L'anno nuovo inizia con la stessa scarsità di neve degli anni precedenti: il monitoraggio svolto dalla fondazione cima
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
Il 2024 è iniziato da poco, ma questo gennaio si sta già dimostrando in linea con quelli degli anni precedenti in termini di scarsità di neve. Come ogni anno, seguiamo con grande interesse gli aggiornamenti pubblicati periodicamente dalla fondazione CIMA (Centro Internazionale in Monitoraggio Ambientale) sullo stato della neve in Italia, e dunque, della riserva idrica che rappresenta. Come si legge dal report della fondazone "a gennaio le nevicate sull’arco alpino hanno portato a un parziale miglioramento della situazione, mentre negli Appennini il deficit rimane marcato. E, purtroppo, lo stesso vale per la situazione a livello nazionale".
Questo genere di valutazioni si fanno calcolando il cosiddetto Snow Water Equivalent (SWE), o Equivalente Idrico Nivale. Questo parametro descrive la quantità equivalente di acqua liquida immagazzinata nel manto nevoso. Nello specifico, indica la colonna d'acqua che teoricamente si formerebbe in caso di scioglimento istantaneo dell'intero manto nevoso ed è definita come il prodotto tra la profondità e la densità dello strato di neve. Quello dell'equivalente idrico è un parametro fondamentale da conoscerre, perchè informazioni su di esso sono cruciali per una vasta gamma di applicazioni come la previsione delle inondazioni, il controllo del livello dell'acqua nei serbatoi delle centrali elettriche, la pianificazione della silvicoltura e dell'irrigazione delle colture e come variabile di input e di controllo per molti scopi di ricerca ambientale, compresa la ricerca sui cambiamenti climatici.
Approfondiamo questo tema con Francesco Avanzi, ricercatore di Idrologia e Idraulica di Fondazione CIMA.
Come realizzate realizzate queste analisi periodiche? Nello specifico, che dati utilizzate e da dove provengono?
Il report si basa su una serie di strumenti di monitoraggio che abbiamo sviluppato come Fondazione CIMA, dato che siamo un centro di competenza del Dipartimento di Protezione Civile Nazionale. Lo strumento in questione, S3M Italia, utilizza i dati meteo di tutte le regioni d'Italia per alimentare un modello matematico che ricostruisce l'accumulo e la fusione del manto nivale stagionale, per tutta Italia e a risoluzione di 200 m. Il modello viene corretto in tempo reale usando dati satellitari di copertura di neve e le misure di altezza di neve prese dalle regioni in più di un migliaio di punti in Italia. Con questo strumento, abbiamo ricostruito mappe di equivalente idrico nivale (quanta acqua è accumulata nella neve) per ogni giorno dal settembre 2010 a oggi. Usiamo questi dati per contestualizzare la situazione odierna rispetto a quanto osservato negli anni recenti (qualche dettaglio in più qui: https://essd.copernicus.org/articles/15/639/2023/essd-15-639-2023.pdf).
Quali sono le conseguenze della scarsità di neve a livello di disponibilità idrica per i mesi che arriveranno?
Soprattutto nelle aree alpine e appenniniche, ma anche per i grandi fiumi Italiani come il Po, la quantità d'acqua accumulata in neve durante l'inverno equivale fino al 60% o più del volume totale di acqua transitante nei fiumi. Non solo: l'acqua in neve fonde -- e quindi torna a essere disponibile per noi e per gli ecosistemi -- in un periodo dell'anno (la primavera e l'estate) in cui piove meno ma fa anche più caldo. E' proprio questo ruolo di "banca dell'acqua" che consente alle nostre società di sopravvivere ai periodi estivi. Un'assenza di neve oggi in montagna può implicare una riduzione di disponibilità idrica durante il periodo primaverile ed estivo. E' un problema che riguarda la nostra società, ma anche gli ecosistemi: la neve in montagna fonde lentamente, infiltrandosi nei terreni e quindi alimentando le radici degli alberi in un modo che la pioggia non fa. Meno neve in inverno significa meno acqua in primavera anche per le nostre foreste, che ne possono soffrire e, alla lunga, morire.
E questo cosa vuol dire, nello specifico, per il territorio appenninico?
A differenza delle Alpi, gli Appennini non hanno ghiacciai. Nelle Alpi, i ghiacciai possono aiutarci a superare un periodo di assenza di neve perchè costituiscono una seconda "banca dell'acqua" d'emergenza. Questo è il motivo per cui l'assenza di neve in aree Appenniniche è particolarmente importante da monitorare. In questo momento, in aree come quelle del Tevere montano abbiamo all'incirca un decimo della risorsa idrica nivale che ci aspetteremmo per questo periodo dell'anno. E' un paesaggio più tipico dell'inizio d'autunno piuttosto che il pieno inverno.
In parole povere, senza utilizzare numeri e concetti statistici, quanto è grave la situazione in cui ci troviamo?
La situazione è sicuramente da monitorare, ma siamo ancora a metà gennaio e, convenzionalmente, abbiamo ancora almeno un paio di mesi prima che la stagione di accumulo finisca e inizi invece la fusione del manto. Soprattutto sugli Appennini, come detto, abbiamo perso un paio di mesi e ci troviamo in una situazione più tipica dell'inizio dell'autunno. Gli Appenini vivono però anche di nevicate molto intense e a tratti improvvise, specialmente in questo periodo dell'anno. Quindi c'è sicuramente ancora un po' di tempo da questo punto di vista. Al di là della singola stagione, comunque, è importante tenere a mente che ciò che stiamo osservando è un trend direttamente collegabile al riscaldamento globale. Per il terzo anno di fila, osserviamo un deficit abbastanza persistente di risorsa idrica nivale in Italia, causato da scarsità di precipitazione, ma soprattutto elevate temperature. Si tratta di tendenze che caratterizzeranno anche gli anni futuri, a cui adattarsi ma anche da continuare a mitigare.