Ondate di calore in pieno inverno: un effetto inaspettato del cambiamento climatico?
Michele Filippucci, dottorando in Fisica del Clima all’Università di Trento e membro del comitato scientifico di Protect our Winters Italia, racconta come le ondate di caldo delle ultime settimane possano essere legate ad un effetto del cambiamento climatico ad oggi poco compreso.
L’inverno 2023/2024 è cominciato da poco più di un mese e già fa parlare per la scarsa quantità di neve che ha portato con sé. Quanti sogni di sciate infranti dalle ondate di calore delle scorse settimane e quanti pomeriggi passati al sole, come se fosse primavera. Ma soprattutto quanti danni per il mondo del turismo invernale, messo sempre più in ginocchio dalla crisi climatica, e quante preoccupazioni per le riserve d’acqua che serviranno a soddisfare i bisogni del nord Italia durante la prossima estate.
Nelle scorse settimane, sulle Alpi, abbiamo assistito ad un inverno con temperature nettamente superiori alla media: a dicembre, secondo i dati del CNR (sito web), sulle Alpi, la temperatura media è stata fino a 3°C superiore rispetto ai 30 anni precedenti. Oltre ad essere accompagnato ad una diminuzione della precipitazione complessiva, questo dato si riflette sulla quantità di precipitazione nevosa, che secondo l’ultimo rapporto della fondazione Cima (sito web), dall’inizio dell’inverno è in calo del 40% rispetto agli ultimi 10 anni.
Per rendere questi dati un po’ più comprensibili, si deve pensare che non sono nient’altro che la traduzione in cifre degli eventi delle ultime settimane. Come il Natale bollente che ha causato diversi incendi nelle alpi occidentali e temperature primaverili su tutta la penisola, o le continue inversioni termiche dovute al sopraggiungere di fronti caldi o occlusi che alzano improvvisamente lo zero termico rovinando il manto nevoso preesistente a più di 2000m di altitudine. Una caratteristica interessante di questo inizio inverno è che le variazioni di temperatura media non sono dovute tanto ad un uniforme e persistente riscaldamento dell’atmosfera, quanto più al continuo sopraggiungere di ondate di calore provenienti dal mediterraneo. Vale a dire che nell’ultimo mese le temperature massime (grafico massime) sono aumentate maggiormente rispetto alle temperature minime (grafico minime).
Le condizioni climatiche anomale di questo inizio inverno offrono la possibilità di riflettere su una caratteristica del cambiamento climatico che talvolta è difficile comunicare. Prima di affrontare il tema, tuttavia, occorre fare un’osservazione.
Spesso si parla del cambiamento climatico come di un cambiamento delle condizioni meteorologiche medie. Questo approccio non è affatto sbagliato: anzi, la definizione di clima si rifà proprio ad una media, realizzata su intervalli temporali lunghi svariati anni. Tuttavia, se si vuole fare un passo in più, si scopre che le condizioni climatiche di un luogo non sono descritte unicamente da questo parametro. Pensiamo a due scenari opposti: un luogo in cui la temperatura è la stessa tutto l’anno, ed un altro luogo in cui la temperatura oscilla tra valori fino a 20 gradi superiori ed inferiori alla media. Questi due luoghi potrebbero avere la stessa temperatura media, ma non è detto che possano essere abitati dalle stesse specie animali e vegetali! Insomma, il clima dei due luoghi è differente. Il parametro che viene usato per descrivere queste fluttuazioni si chiama varianza, o variabilità, ed è importante tanto quanto la media quando si vuole studiare il cambiamento climatico.
Ecco, durante lo scorso mese abbiamo registrato sia un cambiamento di temperatura media, che di varianza della temperatura. Ovvero il cambiamento climatico si è manifestato per mezzo di ‘eventi estremi’, o rari. Nel caso delle Alpi, questi eventi estremi sono consistiti in ondate di calore provenienti dal sud e le montagne hanno avuto il ruolo di barriera che ha bloccato le masse d’aria calda impedendogli di raggiungere il centro Europa. Nel caso del nord europa, invece, si sono verificati eventi estremi di carattere opposto: durante i giorni dell’epifania in Svezia sono stati raggiunti i 40 gradi sottozero, la temperatura più bassa degli ultimi 25 anni (articolo). La Baviera invece, la regione del sud della Germania che confina con le Alpi, è stata interessata da abbondanti ed inaspettate nevicate ad inizio dicembre (articolo).
Insomma, questi eventi estremi hanno avuto gli effetti opposti di ‘alzare’ ed ‘abbassare’ la temperatura media nel nord e nel sud dell’Europa. Dunque che ruolo giocano questi eventi nel quadro del riscaldamento globale? A questa domanda ho due risposte, una che può suonare con una buona notizia ed una piuttosto preoccupante. Inizio con la buona notizia: questi eventi estremi sono dettati dalla dinamica dell’atmosfera, un sistema estremamente variabile - in gergo, caotico, non lineare - nel quale ad un estremo positivo può facilmente seguire un estremo negativo, ribaltando la situazione. Insomma, la dinamica dell’atmosfera è molto meno prevedibile, per esempio, della termodinamica, o dei fenomeni radiativi che determinano l’effetto serra.
La cattiva notizia è che proprio per la complessità intrinseca della dinamica dell’atmosfera, è molto difficile comprendere l’effetto che avrà il cambiamento climatico su questi fenomeni. I modelli numerici che vengono utilizzati per fare le previsioni climatiche hanno ancora alcuni limiti nel rappresentare la dinamica atmosferica, specialmente alle medie latitudini, specialmente d'inverno ed in terreno complesso come le alpi.
Perché questa notizia è inquietante? A prescindere dalla dinamica dell’atmosfera, è molto probabile, ormai osservato, che i territori alpini andranno incontro ad un riscaldamento medio, in linea se non accelerato rispetto ai trend globali. E’ invece difficile prevedere come cambierà la variabilità: sappiamo per semplici ragionamenti di termodinamica che un’atmosfera più calda può contenere più vapore acqueo, quindi quando pioverà, pioverà di più. Ma non sappiamo con precisione come e dove in futuro soffieranno i venti, dando forma ai cicloni extratropicali. I dati di questo inverno suggeriscono che la variabilità possa essere modificata: più frequenti ondate di calore da sud e incursioni di freddo a nord, sintomo di un’aumentata variabilità - in gergo, perdonatemi, un jet stream più sinuoso - che potrebbe andare ad aggravare i già noti effetti del cambiamento climatico sui nostri territori. Alcuni studi pionieristici (paper) sostengono questa ipotesi, anche se la comunità scientifica deve ancora costruire una opinione condivisa su questo genere di cambiamenti (paper).
Tuttavia, il fatto che osservazioni recenti mostrino questo genere di processi deve fungere da campanello d’allarme: alcuni fenomeni finora assenti nelle previsioni climatiche potrebbe rendere ancora più urgenti le trasformazioni sociali ed economiche dei territori montani, già messi a dura prova dai cambiamenti osservati negli scorsi inverni.
Protect Our Winters (POW) Italia è una comunità di persone che amano e vivono la natura e si battono per proteggerla e per mantenerla così come la conosciamo. POW riunisce le forze di atleti professionisti, scienziati, creativi e partner commerciali impegnati nella tutela dell’ambiente e del clima. I pilastri su cui si fondano le sue azioni sono tre: la mobilità sostenibile, il turismo slow e a basso impatto e lo sviluppo regionale. I diversi gruppi in cui si dividono i volontari e le volontarie dell’associazione (athletes, science, creative e brand alliance) lavorano insieme per realizzare progetti concreti sul territorio e azioni di sensibilizzazione e divulgazione per coloro che non hanno ancora avuto l’opportunità di partecipare attivamente nella protezione del clima. Attraverso campagne e azioni nazionali e transnazionali, POW permette mira a far pressione sulla politica, a tutti i livelli, per ricordare a tutti e tutte quali sono gli obiettivi centrali della mitigazione del cambiamento climatico.