporti è stata salutata con favore largamente diffuso.
Certamente lo sviluppo turistico non può non considerare gli aspetti di tutela ambientale. La speranza è quindi che il governo locale sappia conciliare al meglio i due aspetti: l’aumento dei flussi da una parte e la tutela dell’ambiente dall’altra. Ricordiamo però che la popolazione Inuit è attenta alla tutela del suo territorio e questo è confermato dalla presenza sull’isola del più grande parco nazionale del mondo: si tratta del Kalaallit Nunaanni nuna eqqissisimatitaq (Northeast Greenland National Park). Quest’area copre una superficie che da sola è maggiore della superficie di 166 delle 195 nazioni presenti sulla Terra. Non vi si può accedere per motivi turistici e i pochi visitatori consentiti (essenzialmente personale scientifico) devono seguire protocolli molto rigidi per trascorrere del tempo in quell’area.
Un’altra regione dell’artico, l’arcipelago della Svalbard, da decenni riceve voli internazionali e questo ha reso il turismo un elemento insostituibile per l’economia locale. Eppure nessuno protesta per questi flussi che sono regolamentati in modo relativamente sostenibile. Chiunque abbia visitato Longyearbyen sa che non si tratta di certo del regno del turismo sfrenato e imbruttito.
Per procedere con le riflessioni analizziamo qualche numero. La popolazione stabile della Groenlandia è pari a 60.000 abitanti. Sull’isola, vasta oltre sette volte rispetto all’Italia, è distribuita una popolazione corrispondente grossomodo a quella di una piccola cittadina italiana. La Groenlandia è il paese con la minor densità abitativa al mondo. L’anno scorso i turisti che hanno raggiunto l’isola sono stati circa 130.000. Le prospettive indicano che questi numeri cresceranno significativamente nei prossimi anni ma cerchiamo di porre il tutto nella giusta prospettiva. La sola Venezia riceve ogni anno circa 15 milioni di turisti. Una singola città è visitata da un numero di visitatori cento volte più grande di quello che raggiunge un’isola grande come un piccolo continente. Siamo sicuri che gli impatti turistici di cui dobbiamo preoccuparci siano quelli dei pochi e facoltosi turisti che potranno assicurarsi un volo per la Groenlandia? Certo le emissioni di carbonio prodotte da un volo intercontinentale non sono paragonabili a quelle prodotte da chi raggiunge Venezia in treno. Se calcolassimo l’impronta carbonica di tutti i turisti che visitano Venezia, sono però sicuro che otterremmo un valore assai maggiore rispetto a quello dei pochi turisti che arrivano in Groenlandia.
Quando una località turistica diventa più accessibile, spesso si levano voci a difesa della sua genuinità, della sua lontananza dai tipici standard di vita occidentali da cui il turista internazionale medio proviene. A ben vedere una località è tanto più genuina, originale e ricercata, quanto i suoi standard di vita sono lontani dal benessere cui siamo abituati. Il fatto che traiamo in qualche modo piacere da tale scarto ha per me un sottile retrogusto coloniale. Siamo contenti di visitare il diverso perché sappiamo che con poche ore di aereo faremo ritorno alle nostre comode case.
Sia chiaro, anche io non sono contento di sapere che alcune migliaia di persone con una scarsa sensibilità per l’ambiente e per la cultura locale arriveranno in Groenlandia emettendo tonnellate di carbonio in atmosfera. Per soddisfare le loro richieste sarà inevitabilmente necessario produrre degli impatti ambientali. Ma guardiamoci intorno. Per perseguire il nostro benessere abbiamo prodotto danni ambientali enormi e assolutamente non confrontabili a quanto accade e accadrà in Groenlandia che sta anzi subendo le conseguenze del cambiamento climatico indotto dai paesi sviluppati. Con quale credibilità chiediamo ai groenlandesi di mantenersi isolati, lontani e ai margini della comunità globale? È sicuramente romantico pensare che ci siano popoli intenzionati a conservare un simile status, è altrettanto giusto permettere loro di sviluppare le proprie economie se questo è il loro desiderio.
Il mio non è un invito a prenotare in massa i prossimi voli diretti lassù, ci mancherebbe. Ogni azione, ogni viaggio, ogni acquisto: tutto ciò produce un impatto sull’ambiente. Ricordiamolo e cerchiamo di limitare i danni, facendo scelte ragionate. La Groenlandia è meravigliosa. Se visitarla è il sogno della tua vita, adesso lo potrai fare un po' più facilmente, ricorda che farlo ha però un prezzo che non è soltanto quello del biglietto aereo.