Le montagne si stanno scaldando
Per presentare L'AltraMontagna, il curatore del portale Pietro Lacasella ha intervistato i componenti del comitato scientifico.
Qui di seguito l'intervista a Sofia Farina.
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Per presentare L'AltraMontagna, il curatore del portale Pietro Lacasella ha intervistato i componenti del comitato scientifico.
Qui di seguito l'intervista alla meteorologa Sofia Farina.
Protect Our Winters Italia, associazione di cui sei Presidente, mira a diffondere una maggiore consapevolezza sul riscaldamento globale e sui suoi effetti, ma anche sull'influenza dell'aumento delle temperature sugli sport invernali.
Ecco, gli sport invernali stanno provando ad adattarsi al clima che cambia?
Domanda dalla risposta complessa! La tendenza che osserviamo in Italia sembra essere opposta, salvo alcune dovute e molto apprezzate eccezioni. Mi spiego: nonostante sia ormai avvenuto il passaggio dall’era in cui parlavamo del cambiamento climatico come minaccia del futuro, a quella in cui, soprattutto in montagna, questo e i suoi effetti siano tangibili già nel presente, e nonostante il mondo della ricerca da decenni porti parli dell’urgenza di riadattare il nostro modo di vivere la montagna in inverno (in termini di sport invernali, chiaramente), qui si continua a perpetuare il medesimo modello di monocoltura dello sci alpino (e annessi) con scarsa lungimiranza e scarsa attenzione per le risorse. Le montagne si stanno scaldando, anche più velocemente del resto della penisola, e i pattern di precipitazione stanno cambiando, rendendo, ad esempio, la possibilità di aprire la buona parte dei resort sciistici sempre più dipendente dall’utilizzo di neve artificiale, basti pensare che è nell’inverno 2021/2022 stata utilizzata per il 90% delle piste italiane (rapporto Neve Diversa del 2023). Produzione di neve artificiale che, ricordiamo, impone notevoli consumi di acqua e di energia elettrica (spesso ottenuta tramite fonti fossili), in un contesto già di per sé fragile come quello montano e con dei costi elevati che spesso ricadono sulla collettività tramite corposi finanziamenti pubblici. Durante gli ultimi inverni abbiamo assistito anche ad altri spettacoli raccapriccianti ed emblematici della lentezza di questo settore nell’adattarsi al nuovo clima, come ad esempio le ruspe sul ghiacciaio del Teodulo per realizzare la pista per le gare della coppa del mondo.
Ragionando in termini dicotomici, per contrasti, montagna e pianura vengono spesso considerate due territori profondamente sconnessi. Due mondi autonomi che non dialogano né da un punto di vista culturale, né tantomeno, da un punto di vista naturale. Ovviamente ciò non è vero.
Quanto è importante, per muoverci con consapevolezza in un’epoca segnata dai cambiamenti climatici, iniziare a intendere montagna e pianura come due territori reciprocamente connessi? Come può la meteorologia contribuire ad evidenziare questo legame?
Comprendere la profonda connessione tra quello che accade nei territori montani e quello che accade nelle pianure è fondamentale ed è il punto di partenza per una presa di coscienza collettiva legata alla crisi climatica ed ambientale in corso. La rapidissima fusione dei ghiacciai, sotto gli occhi increduli di tutti e tutte coloro che frequentano la montagna riguarda anche chi vive lontano perché determina delle modifiche sostanziali su tutto il ciclo dell’acqua, sulla sua disponibilità a valle, e quindi sulle risorse, ma anche sull’ecosistema in generale e sui suoi abitanti. L’Italia è un paese che si trova nella regione Mediterranea, hotspot del cambiamento climatico a livello globale, e si divide dai paesi confinanti con le Alpi, che come montagne costituiscono di per sé un altro ecosistema fortemente impattato dal surriscaldamento globale, e che va incontro quindi ad un futuro in cui il mare si innalza, le montagne si sgretolano e le città diventano invivibili per il caldo d’estate: affrontare gli effetti del nuovo clima sulla penisola è impensabile senza tenere conto delle interconnessioni che ci sono tra queste diverse zone altimetriche. In questo contesto, caratterizzato da un numero di eventi estremi in costante aumento, in pianura come in montagna, la meteorologia diventa protagonista della nostra quotidianità, e ci forza a comprendere queste interconnessioni, a realizzare che l’alternarsi di siccità e alluvioni sia perfettamente normale in un mondo surriscaldato e a chiederci che atmosfera vogliamo lasciare a chi arriverà dopo di noi.
Sofia Farina è fisica dell’atmosfera e ha un dottorato di ricerca in meteorologia alpina all’Università di Trento. Ama alternare le ore passate a scrivere codice e parole, a quelle spese correndo sui sentieri e osservando il cielo delle cime. Dagli anni universitari bolognesi, ha imparato l’attivismo ed è presidente di Protect Our Winters IT e parte del board di CIPRA int.