Mari come ponti e monti come porti: la migrazione degli uccelli unisce le Alpi all'Africa
Un filo invisibile lega le montagne agli arcipelaghi e alle navi che solcano il mare. Ogni anno milioni di uccelli migrano dalle zone di riproduzione ai quartieri di svernamento africani. Durante questo lungo viaggio, mari e monti diventano importanti punti di sosta per recuperare le energie e "fare rifornimento". Preservare le nostre montagne significa perciò prendersi cura anche di ambienti e contesti molto lontani
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
C’è un filo invisibile che lega le montagne agli arcipelaghi e alle navi che solcano il mare. Un filo portato dal volo degli uccelli che, come cantava Franco Battiato, “migrano gli uccelli emigrano con il cambio di stagione, giochi di aperture alari che nascondono segreti di questo sistema solare”. Mare e monti sembrano unirsi, in quel flusso che ogni anno si ripete inesorabile da millenni e che vede moltitudini di individui appartenenti a diverse specie lasciare le aree di riproduzione per raggiungere i quartieri di svernamento (cioè di residenza invernale), per poi intraprendere il viaggio contrario quando si avvicina il momento di riprodursi. Solo nel continente eurasiatico si parla di 5 miliardi di uccelli appartenenti a quasi 200 specie, metà delle quali sono Passeriformi e simili, quindi uccelli di piccola-media taglia.
Ma andiamo per gradi.
Non tutti gli uccelli migrano. Esistono specie che rimangono tutto l’anno nella stessa zona, così come esistono popolazioni residenti all’interno di specie migratrici. E poi ci sono specie migratrici e basta. Nelle nostre montagne c’è un po’ una rappresentanza di tutta questa varietà di strategie: che ci troviamo nei fondivalle, nei boschi di mezza montagna o nelle praterie d’alta quota, troveremo sempre qualcuno che, a fine estate, se ne va, per poi tornare a primavera. Ad esempio il culbianco (Oenanthe oenanthe), uccellino che a malapena raggiunge i 40 grammi, che trascorre il periodo riproduttivo (primavera-estate) negli ambienti comunque ostili dell’alta quota e in autunno vola fino al Sahel meridionale; o lo stiaccino (Saxicola rubetra), poco più di 20 grammi, che frequenta prati e pascoli cespugliati di media montagna e se ne vola ancora un po’ più giù, fino all’Africa tropicale. E la lista si allunga, se consideriamo tutte le specie migratrici dei nostri rilievi.
Un viaggio di alcune migliaia di chilometri, per qualcuno di più per altri di meno. Nel quale, come se non bastasse, c’è di mezzo il mare. Per molti migratori alpini o d’oltralpe che svernano in Africa, il Mediterraneo è, prima o poi, uno scoglio da affrontare. Perché in mare non ci si può posare o rifocillare, a meno di non essere specializzati a farlo, come gli uccelli acquatici. E’ qui che allora entrano in gioco le isole, da sempre luoghi di sosta (nel gergo scientifico stopover) per i pennuti stremati dalle lunghe ore di volo, o semplicemente traditi dal meteo. Ad ogni autunno e primavera sui nostri arcipelaghi atterrano milioni di esemplari per riposarsi, fare rifornimento e ripartire. Delle vere e proprie stazioni di servizio marittime, dalle quali alcuni non ripartono più perché troppo deperiti, in quella normalità della natura che per noi è sconvolgente realtà.
Ecco che il filo comincia a dipanarsi, unendo gli ambienti di montagna con quelli insulari, una connessione segreta, per far eco a Battiato, svelata dal movimento degli uccelli.
Le stesse montagne poi, possono essere luoghi di sosta e rifornimento per i migratori che arrivano dal nord. Un recente studio pubblicato sul Journal of Ornithology, condotto dal gruppo di ricerca dell’Università di Torino guidato dal prof. Dan Chamberlain illustra come le montagne, e in particolare le fasce in corrispondenza del limite della linea degli alberi (la famosa treeline, di cui abbiamo già parlato in questo articolo), siano importanti siti di sosta per i migratori; sia per quelli che si fermeranno in Italia che per quelli che proseguiranno verso l’Africa, fermandosi ancora proprio nelle isole del Mediterraneo, prima dell’ultimo “salto” verso la terraferma.
Cosa c’entrano le navi in tutto questo? La traversata del mare aperto è, si sa, un’incognita. Gli stessi motivi che spingono gli uccelli alla sosta insulare possono sorprenderli lontano dalla terraferma e servono perciò delle piattaforme d’emergenza: le navi, appunto. Il Mediterraneo è una delle rotte navali più trafficate del mondo, con circa il 20% del trasporto commerciale e oltre 200 milioni di passeggeri. Mentre le isole, oltre ad essere luoghi di riposo possono essere punti di ristoro e quindi essenziali per fare di nuovo il pieno di energie consumate dal lungo viaggio, le navi vengono prevalentemente utilizzate per il riposo temporaneo ed il riparo dal tempo inclemente, anche se sicuramente qualche briciola o qualche insetto non mancano neppure a bordo. Uno studio guidato da Maurizio Sarà, professore di zoologia all’Università di Palermo e pubblicato nel 2022 sulla rivista ornitologica Ibis ha descritto il flusso di specie a bordo di una nave destinata ad una campagna oceanografica nello Stretto di Sicilia, mettendolo in relazione alle condizioni atmosferiche. Effettivamente lo studio ha rilevato che la probabilità di osservare un uccello sostare a bordo aumentava in condizioni di cielo coperto, vento forte o vento contrario. Anche le navi quindi sono un importante elemento di sostegno ai piccoli e grandi volatori, non solo nel Mediterraneo ma anche negli oceani, come documentato anche nelle suggestive immagini di questo breve documentario girato a bordo di diverse navi mercantili europee.
"Volano gli uccelli volano [...] scendono in picchiata, atterrano meglio di aeroplani, cambiano le prospettive al mondo", unendo i monti, i mari e le navi che li attraversano. Tutto è connesso, spiegavamo qualche mese fa raccontando l’epifania di Alexander von Humboldt. Preservare le nostre montagne vuol dire anche occuparci di tutto il resto, compresi ambienti che sembrano agli antipodi e perfino, magari, delle nostre navi.
Nota: l'immagine di copertina è tratta dal portale https://migrationatlas.org e rappresenta le rotte migratorie delle rondini europee. Nella prima immagine nel testo si osservano il tordo bottaccio (a sinistra) e la pispola (a destra) fotografati a 2700 m in sosta migratoria nelle praterie alpine in Val Troncea (foto: Riccardo Alba), mentre nella seconda due esempi di uccelli in sosta su navi nel Mediterraneo: a sinistra una pispola (foto: Maurizio Sarà) e a destra un gufo comune (foto: Giuseppe Stenico)