Perché è ancora viva la tradizione dei botti di Capodanno se ha un profondo impatto sulla fauna selvatica e sulla nostra salute?
Oggi usiamo i fuochi d’artificio solo perché ci piacciono, non perché ci crediamo. È un rituale che ha ancora senso?
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
In origine c’erano i demoni da scacciare. Con il baccano di campanacci, di oggetti lanciati dalle finestre o di spari. Questa fu la necessità che diede origine alla tradizione del far rumore a Capodanno. Una tradizione che, nei tempi moderni, si è sempre più avvalsa di un mezzo molto più potente ed efficace per lo scopo: i fuochi artificiali. Qualche retaggio di quel bisogno ancestrale di proteggersi dagli spiriti maligni rimane, perché diciamocelo, quando allo scoccare della mezzanotte del 31 dicembre ci affacciamo ad ammirare lo spettacolo, un certo brivido ci percorre, ripensando all’anno che si chiude e alle speranze riposte in quello che verrà. Tra poco più di venti giorni la storia si ripeterà, uguale a sé stessa come ormai da decenni.
Demoni a parte, vi siete mai chiesti qual è il vero potere dei fuochi d’artificio?
Come per tutte le tradizioni nate in tempi ben diversi da quelli odierni, anche quella dei fuochi d’artificio per salutare il nuovo anno rischia di tramutarsi in una tragedia, sotto il peso specifico della nostra specie, sparsa ovunque sul pianeta e, più o meno altrettanto ovunque, bisognosa di festeggiare facendo rumore.
Forse qualcuno di voi ricorderà come si svegliò Roma il primo giorno del 2021. Centinaia di piccoli corpi esanimi tappezzavano le strade; tante piccole macchie scure, tanti piccoli storni che fino a una manciata di ore prima disegnavano il cielo capitolino con i loro caratteristici voli di gruppo. Chi non ha mai visto, dal vivo, in foto o in video, lo spettacolo degli stormi autunnali di storni che disegnano geometrie mozzafiato nei cieli al tramonto? Murmuration, lo chiamano gli inglesi, per via del suono prodotto dalle migliaia di ali che sbattono in volo. Una parola che non si riesce a tradurre con la stessa poetica.
Di quella notte c’è un video impressionante in rete. Per la nostra specie terminava un anno nefasto e, nonostante le restrizioni ancora in corso, quel 31 dicembre la necessità di scacciare demoni e maligni sembrava più che mai giustificata. Il video è girato dalla finestra di un palazzo romano. Si sentono i botti in sottofondo, una cacofonia di scoppi assordanti. Ma è ciò che si vede, a far venire i brividi: la strada è già tappezzata di punti neri, immobili, mentre in aria stormi formati da centinaia di storni si muovono a velocità pazzesca incanalandosi lungo i viali e in questo volo impazzito qualcuno soccombe, o per l’eccesso di stress o per l’impatto contro i palazzi.
Questa fu Roma quattro anni fa, ma i fuochi d’artificio a Capodanno sono praticamente ubiquitari e non fanno distinzioni tra grandi capitali, paesi costieri e vallate di montagna. Sul territorio nazionale ogni dicembre vengono emesse ordinanze che vietano l'uso dei botti e quest'anno alcune associazioni animaliste si stanno prendendo avanti: è di ieri la notizia che l'Enpa ha fatto esplicita richiesta ai Comuni della Provincia di Vicenza per sollecitare che vengano prese misure ufficiali in tal senso. Tuttavia, per quanto qualcosa sia comunque meglio di niente, l'efficacia delle ordinanze mostra sicuramente dei limiti oggettivi: a mancare è un senso civico ed ecologico collettivo.
Chiunque abbia un animale da compagnia o da cortile in casa, conosce bene lo stress che le luci e soprattutto i rumori provocati dai fuochi d’artificio provochino nelle povere bestie. In uno studio condotto in Nuova Zelanda nel 2019, più del 74% dei possessori di animali da compagnia, dai cavalli ai piccoli mammiferi, ne riportava segnali di stress e paura in risposta ai fuochi artificiali. Anche se comprendere gli effetti degli scoppi sulla fauna selvatica è più difficile, la ricerca in tal senso offre qualche esempio che non lascia spazio a troppe interpretazioni.
La fauna selvatica ha la capacità di adattarsi alle attività umane quando queste sono prevedibili nel tempo e nello spazio. Lo fa modificando i propri ritmi di attività, in modo da ridurre le chance di incontro con l’umano. Quando però la nostra presenza è inaspettata e invadente, come nel caso dei fuochi artificiali, ecco nascere i problemi.
In un recente studio condotto in Olanda, i ricercatori hanno utilizzato i radar meteorologici per osservare i movimenti in volo degli uccelli tra le 23:00 del 31 dicembre 2017 e le 02:00 del 1 gennaio 2018, un Capodanno non interessato da perturbazioni che potessero mascherare l’eventuale attività dei volatili. Come si vede dal video pubblicato insieme alla ricerca, l’inizio degli scoppi provoca un’immediata risposta da parte di circa 384.000 uccelli che si alzano in volo, rimanendo in aria per circa 45-60 minuti.
Oltre allo stress immediato provocato dalla paura e i cui effetti (accelerazione del ritmo cardiaco e aumento della temperatura corporea) possono rimanere elevati per ore, questo tipo di disturbi causa anche un considerevole dispendio di energia per il volo, nonché la possibilità che gli animali si allontanino, anche per giorni, dai loro quartieri di “residenza invernale”. Nel caso di uccelli che vivono in ambienti più riparati come ad esempio i boschi, i fuochi d’artificio possono comunque interferire con i loro ritmi del sonno e produrre stress con effetti a lungo termine.
Casi di mortalità di massa come quello accaduto a Roma sono rari ma comunque documentati. Un caso simile interessò la popolazione di merlo ad ali rosse di una piccola cittadina dell’Arkansas (USA), durante la notte di Capodanno del 2010; anche in questo caso si tratta di una specie gregaria - che forma cioè stormi numerosi - come lo storno e che è solita dormire in roost notturni, cioè dormitori in cui centinaia di individui si radunano per la notte. Disturbati dai fuochi d’artificio, migliaia di merli ad ali rosse si alzarono in volo e in volo trovarono la morte, scontrandosi l’uno con l’altro.
Anche i mammiferi rispondono ai fuochi d’artificio con cambiamenti nei ritmi di attività e spostamenti più o meno persistenti nel tempo: alcune ricerche in tal senso riguardano mammiferi acquatici, come leoni marini e lontre. Tuttavia, avvicinandoci alle nostre realtà montane, ricordo di una collega che anni fa seguiva i camosci con radiocollare nel Parco Naturale Paneveggio Pale di San Martino: mi raccontava di come i giorni successivi al Capodanno, o a manifestazioni estive con spettacoli pirotecnici nel fondovalle, le localizzazioni dei camosci fossero completamente stravolte.
Non dimentichiamo, infine, che questa invenzione che a noi umani ci fa stare col naso all’insù, ha effetti indiretti sia sull’ambiente che su di noi. I fuochi d’artificio infatti inquinano: biossido di zolfo, biossido e monossido di carbonio, alluminio, manganese, nitrato di potassio e perclorati. Questi ultimi in particolare, così essenziali nel provocare l’esplosione e le luci associate ai fuochi artificiali, sono particolarmente preoccupanti, perché si accumulano nelle acque e si fanno poi strada verso piante, insetti, mammiferi, anfibi, pesci ed esseri umani. Con effetti non proprio desiderati sulla funzionalità della tiroide e sul sistema riproduttivo, neurovegetativo e immunitario.
Oggi il nostro impatto è di gran lunga moltiplicato rispetto ai tempi passati, conseguentemente alla crescita esponenziale che abbiamo avuto come specie.
Oggi usiamo i fuochi d’artificio solo perché ci piacciono, non perché ci crediamo.
Sappiamo che fanno male a loro e fanno male a noi. Non sarà quindi ora di disfarsene?