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Ambiente

"Ecco due cose che puoi fare per arginare la crisi climatica": come informare con il sorriso. Racconto di una sera al Rifugio Stivo

Parliamo spesso dei rifugi, del ruolo che possono avere sulla frequentazione delle terre alte. Dopo aver raccontato il Refuge du Viso, in Francia, come ideale di "rifugio nell'era della crisi climatica", torniamo su questo argomento con un esempio italiano, il Rifugio Marchetti allo Stivo

di
Sofia Farina
29 settembre | 18:00

Finalmente, dopo anni di vita in Trentino e dopo averlo intervistato diverse volte per L’AltraMontagna, sono riuscita ad andare a trovare Alberto Bighellini, il gestore del Rifugio Marchetti allo Stivo, in occasione della prima proiezione del documentario che lo vede protagonista.

 

Quel Rifugio, lo sapevo già, è un posto speciale per le persone che, come me, fanno della comunicazione del cambiamento climatico e della crisi ambientale in atto la loro “missione”, e questo aspetto è diventato particolarmente evidente durante la cena.

Già a partire dalla consultazione del menù, scritto a mano, si nota una sensibilità spiccata per la tematica ambientale e, in generale, per la tutela dell’ambiente montano in cui il rifugio si trova, infatti, inizia così: “Benvenuto al Rifugio Stivo! Ci teniamo ad informarti che nonostante le pietanze siano rustiche ed essenziali, le materie prime che utilizziamo provengono il più possibile da un mercato equilibrato e volto alla tutela dell’ambiente”. Di seguito, in un elenco, si possono scoprire tutte le aziende e piccole realtà locali dalle quali Alberto si rifornisce, dall’azienda agricola da cui prende  le uova e il succo di frutta, alla macelleria di Riva del Garda.

 

Segue poi una spiegazione approfondita delle disponibilità idriche del rifugio, che inizia così: “Se potessimo, ti offriremmo volentieri l’acqua del rubinetto, purtroppo non disponiamo di alcuna sorgente e possiamo utilizzare solo l’acqua piovana, che non è potabile”, e una pagina intera dedicata al raccontare cosa vuol dire vivere in rifugio, per il gestore e per i rifugisti che lo aiutano nel corso della stagione, con tutte le sue difficoltà e piccole o grandi sfide quotidiane.

 

E’ però una volta ordinato (pochi piatti a disposizione, sì, ma non mancano le deliziose offerte vegane e vegetariane) che ho potuto scoprire la vera “chicca” del rifugio: le tovagliette di carta che sono in realtà dei mini (e simpatici) manifesti che raccontano pillole di tutela ambientale. "Scusa se ti rompiamo, ma ecco due cose che puoi fare per arginare la crisi climatica" c'è scritto sul fondo.

Mangia meno carne, mangia sostenibile - si legge su una delle versioni disponibili -. Me nona la magnava carne ‘na olta a la stimana e ancò, a la veneranda età de 92 anni, l’è ancora drio zappar l’orto e la dirige le sorti de tutta la fameia”.

 

E accanto: “Inorridisci di fronte alla cementificazione! Par che i g’baia la fregola de costruir dapartuto. Il consumo di suolo è un enorme problema: meo che disamo disamo gnente de più sennò te va de traverso la Pastiva. Se vuoi saperne di più, domandeghe al gestore”.

In un’altra versione, ci sono invece delle informazioni sulla mobilità, dall’uso dell’aereo a quello della bicicletta, sempre nella duplice versione in dialetto veneto e inglese (importante esser sempre inclusivi!).

 

Ho passato le ore dentro il rifugio con gli occhi che mi brillavano dall’emozione: che bello vedere un gestore così dedito a diminuire il suo impatto sul pianeta e, conseguentemente, quello dei suoi clienti, e anche a raccontare come stanno le cose, e soprattutto a farlo in modo così simpatico.  

 

Se vogliamo che i rifugi siano sentinelle della montagna, presidi culturali che possano aiutare chi li visita a frequentare le terre alte con più consapevolezza e diminuendo il proprio impatto, non possiamo che imparare da Alberto, che ci insegna il cambiamento climatico con il sorriso e offrendoci un amaro.

l'autore
Sofia Farina

Sofia Farina è fisica dell’atmosfera e ha un dottorato di ricerca in meteorologia alpina all’Università di Trento. Ama alternare le ore passate a scrivere codice e parole, a quelle spese correndo sui sentieri e osservando il cielo delle cime. Dagli anni universitari bolognesi, ha imparato l’attivismo ed è presidente di Protect Our Winters IT e parte del board di CIPRA int.

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