Le aree sciistiche si sposteranno in zone più alte e remote, mettendo a rischio la biodiversità: i risultati di un nuovo studio
Un nuovo studio simula l'andamento della copertura nevosa in sette aree sciistiche sparse in tutto il globo. I risultati, recentemente pubblicati, mostrano uno scenario preoccupante: le aree sciistiche si sposteranno verso zone più remote e a quote più elevate, con il conseguente aumento delle infrastrutture dedicate, che insieme al previsto aumento della densità umana nelle aree montane, implicherà una maggiore pressione sugli ecosistemi montani sul lungo periodo e una fonte di pericolo sulla loro biodiversità
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
Il cambiamento climatico in corso sta alterando in modo sostanziale gli andamenti della precipitazione nevosa nelle aree montane, con conseguenze diverse sulle grandi aree sciistiche.
L’inverno che sta giungendo al termine ha visto la neve e l’innevamento dei comprensori sciistici di tutto il globo conquistare anche le grandi testate internazionali: dal servizio della Cnn su Campo Felice, nell’Appennino abruzzese, alle analisi sugli impatti economici sui grandi resort negli Stati Uniti raccontate da The guardian e Financial times.
Eppure, una valutazione complessiva delle implicazioni di questi nuovi caldi e asciutti inverni sulle principali aree sciistiche del pianeta mancava. La ricerca realizzata da un gruppo di ricercatori e ricercatrici dell’Università di Bayreuth in Germania e di Zurigo in Svizzera, appena pubblicata, ha cercato di fare proprio questo.
Il team ha quantificato l’andamento della durata della copertura nevosa, in inglese gli snow cover days, dal 2011 al 2100 sotto tre differenti scenari di cambiamento climatico in sette regioni sciistiche del globo, e in particolare: le Alpi europee, le Ande, gli Appalachi, le Alpi australiane, le Alpi giapponesi, le Alpi del sud e le Montagne Rocciose.
Le ipotesi di partenza della ricerca erano che: il numero di giorni di copertura nevosa annuali diminuiranno sotto ogni scenario di cambiamento climatico (in particolare emissioni basse, alte e molto alte) e che il clima ottimale per le aree sciistiche, nel futuro, si troverà in aree poco popolate.
Effettivamente, i risultati delle simulazioni hanno confermato le ipotesi. Nello specifico, considerando lo scenario a più alte emissioni (per gli esperti del settore, quello identificato dalla sigla SSP5.-8.5) il numero di giorni con copertura nevosa diminuirà del 43% nelle Ande, del 37 % negli Appalachi, del 42%, 51% e 50% nelle Alpi europee, del sud e giapponesi rispettivamente, e del 23% nelle montagne rocciose.
In generale, tutte le proiezioni mostrano una riduzione complessiva dei comprensori sciistici e una sostanziale incremento dei comprensori sciistici attuali con un numero di snow cover days annuale pari a zero per i periodi futuri.
Inoltre, entro il 2040/2070 (a seconda dello scenario di emissioni) il numero annuale di snow cover days diminuirà del 40% circa nelle aree molto popolate e invece del 33% circa in quelle meno popolate. Nel complesso, neve tutto l'anno la copertura negli attuali comprensori sciistici quasi scomparirà in tutto il mondo, mentre il numero dei comprensori sciistici con zero giorni di innevamento aumenteranno notevolmente.
Il fatto che le aree sciistiche nelle regioni più popolate siano anche quelle più affette (ora e nel futuro) dal surriscaldamento globale, determina anche una più alta probabilità di conflitti ecologici, proprio perché le zone sciabili si sposteranno sempre di più verso zone remote.
Una parentesi viene aperta dagli stessi autori dell’articolo sul tema dell’innevamento artificiale: “Poiché questo studio si concentra sulla copertura nevosa naturale, le proiezioni sono applicabili solo in parte comprensori sciistici che implementano la gestione tecnica della neve come la preparazione delle piste, la preparazione delle piste o innevamento. Tuttavia, l’innevamento tecnico nei comprensori sciistici dovrà essere drasticamente aumentato per compensare la scarsità naturale di neve e garantire la redditività economica”. Infatti, sottolineano gli esperti, la carenza di neve è già adesso problematica in diverse regioni, con un costante aumento dell’importanza dell’innevamento tecnico, e l’aumento del ricorso a questa tecnica aumenterà in modo diverso nel futuro in base alle condizioni regionali e alla quota.
La ricerca sottolinea come il ricorso a questa misura sia comunque "limitato dalla disponibilità di acqua dolce, dalla temperatura ambientale e dai costi dell’energia”. Per questo motivo “nelle stazioni sciistiche a più bassa quota, che saranno le più colpite dal cambiamento climatico, la produzione di neve artificiale non sarà in grado di compensare la carenza di neve naturale a causa dei costi elevati, dell’elevata domanda di risorse e della mancanza di temperature basse”.
Inoltre, lo studio mostra come le parti rivolte all’esterno delle aree montuose e le aree sciistiche costiere saranno le più colpite dal riscaldamento globale: “In futuro, gli attuali comprensori sciistici si concentreranno verso le regioni continentali e le parti centrali delle catene montuose a quote più elevate”. Lo spostamento delle aree sciistiche verso zone più remote e a quote più elevate, con il conseguente aumento delle infrastrutture dedicate, insieme al previsto aumento della densità umana nelle aree montane, implicherà una maggiore pressione sugli ecosistemi montani sul lungo periodo e una fonte di pericolo sulla loro biodiversità.
Queste previsioni sono particolarmente preoccupanti perché le alte quote sono note per essere un hotspot di biodiversità e per “fungere da rifugio per specie vulnerabili, che potrebbero essere direttamente colpite dall’espansione dei comprensori sciistici”.
In conclusione, poiché non si prevede una diminuzione del mercato dello sci nel prossimo futuro, le aree sciistiche che si trovano in zone più elevate e meno popolate aumenteranno in dimensioni e infrastrutture. Queste proiezioni mettono in allarme la comunità scientifica perché probabilmente ci porteranno a dei “compromessi” spaziali tra le aree sciabili del futuro e quelle dedicate alla conservazione della biodiversità di alta quota.