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Ambiente

Le elezioni europee potrebbero decidere il destino di biodiversità ed ecosistemi

La Nature restoration law approvata a febbraio dal Parlamento europeo è stata messa successivamente in stand-by, in attesa delle elezioni europee ormai alle porte. Il voto del prossimo fine settimana potrebbe quindi decidere le sorti di questa legge, ma il benessere degli ecosistemi dovrebbe essere una questione senza colore politico.

di
Chiara Bettega
06 giugno | 18:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

Avevamo gioito troppo presto. Lo scorso 27 febbraio il Parlamento Europeo aveva approvato la Nature restoration law (letteralmente, Legge sul ripristino della Natura) e il mondo accademico e dell’associazionismo ambientale avevano esultato. Si trattava di un evento, un sussulto di responsabile presa di coscienza nella palude di indifferenza e negazionismo in cui sembravamo annaspare. Il modo in cui i vari partiti politici votarono ben rappresentava tale dualismo.

 

Ce ne occupammo in un articolo uscito a inizio marzo. Scrivevamo: “L’approvazione della Nature restoration law rimane un fatto importante nella storia legislativa dell’Unione e rappresenta un passo dovuto sia per gli ecosistemi naturali che per la nostra resilienza futura e la sicurezza alimentare.” L’obiettivo primario della legge era portare al ripristino di almeno il 20 per cento delle aree marine e terrestri dell’Unione Europea entro il 2030 e di tutti gli ecosistemi degradati entro il 2050. Particolare attenzione veniva posta alle zone umide, alle foreste e ai mari, ma non erano esclusi neppure le aree agricole e il verde urbano. “Tutto ciò andrà, come conseguenza diretta, a beneficio dell’agricoltura (suoli sani, acqua pulita, impollinazione dei raccolti, controllo naturale dei parassiti), della nostra salute e della resilienza e adattamento di fronte alla crisi climatica.”, dicevamo allora.

 

L’entusiasmo si è tuttavia spento, schiacciato da quel grande “però” rappresentato dagli iter legislativi. Nel caso specifico, dopo l’approvazione da parte del Parlamento Europeo, la Nature restoration law necessitava di un ultimo passo per poter entrare in vigore definitivamente. Un ultimo, piccolo, gradino, che tutti consideravano “pura formalità”: l’approvazione da parte del Consiglio “Ambiente”, l’organo che riunisce i ministri dell’ambiente dei Paesi membri. Forse poco motivati dal dover approvare una semplice, pura formalità, o più probabilmente troppo proiettati alle elezioni europee imminenti, i ministri di alcuni Paesi hanno tirato il freno a mano. Per l’approvazione definitiva serviva infatti una maggioranza di almeno 15 nazioni (rappresentanti il 65% della popolazione europea). Sei paesi (Olanda, Svezia, Finlandia, Polonia, Ungheria e Italia) si sono messi in stand-by e due (Austria e Belgio) si sono astenuti. L’approvazione è stata quindi rimandata a… quando? Data da destinarsi. Ergo, intanto vediamo come vanno le elezioni, poi se ne riparlerà. O no.

 

Le elezioni europee sono ormai alle porte, tra due giorni i cittadini europei saranno chiamati a votare ed è molto probabile che dall’esito di tale voto dipenda anche il destino della Nature restoration law. Perché purtroppo crisi della biodiversità, crisi climatica, transizione energetica, ripristino degli agro-ecosistemi e via dicendo sembrano dover essere appannaggio solo di un determinato colore politico. Dovrebbero invece essere questioni sovra-partitiche, il punto comune a cui convergere tutti, perché ad esse è legata la nostra sopravvivenza. Poco importano le diversità di vedute e di approcci alle questioni economico-sociali, se non riconosciamo che in cima alla lista delle priorità e dei programmi di tutti i partiti politici (e di tutti i cittadini) dovrebbe esserci la salute del pianeta su cui viviamo e su cui basiamo le nostre stesse società e le economie che ne derivano.

 

Senza un pianeta che funziona, come possiamo pensare di funzionare da soli? Pensiamoci, questo fine settimana.

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