Nevosità straordinaria rispetto agli ultimi trent'anni, con 610 centimetri misurati sul Colle del Ciardoney (3119 metri). Si è passati da un estremo minimo di innevamento alla condizione opposta
Una finestra di condizioni meteorologiche favorevoli (rare nelle ultime settimane) ha permesso agli operatori della Società Meteorologica Italiana e dell'Ente Parco Nazionale del Gran Paradiso di condurre i rilievi dello spessore e della densità del manto nevoso per la determinazione del bilancio di massa invernale sul ghiacciaio del Ciardoney. Dalle misure è emersa una nevosità straordinaria rispetto agli ultimi trent'anni, con 610 centimetri misurati sul Colle del Ciardoney a 3119 metri sul livello del mare
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
Mercoledì 5 giugno 2024, grazie alle condizioni meteorologiche favorevoli (poco comuni nelle ultime settimane nelle Alpi occidentali), gli operatori della Società Meteorologica Italiana e dell'Ente Parco Nazionale del Gran Paradiso hanno potuto condurre i consueti rilievi di spessore e densità del manto nevoso per la determinazione del bilancio di massa invernale sul ghiacciaio Ciardoney, in collaborazione con IREN Energia e nel quadro delle campagne di misura del Comitato Glaciologico Italiano.
Dalle misure è emerso un quadro di nevosità straordinaria a scala trentennale, grazie al radicale cambiamento di configurazione meteorologica che da febbraio 2024 ha portato ripetute e abbondanti precipitazioni.
Riportiamo di seguito le considerazioni pubblicate dalla Società Meteorologica Italiana (Smi), redatte da Daniele Cat Berro, della Smi, che ha svolto i rilievi insieme a Alessio Golzio (Smi, Arpa Piemonte), Raffaella Miravalle e Vittorio Saccoletto (Parco Nazionale del Gran Paradiso).
Dopo l'eccezionale "magra nevosa" che ha caratterizzato i primi anni 2020 su tutte le Alpi, anche la stagione di accumulo 2023-24 pareva ormai destinata a trascorrere in netto deficit per lo meno sul versante padano della catena montuosa. Infatti, fino alla prima decade di febbraio 2024, sul versante italiano della catena alpina, la neve era pressoché assente e molto scarsa anche nei bacini glaciali oltre i 2500 m, sia per la carenza di precipitazioni dovuta a prevalenti regimi nord-occidentali con condizioni di foehn, sia per le temperature spesso primaverili (si ricordi i 25 °C il 4 febbraio a Susa e dintorni).
Tuttavia in seguito, a partire dalla fine di febbraio, ha preso forma un radicale cambiamento di configurazione meteorologica a scala continentale, con il ritorno di ricorrenti depressioni sull'Ovest europeo in grado di trasportare masse d'aria umida marittima dai quadranti meridionali verso il pendio sudalpino (una situazione che, sottolinea Cat Berro, era quasi completamente mancata negli inverni 2021-22 e 2022-23). E se al di sotto dei 1000 metri di quota, con i flussi miti di libeccio o scirocco, ha prevalso la pioggia, alle quote superiori, invece, si sono susseguite numerose e copiose nevicate sulle Alpi tra Piemonte e bassa Valle d'Aosta (per essere precisi: il 26-28 febbraio, il 2-4, 9-10 e 30-31 marzo, l'1-2 e il 14-16 maggio 2024).
La frequenza e abbondanza delle precipitazioni ha fatto sì che quella del 2024 risultasse, secondo Arpa Piemonte, la primavera più bagnata in almeno un settantennio a livello regionale, con il determinante contributo soprattutto degli straordinari apporti di pioggia e neve sull'alto Piemonte. Ma l'eccezionalità ha riguardato vaste zone a Nord del Po: all'osservatorio di Milano-Brera, mai nella serie di misura cominciata nel 1764 erano caduti 612 millimetri d'acqua nel trimestre marzo-maggio (fonte: Arpa Lombardia).
A livello locale, sul versante piemontese del Gran Paradiso, l'anomalia pluviometrica è stata meno marcata ma pur sempre considerevole e vicina ai record di lungo periodo. Nella serie meteorologica storica di Locana-Rosone (dati Iren Energia integrati con dati Arpa Piemonte), rappresentativa della regione climatica in cui il Ciardoney ricade, i 960 millimetri di pioggia e neve fusa totalizzati nel quadrimestre febbraio-maggio 2024 corrispondono a più del doppio la norma del trentennio di riferimento 1991-2020, e dall'inizio delle misure nel 1938 sono secondi - per questo periodo dell'anno - solo al caso del febbraio-maggio 1981. Curiosamente, anche all'epoca si usciva da un inverno particolarmente secco.
Alla stazione meteorologica sulla piana proglaciale del Ciardoney fino a inverno avanzato le uniche nevicate di qualche importanza si erano verificate a inizio novembre 2023, il 30 novembre e l'8-9 gennaio 2024, tanto che lo strato di neve è divenuto estremamente esiguo, pari ad appena 10 centimetri tra il 6 e l'8 febbraio (minimo nella serie di osservazioni che parte nel 2012) e dunque ancor meno di quanto si misurava, negli stessi giorni, nel "terribile" 2022 (quando il manto era di 55 centimetri). In seguito, grazie a una prima corposa nevicata a inizio febbraio 2024, si sono aggiunti gli ulteriori e intensi eventi nevosi e lo spessore del manto nevoso è rapidamente cresciuto fino a superare i 200 centimetri in occasione dell'episodio del 2-4 marzo, fino ad arrivare a un massimo stagionale di 375 centimetri il 2 maggio. Dunque, sorprendentemente, in poco meno di tre mesi si è passati da un estremo (minimo) di innevamento a quello opposto (massimo) in 12 anni di osservazioni, campione di dati certamente ancora molto breve, ma già sufficiente a delineare un comportamento peculiare e insolito.
Dopo il periodo estremamente caldo della prima metà di aprile 2024 - con effetti tuttavia ancora poco marcati sulla conservazione della neve alla quota del ghiacciaio, rimasta intorno a 250 centimetri di spessore - il susseguirsi di periodi freschi e perturbati a fine primavera (maggio 2024 al Nord Italia è stato 0,25 °C sotto la media 1991-2020, secondo il CNR-ISAC) e l'assenza di ulteriori precoci slanci estivi hanno favorito un certo ritardo nell'avvio della fusione nivale che, a differenza di molti anni recenti, tuttora è solo blandamente cominciata intorno a 3000 metri di altitudine.
Le misure del 5 giugno, al termine della stagione di accumulo 2023-24, hanno evidenziato spessori di neve di rara entità sul ghiacciaio, compresi tra i 610 cm del Colle Ciardoney (3119 metri) e i 410 cm del sito di misura n. 4 (3008 metri, settore mediano in destra orografica): lo spessore nevoso medio (498 centimetri) è tra i più elevati dall'inizio delle misure di bilancio di massa al Ciardoney nel 1992, secondo solo al caso del 2001 (media 510 centimetri il 26 maggio, dieci giorni prima della data del sopralluogo 2024).
Le densità della neve, ottenute dal carotaggio del manto, mostrano valori ben superiori alla media delle misure omogenee condotte nel periodo 2012-2023, e anch'essi tra i più elevati della serie più che trentennale. Densità di questo ordine di grandezza sono attribuite, spiega Cat Berro, alla neve molto bagnata e al firn, ovvero lo strato di neve sopravvissuta ad almeno un'estate, senza ancora trasformarsi in ghiaccio. Nel caso specifico, gli strati interni non erano ancora particolarmente intrisi d'acqua, e dopo una fine primavera relativamente fredda in quota, i valori insoliti e ai limiti superiori di quanto noto in letteratura, seconodo gli esperti, si possono spiegare con la presenza di numerose e tenaci croste interne (neve a elevata coesione), talora con presenza di ghiaccio quasi vitreo, e con i notevoli spessori della neve (fin oltre 6 metri), probabilmente all'origine di un'ulteriore compattazione e densificazione del manto nevoso soprattutto nei suoi strati basali, più di quanto non avvenga nella maggior parte dei campionamenti disponibili al mondo.