Oltre 2000 vittime: una frana, estesa su un'area di 200 chilometri quadrati, ha sepolto interi villaggi sulle montagne della Papua Nuova Guinea
Aumento delle precipitazioni, eventi estremi, attività sismica e vulcanica elevate, deforestazione, gestione inadeguata del territorio, assenza di preparazione: il mix letale di fattori che fanno della Papua Nuova Guinea un luogo fortemente soggetto a frane distruttive, la più recente delle quali ha sepolto più di 2000 persone vive (secondo le ultime stime)
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
I video e le immagini che hanno circolato negli ultimi giorni ci hanno fatto toccare con mano la drammatica realtà che stanno vivendo gli abitanti della Papua Nuova Guinea, dove, secondo quanto dichiarato Centro Nazionale per i Disastri del paese e diversamente dalle prime stime delle Nazioni Unite, che parlavano di circa 670 vittime, più di 2000 persone sono state seppellite vive da un’enorme frana.
La frana, avvenuta venerdì 24 maggio, ha lasciato detriti profondi fino a otto metri su un’area di 200 chilometri quadrati, interrompendo l'accesso alle strade e rendendo difficili i soccorsi, che sono possibili solamente tramite l’uso di elicotteri o via terra, a piedi: "Il terreno continua a scivolare, le rocce cadono, il suolo si spacca a causa della pressione costante e l'acqua di falda scorre, quindi l'area rappresenta un rischio estremo per tutti", ha dichiarato Serhan Aktoprak, il responsabile della missione in Papua Nuova Guinea dell’Ufficio Internazionale per la Migrazione in un comunicato.
Secondo il governo australiano, circa sei villaggi sono stati colpiti dalla frana nella regione di Mulitaka. Tra essi, la frana ha completamente sepolto il villaggio montuoso di Kaokalam nella provincia di Enga, a circa 600 km a nord-ovest della capitale Port Moresby.
Per inquadrare questo disastro nel contesto in cui è avvenuto, ricordiamo che la Papua Nuova Guinea si trova nella metà orientale dell'isola di Nuova Guinea, sulla Cintura di Fuoco del Pacifico, l'arco di faglie sismiche intorno all'Oceano Pacifico dove si verifica gran parte dell'attività sismica e vulcanica mondiale, tant’è che solo a marzo il paese è stato colpito da un terremoto di magnitudo 6.9.
Inoltre, quella che è finita sui notiziari del mondo intero è solamente l’ultima di una serie di frane distruttive che hanno colpito il paese negli ultimi mesi, come quella che ha ucciso 14 persone a Simbu a metà aprile o le tre frane che hanno colpito diverse zone montuose a metà marzo.
La Papua Nuova Guinea ha una popolazione di circa 10 milioni di abitanti ed è una nazione molto variegata (in essa sono parlate ben 800 lingue diverse) e in via di sviluppo, composta per lo più da agricoltori di sussistenza e servita da poche strade al di fuori delle grandi città.
Per capire come mai questo paese sia così colpito da questo genere di disastri naturali, tanto da diventare notizia solamente quando raggiungono delle proporzioni così imponenti, abc news, una rete televisiva australiana, ha intervistato Dave Petley, vicerettore dell'Università di Hull nel Regno Unito, è un esperto di frane riconosciuto a livello mondiale.
Come spiega l’esperto, le frane che si verificano regolarmente in Papua Nuova Guinea sono dovute a una serie di fattori specifici, tra i quali spiccano il terreno montuoso profondamente esposto alle precipitazioni e il clima tropicale del Paese. Infatti, le forti piogge e le tempeste provocano un aumento dell'erosione, delle inondazioni e delle maree, fattori che aumentano la possibilità di pericolose cadute di massi. Se a ciò si aggiunge che il paese si trova sull'Anello del Fuoco si ottengono le condizioni perfette per le frane: "Si verificano regolarmente terremoti significativi, che ovviamente innescano frane di per sé, ma indeboliscono anche il pendio roccioso" chiarisce il professore.
Oltre alle condizioni geologiche e meteorologiche, Petley attribuisce le frane regolari della Papua Nuova Guinea a un altro importante fattore: il disturbo umano. Infatti, oltre ai piccoli villaggi e alle fattorie, le foreste del paese ospitano una serie di grandi industrie che creano delle condizioni in cui le frane possono diventare più probabili. Come spiega alla rete australiana, in Papua Nuova Guinea si estraggono oro, argento, nichel, rame e cobalto e le operazioni di estrazione si svolgono in aree dove in passato si sono verificate frane mortali.
Inoltre, l’attività industriale del paese, quinto esportatore mondiale di olio di palma, determina anche un notevole disboscamento illegale (che, stando ai dati satellitari, non accenna a migliorare, anzi): "In parole povere, questo è un paesaggio che dovrebbe essere boscoso, ma la foresta è stata rimossa", afferma Petley.
Il Paese sta cercando di realizzare infrastrutture chiave e progetti su larga scala che sarebbero necessari per rendere le frane meno pericolose (o per migliorare la risposta alle emergenze), ma nel frattempo, i cambiamenti climatici rendono più probabili gli eventi meteorologici estremi, che colpiscono contemporaneamente le coste (con l'innalzamento delle maree, l'aumento del livello globale del mare e la contaminazione dell’acqua potabile) e le aree interne del paese. Secondo il professor Petley, infatti, il cambiamento climatico ha un effetto particolarmente pronunciato sull'attività delle frane perché provoca sistemi meteorologici più eclettici, con cambiamenti improvvisi delle condizioni che superano la capacità del paesaggio di farvi fronte: "I pendii sono particolarmente sensibili agli eventi piovosi di breve durata e ad alta intensità" spiega "un paesaggio evolve per far fronte alle diverse precipitazioni che si verificano; se aumenta l'intensità, si porta il paesaggio in un ambiente che non ha mai sperimentato e una frana è la risposta inevitabile”.
Come spesso accade quando si analizzano e osservano gli impatti del cambiamento climatico, non si è colpiti da grande stupore, visto che questi si manifestano come “da manuale”. Per citare un documento tra tanti che riportano informazioni analoghe, nel Profilo del rischio climatico del paese elaborato nel 2021 dalla Banca Mondiale per la Papua Nuova Guinea, si legge: “Le frane possono verificarsi direttamente come risultato di inondazioni improvvise, in particolare quando gli ecosistemi e i terreni sono degradati. Questi fenomeni collegano il rischio di frane al cambiamento climatico e all'aumento previsto dell'intensità delle precipitazioni. I modelli prevedono un aumento dell'intensità delle precipitazioni e della frequenza dei giorni piovosi nel paese e la ricerca ha messo in relazione le precipitazioni di breve durata e di elevata intensità con l'aumento della probabilità di eventi franosi di impatto da moderato a elevato in Papua Nuova Guinea”.