Per molti i cambiamenti climatici sembrano non esistere più, eppure il paesaggio ci parla in modo chiaro
(L'editoriale) I boschi ci stanno parlando. Nel nord est sono arrivate, nel giro di pochi anni, prima la tempesta Vaia e poi l'epidemia di bostrico: due dinamiche strettamente connesse al riscaldamento globale
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
È arrivato settembre, mese che per molti rappresenta un nuovo inizio, e con settembre le temperature si sono sensibilmente abbassate. In quota ha nevicato e i media ne hanno parlato con attenzione.
Tutti ingredienti che relegano ulteriormente le preoccupazioni per i cambiamenti climatici a un passato vicino, ma che per diverse ragioni sembra ormai lontanissimo.
Sono infatti trascorsi solo pochi anni da quel desiderio comune di riempire le piazze per domandare una maggiore attenzione per le trasformazioni climatiche. Eppure, nel mentre, nuovi e articolati sviluppi sociali hanno deviato i nostri interessi, le nostre inquietudini, la nostra percezione di dover portare un contributo alla causa collettiva. Pandemia, guerre, prezzi che salgono, potere d'acquisto che scende.
Sembra che per molti i cambiamenti climatici non rappresentino più un problema, ma sarebbe scorretto puntare il dito contro qualcuno, in modo indifferenziato e con atteggiamento accusatorio, perché è l'humus sociale a motivarci di meno: altri interessi, altre inquietudini, altre percezioni.
Ma soprattutto altre priorità, perché sembra esserci sempre un'emergenza più immediata da fronteggiare.
Nel mentre però le temperature non hanno smesso di crescere, così come non è diminuita la nostra dipendenza dai combustibili fossili. A ricordarcelo quotidianamente è il paesaggio, e non solo attraverso la riduzione dei ghiacciai.
I boschi ci stanno parlando, ad esempio. Nel nord est sono arrivate, nel giro di pochi anni, prima la tempesta Vaia e poi l'epidemia di bostrico: due dinamiche strettamente connesse al riscaldamento globale.
Paesaggi familiari si trasformano repentinamente, creando dei vuoti emotivi non semplici da riempire. Sta a noi decidere se provare in qualche modo a colmarli, attraverso uno sforzo di immaginazione capace di farci ragionare non solo su boschi più vicini alle caratteristiche climatiche del presente, ma anche su una società più aderente ai nuovi scenari ambientali che si stanno progressivamente delineando.