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Ambiente

"L'unica strategia non può essere 'speriamo in Dio che non piova'". Un anno dopo, alle prime piogge, l'Appennino romagnolo è di nuovo sott'acqua

A un anno di distanza dall'alluvione che ha portato distruzione nell'entroterra emiliano romagnolo, le piogge intense tornano a creare problemi sul territorio, mostrando "tutte le ferite ancora aperte, i pericoli incombenti, le criticità irrisolte e le fragilità che rendono strutturalmente appesa ad un filo la normalità delle vallate" della zona

di
Luca Martinelli
28 giugno | 06:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

"Al primo banco di prova serio questo è il risultato" scrive Gianni Fagnoli sulla pagina Facebook Appello per l'Appennino romagnolo: il 25 giugno, le piogge intense hanno provocato nuovi smottamenti che hanno rimesso in modo le frane e riportato il territorio a un anno fa, alla tragedia del maggio 2023. "Un inverno praticamente privo di precipitazioni aveva fatto fantasticare qualcuno di normalità e ripartenza" aggiunge Fagnoli nel post, che sottolinea l'illusione di voler "nascondere sotto il tappeto tutte le ferite ancora aperte, i pericoli incombenti, le criticità irrisolte e le fragilità che rendono strutturalmente appesa ad un filo la normalità delle nostre vallate, accontentandosi di vedere in quattro rattoppi e due pezze (oltretutto tardive) la risoluzione di una crisi di territorio gigantesca che precarizza l'esistenza di un'intera realtà montana".

 

È un tema, la precarietà permanente, di cui aveva già parlato con l'Altramontagna, in occasione del primo anniversatio dell'alluvione che aveva travolto con i suoi smottamenti anche l'azienda agricola i Fondi, a Rocca San Casciano (FC), dove coltiva alberi e piante da frutto. "Era tutto previsto, un'ondata concentrata sull'Appennino emiliano e romagnolo, tra Forlì e Piacenza. Da noi ha colpito - racconta Fagnoli all'AM - un territorio già esposto, le tante lacerazioni rimaste in sospeso, le frane incombenti che in questi dodici mesi non sono state toccate. Eppure, dobbiamo prender coscienza che si tratta in epoca di alterazione climatica e fenomeni estremi si tratta di precipitazioni destinate a ripetersi e l'unica strategia messa in atto non può essere 'speriamo in Dio che non piova'".

 

Per quanto riguarda l'Appennino forlivese, tra i più colpiti dall'alluvione del 2023, un temporale significativo si è concentrato nel territorio del Comune di Premilcuore, tra mezzogiorno e il pomeriggio, che ha provocato allagamenti, smottamenti e anche la rottura delle tubature del gas, provocando la chiusura della strada tra San Zeno e Premicluore, rendendo impossibile il rientro a casa per tanti pendolari. La stessa provinciale tra l'altro sabato dovrebbe veder passare il Tour de France. Anche a Rocca San Casciano - continua Fagnoli - è venuta molta acqua, ma i danni almeno nel mio podere mi sembrano lievi, anche perché siamo in piena stagione vegetativa e le piante riscono a drenare tantissima acqua, ma le frane che erano appena accennate si sono abbassate".

 

L'elenco dei territori coinvolti si sovrappone facilmente a quello di tredici mesi fa: i vigili del fuoco hanno operato nei comuni di Bagno di Romagna, Santa Sofia, Galeata, Civitella di Romagna, Portico, Premilcuore, Rocca San Casciano, Tredozio e Modigliana. "I fiumi si sono alzati in poco tempo, anche a causa di fenomeni di ostruzione, confermando la tesi che 'desertificare' gli alvei a valle senza ripristinare una corretta gestione a monte non è servito a nulla. Purtroppo, l'Appennino non è visto come un elemento di tutela anche per la pianura e anche lungo la statale 67 Tosco-Romagnola (collega Pisa con Marina di Ravenna) i sensi unici alternativi si sono allagati, rendendoli impraticabili oltre che pericolosi" conclude Fagnoli.

 

Il tema è sempre lo stesso: la ripartenza, la ricostruzione, non immagina nessuna centralità per l'Appennino, "nessuna strategia specifica e concreta, nessuno sforzo o attenzione in più" spiega l'Appello per l'Appennino romagnolo: "Eravamo marginali prima dell'alluvione e altrettanto siamo rimasti nell'emergenza, nonostante siano stati evidenti gli effetti in pianura della disattenzione verso la montagna".

 

Intanto, secondo Arpae - Struttura IdroMeteoClima, le piogge accumulate dall'inizio dell'evento (alle 2 di notte di domenica 23 giugno) fino alle 14 di ieri, 25 giugno, hanno raggiunto mediamente 100 mm in 60 ore lungo la fascia appenninica, con un massimo di oltre 220 mm nel settore modenese e reggiano. I valori più elevati sulle stazioni osservative della rete Rirer sono stati rilevati a Neviano degli Arduini 221 mm, Calestano 219,8 mm, Selvanizza 209,8 mm e Carpineti 204,4 mm.

 

"In particolare - spiega una nota - la pioggia media areale caduta nella giornata del 24 giugno sull'area di allerta E, che comprende la montagna di Modena e Reggio e parte di quella di Parma, è stata pari a 113,7 mm che risulta essere il valore sulle 24 ore più elevato di tutta la serie storica disponibile dal 1961, davanti al valore registrato durante l'alluvione del 1966".


Precipitazione cumulata dalle 2.00 del 23 giugno alle 14.00 del 25 giugno 2024. Mappa realizzata con il software Praga dell'Osservatorio Clima di Arpae

 

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